…E il Postmoderno dentro di noi (ovvero chi siamo o mai siamo)*

Creato il 29 marzo 2012 da Abattoir
"La vita liquida, come la società liquido-moderna,
non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo"
(Zygmunt Bauman)

Questo post appartiene a noi che non facciamo che chiederci in che mondo viviamo, chi siamo, non siamo o vorremmo e non vorremmo essere... senza accorgerci che in fondo NON SIAMO, no; piuttosto, aspiriamo e cerchiamo.
Ce ne accorgiamo, non ce ne aggiorniamo? Difficile capirlo. Come è difficile accettare di essere figli, frutti e incarnazioni non di noi stessi, ma di tutte le tumultuose frammentazioni della società attuale.
Questo post allora è per noi che non siamo che i radicali cambiamenti sensoriali, cognitivi e affettivi di un mondo in cui si moltiplicano i centri di produzione di senso, in cui tutto è ormai ibrido e multifocale. Noi che siamo processi di definizione identitaria, eclettici, indifferenti, liquidi. Noi che siamo il Postmoderno, che siamo dentro il Postmoderno che è dentro di noi plasmandoci strutturalmente fin dai primi vagiti o addirittura dalle prime cellule a cui il nostro cuore appena nato pulserà nutriente sangue materno. Noi che siamo figli e incarnazioni di un crollo pervasivo che ci scorre dentro come il plasma, come tutte quelle proteine, neurotrasmettitori, ormoni che influenzano la nostra personalità fin dalle sue fondamenta ossee e neuronali.
Un crollo che ha ridimensionato il mondo e generato una riconfigurazione post-umanista dell'uomo, della dimensione antropologica del suo essere e di quella psicologica del suo Io, creando postmodernissime frotte di Narcisi ripiegati su se stessi, disimpegnati, desideranti e consumisti, sostenitori e vittime al contempo di un inflazionatissimo "Sii te stesso" (Dogana), di un Io dedito all'esaltazione egoistica della diversità e all'individualismo... Che però - come ci dice Bauman - possiede un'aporia di fondo: se essere INDIVIDUI significa "essere tutti DIVERSI", allora... ognuno è uguale all'altro, giacché tutti con-corriamo omologatamente a un'esasperante ricerca di diversità! E allora, l'individualità, la ricerca del 'vero me stesso', appare come un obiettivo [...] che, nel momento stesso in cui è dato, è destinato a non essere mai raggiunto ( Z. Bauman).

Noi, che stiamo in un oggi in cui l'individuo è solo IL CONSUMATORE, le comunità sono solo RUBRICHE VIRTUALI e L'IDENTITA' non riesce più ad essere altro che un dato anagrafico, piuttosto che un processo di costruzione, lungo, elaborato e mai finito. Noi che stiamo ("come d'autunno gli alberi le foglie") in una società sempre più segnata dalla deregulation, in cui la strategia del carpe diem è la risposta più immediata a un mondo svuotato di valori che pretende di essere duraturo perché the show must go on, comunque e ovunque (Z. Bauman).
In questo oggi, scegliersi un'identità è fin troppo facile; tenersela stretta invece non lo è, poiché essa manca di consistenza, consapevolezza e solidità: come tutto, è liberamente e liberticidariamente arbitraria, è possibile rimangiarsela in ogni momento, non è vincolante o etica, né dà diritti e o responsabilità in un mondo individualmente e collettivamente deresponsabilizzato in cui TUTTO PUÒ ESSERE RIFIUTATO O SCONFESSATO A PIACIMENTO NON APPENA SI RIVELA SGRADITO O CESSA DI SODDISFARE.
Noi che dobbiamo sapere di stare in un mondo in cui la libertà assoluta che ci è concessa ci si ritorce contro generando uomini-nulla e uomini-oggettodipendenti dal Sé vuoto, incompleto, caratterizzato da una schizofrenia dell'identità che è costantemente scissa tra poli opposti ed entrambi egualmente desideranti, proiettati verso la gadjettizzazione frivola della vita.
Noi dobbiamo sapere di stare in un mondo di uomini dotati di un Io che non privilegia più una ricerca di senso che esce da sé; in un mondo in cui l'uomo non è... ed in cui questa mancanza di essere è una trappola inconscia che ci ripiega inconsapevolmente in antri di profonda vulnerabilità, fragilità e angoscia esistenziale.

