Magazine Società

E' l'ora dei laici. Col crollo della seconda repubblica si riorganizzano le culture politiche

Creato il 04 ottobre 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlog
E' l'ora dei laici. Col crollo della seconda repubblica si riorganizzano le culture politiche
La recente prolusione del cardinale Bagnasco, per gli osservatori più attenti, non ha rappresentato solo un tardivo rimbrotto dell'autorità ecclesiastica alla degenerazione morale e culturale in cui versa il Paese, logorato nel suo tessuto più profondo da decenni di berlusconismo e dall'illusione della portata salvifica della seconda repubblica. In realtà, le sue parole hanno disegnato un percorso "strategico" che mira alla riorganizzazione attiva, proprio sulle ceneri dell'attuale decadente sistema, della vasta rete del cosiddetto laicato cattolico, pronto a riappropriarsi di uno spazio decisivo dentro la società italiana per restituire protagonismo a quanti si ispirano alla dottrina sociale della chiesa.
Un intervento, quello del presidente della Conferenza Episcopale, non proprio definibile secondo gli schemi più classici dell'iniziativa politica ma certamente di indirizzo etico e civile. Tanto che il network delle associazioni cattoliche ha subito risposto all'alto richiamo del porporato sottoscrivendo un programma comune di impegno e suscitando molta attesa per il Forum di Todi del prossimo 17 ottobre, quando saranno seduti l'uno accanto all'altro i massimi rappresentanti di Cisl, Compagnia delle Opere, Comunione e Liberazione, Coldiretti, Confcooperative, Confartigianato, Acli, Movimento cristiano dei lavoratori, Azione Cattolica, Comunità di Sant'Egidio, Agesci e Focolarini. Tutto legittimo e perfino asupicabile a prescindere dai punti di vista, soprattutto se serve a imprimere una decisa accelerazione verso una fase nuova della partecipazione civile e politica alla vita del Paese.
Non solo i cattolici, tuttavia, hanno intuito che dal superamento dell'infame parentesi della seconda repubblica occorre ripartire ridefinendo la presenza delle più nobili e antiche culture politiche della nostra esperienza patria. Analogo fermento, infatti, comincia a registrarsi pure nel campo delle sensibilità laiche, che non mancano di sottolineare come l'occasione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia affondi le proprie radici nella lungimirante visione del patriottismo liberale e repubblicano. Lo Stato unitario nasce laico, così come nasce laica la nostra Repubblica. Constatazioni apparentemente banali sul piano storico ma che abbisognano di essere continuamente corroborate - specie in questo grave momento di passaggio - da una ritrovata e fiera spinta di chi ha a cuore le sorti della "religione civile" per definizione: il libero pensiero.
E allora pensatori laici di lungo corso come il radicale Massimo Teodori e il socialista riformista Luigi Covatta hanno partorito l'interessante progetto Libera Italia, un'associazione nazionale della democrazia che vuole essere un appello, quasi una sorta di censimento, rivolto a tutti i cittadini senza rappresentanza che si richiamano all'area politico-ideale della tradizione laica, liberale, repubblicana, radicale e socialista. Per non farsi trovare impreparati nell'istante, ormai vicino, in cui "niente sarà più come prima".
Nel manifesto dell'iniziativa, con accenti meno ecumenici e "interpretabili" di quelli contenuti nel discorso di Bagnasco, si legge che la seconda repubblica è al collasso, che tutte le ardite promesse di rinnovamento e di semplificazione ventilate dal 1994 in poi sono state puntualmente disattese. Anzi, il necessario rapporto fra elettori ed eletti è stato barbaramente interrotto, la corruzione della vita pubblica si è drammaticamente estesa e la democrazia dell'alternanza si è rivelata alla lunga un miraggio, schiacciata dal peso di un bipolarismo malfermo fondato su forze dall'incerta cultura politica. Con l'inevitabile conseguenza, infine, che la tanto agognata rivoluzione antipartitocratica si è mestamente ridotta ad una "partitocrazia senza partiti".
