Da metafora della superficialità e della vigliaccheria quando si è piegata su un fianco davanti all'Isola del Giglio, a orgoglioso simbolo di riscatto quando è stata risollevata con uno sforza prodigioso, la Costa Concordia rischia di trasformarsi ora nell 'emblema delle divisioni campaniliste e della inaffidabilità made in Italy.
Mentre riprende il processo per la tragedia con il racconto dell'allievo ufficiale di coperta, Stefano Ia
Di nomi ne sono stati fatti tanti: Civitavechia, Palermo, Piombino, Genova, Napoli e Smirne in Turchia. In realtà nessuno ancora sa con certezza in quale porto finirà il relitto della Concordia.
Affondata nelle nostre acque, la grande nave da crociera, ormai raddrizzata, potrà essere trainata via dai fondali del Giglio la prossima primavera e solo allora la destinazione finale sarà resa nota. Così almeno sostiene il ministro dell'ambiente, Orlando al quale spetta insieme al presidente dela regione Toscana, Enrico Rossi la scelta del porto che dovrà accogliere
Anche se ufficialmente non è ancora stata presa, la decisione è nell'aria. E qui si tocca con mano tanto l'arretratezza del nostro sistema portuale, afflitto da carenze infrastrutturali aggravate da immobilismi e burocrazia, quanto l'incapacità tutta italiana di fare sistema.
La demolizione della Costa Concordia è un'operazione ciclopica. Lo smaltimento della nave vale almeno 500 milioni di euro. Darà lavoro a 300 persone per 2 anni.
Il porto toscano di Piombino rivendica di essere per contiguità territoriale la destinazione naturale del bastimento spiaccicato sugli scogli toscani del Giglio. Il ministero dell'ambiente pone come prima condizione il rispetto delle norme europee per lo smaltimento e il ricilo dei materiali che compongono la nave, ma anche, che vengano rispettati i criteri necessari ad evitare inquinamento o sversamenti pericolosi durante il tragitto dal Giglio alla destinazione finale.
La Concordia è un rifiuto che non può andare in giro per il Mediterraneo ad inquinare per questo sono necessari studi preliminari sui materiali e su chi è in grado di manipolarli e in quali stabilimenti sia possibile farli. Scartata l'ipotesi di Palermo, che ha un bacino di carenaggio troppo piccolo, si sono allora fatti avanti quelli di Civitavecchia, sostenendo non soltanto di avere pescaggio e spazi adeguati, ma anche una banchina perfettamente attrezzata alla bisogna. E poi c'è la candidatura del porto di Piombino, polo siderurgico, con acciaierie in grado di riciclare le migliaia di tonnellate di metalli della nave. Ma c'è un problema e non da poco. Piombino non è i grado di ricevere la nave, ha bisogno di interventi strutturali consistenti, per i quali è già stata fatta una gara d'appalto. Ci sono già le società vincitrici. I lavori inizieranno a breve e dovrebbero terminare a primavera, giusto in tempo.
Una gara contro il tempo dunque. Una spesa preventiva, un buon investimento se Piombino dovesse accogliere la nave ma, cosa accadrà se invece il relitto dovesse andare altrove? Ipotesi che al ministero non vogliono neppure prendere in considerazione, il danno è nostro, come lo smaltimento, dicono. Mentre noi discutiamo, la Turchia, potrà farsi scappare un ferroso cadavere grosso come quello della Costa Concordia?