Dunque, la cultura postmoderna ha creato e continua a creare individui insolventi, irresponsabili, disimpegnati, rinunciatari, attratti dalle gratificazioni immediate, dalle acquisizioni materiali e dall'affermazione (seppur fittizia e transeunte) di un sé che è però un Falso Sé: quello che Jung definiva la persona (ovvero l'apparenza inautentica che si mostra al mondo), che prende qui il posto dell' eidos, dell'essenza più intrinseca e autentica dell'essere umano.
La cultura postmoderna ha creato e continua a creare neo-sistemi di pensiero, neo-bisogni, neo-emozioni e neo-sofferenze che in realtà sono una falsificata reificazione di acquisizioni sociali in cui perfino un terapeuta o un amico possono oggi essere ridotti a gadjets, a oggetti di consumo transitori USATI per aumentare il proprio funzionamento e il proprio successo sociale, piuttosto che per approdare al proprio vero Sé.
La cultura postmoderna ha creato e continua a creare vite caotiche, confuse e alla deriva, con una costante esigenza di godimento immediato... Uomini che a 50 anni, quando non avranno più le forze per correre dietro alle loro chimere, si ritroveranno col nulla tra le mani: un nulla che puzza solo lontanamente di sé.

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Vi ci rispecchiate?
Io credo di sì, e credo anche che c'è da averne paura.

Il rimedio allora qual è? Rassegnarsi ad essere vittime mediocri di un ex-moderno che ci fagocita e che non si limita più a reprimere, ma che fa qualcosa di molto più raffinato omologando - ancor prima dei nostri pensieri - il nostro stesso essere a livello profondamente strutturale?
Lasciamo questa domanda al livello di una provocazione per quelle ragazzette di 28 anni che vanno fiere di possedere la smart di Hello Kitty e che non vedono l'ora di sperperare lo stipendio in 4 borse Guess.

Noi, insieme figli e intelligenti vittime del postmoderno, cerchiamo piuttosto di donarci una profonda onestà intellettuale, morale ed emozionale capace di riconoscere che cosa nella nostra vita postmoderna, e soprattutto nella nostra personalità postmoderna, è gadjet costruito dal mondo esterno, prodotto di artefatti psicologico-concreti imbeccatici, fattici masticare celermente con la compiacenza del nostro Es e del principio di piacere che nutre i nostri fragili, fradici narcisismi, rendendoci schiavi di un sistema umano che ci dà soddisfazioni sempre effimere, e mai reali, profonde, durature.

Noi, insieme figli e intelligenti vittime del postmoderno, cerchiamo di re-imparare a costellare il valore soggettivo degli eventi, di ri-creare contesti di senso, di appartenenza e di identità che si oppongano al caos ed alla frammentazione omologante del momento storico-politico-economico-sociale-culturale-individuale-etc.
E stacchiamoci temporaneamente dalla frenesia, fermiamoci e poniamoci delle domande (quelle davvero nostre!) su come questo neo-mondo si organizza e CI organizza.

Se ne siamo ancora VERAMENTE capaci.

"Guardo il mondo globalizzato.
È pieno di uomini costantemente in cerca di qualcosa d'altro. Sembra che corrano, invece sono FERMI, in una condizione di angosciante staticità. CREDONO di intercettare, di interpretare il cambiamento. Stanno bene solo quando arrivano prima degli altri, e questo indipendentemente da quale sia la meta. Ma pensiamoci un attimo: in realtà non progrediscono mai. Inseguono qualcosa che è fuori da sé, un modello che non esiste e che non possono raggiungere, perché non ha radici nella propria identità: un nuovo taglio o un nuovo colore di capelli, una nuova macchina, un nuovo lavoro, un nuovo corpo, una casa nuova. Una volta conquistati, sono già vecchi.
...E la corsa non finisce mai."
(Laura Rufini)

* Riflessioni ispirate dall'intervento del prof. Daniele La Barbera al seminario "Nuove frontiere della psicoterapia" (Palermo, 22 marzo 2012) e dal successivo, fervido, confronto con Gas Giaramita.


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