Si osserva, ancora, come le istituzioni, pur legittimate dal voto popolare, sono insidiate da conflitti politici senza regole e ricorrono sistematicamente ai metodi del peggiore trasformismo. Uno scenario di profondo malessere che emerge, da un lato, dalla continua insofferenza ostentata dal presidente del Consiglio e dalla sua maggioranza per le garanzie costituzionali; dall'altro, dalla mancanza di legittimazione e autorevolezza delle opposizioni che non riescono ad apparire, agli occhi degli elettori, come un'alternativa pienamente affidabile. Circostanza, quest'ultima, rudemente dimostrata dal rapporto appena diffuso dall'associazione Openpolis che porta un titolo inequivocabile: "L'opposizione che salva la maggioranza".
Libera Italia, però, nel tentativo di rifuggire le facili tentazioni populistiche, trova il modo di stigmatizzare pure le degenerazioni e i limiti di istituzioni "altre" dalla politica politicante. Sottolineando, ad esempio, l'inopportuna presenza di settori della magistratura che tendono ad esondare dai propri compiti, o la debolezza di una figura pubblica come quella del presidente della Repubblica, comunque confortata da un forte ed ampio consenso popolare, che può purtroppo esercitare solo un'azione di paziente "moral suasion" nel tentativo di arginare il decadimento della vita pubblica del Paese.
Una parte importante del manifesto dell'associazione laica è dedicata anche alla Costituzione, che non si riesce a modificare nemmeno nei suoi tratti più desueti e non fondamentali, ed ai meccanismi di funzionamento dello Stato divenuto quasi una merce di scambio nell'agone politico, specialmente nell'approccio cinico e rissoso alle delicate materie del federalismo e dell'ordinamento giudiziario. Sul Parlamento, poi, grava una deleteria legge elettorale architettata a esclusivo vantaggio delle oligarchie dei partiti. E chissà se quel milione e duecentomila cittadini che hanno firmato per il referendum abrogativo del cosiddetto "porcellum", riusciranno mai ad esercitare il proprio sacrosanto diritto di sostituire ai notabili politici, nominati dai segretari di partito, rappresentanti eletti direttamente dal popolo.
La comunità nazionale è oggi smarrita, i cittadini non sanno a chi dare fiducia e si è enormemente approfondito il vuoto ideale che incombe sul ceto politico. Le stesse forze di democrazia liberale, repubblicana e socialista che sono state decisive per lo sviluppo e la modernizzazione del Paese, hanno finito per essere coinvolte nel processo di emarginazione dettato dalla crescente indignazione e dal sentimento di idiosincrasia della gente comune rispetto alla "casta". Partiti e movimenti di tradizione laica sono stati spesso divisi nella storia d'Italia ma oggi, dopo la diffusione universale dei valori liberaldemocratici, le diverse radici possono e devono ricongiungersi in un comune progetto per affrontare le sfide della modernità. Di fronte a una sinistra e ad una destra che non riescono a trovare basi solide, solo una nuova comune ispirazione alla libertà e alla giustizia sociale può offrire una degna visione del futuro per le nuove generazioni.
E' questa, in definitiva, l'ambiziosa sfida di Teodori e Covatta e di quanti stanno già sottoscrivendo il loro appello. Perchè è assai probabile che l'Italia, proprio come accadde nel 1994 a seguito (pure in quell'occasione) della ventata referendaria e della foga moralizzatrice di "mani pulite", uscirà dall'attuale crisi con una nuova offerta politica. Dalla quale non possono certamente rimanere escluse, dopo il tradimento berlusconiano, le idealità e le pulsioni riformatrici di una moderna democrazia liberalsocialista. Le cui radici, come detto, sono ben piantate nella storia d'Italia (dal Risorgimento alla Resistenza) e puntano a misurarsi con i temi più pressanti dell'oggi e del domani: dall'internalizzazione dell'economia a uno stato sociale senza assistenzialismo, dall'integrazione come fattore di sviluppo alla piena affermazione dei diritti civili e umani, dalla centralità delle nuove generazioni all'esaltazione della competizione e del merito. Tutto in nome del principio del buongoverno, per sconfiggere definitivamente la corruzione della democrazia e il degrado culturale del Paese.
Senza quei massimalismi o moderatismi, tiene peraltro a precisare il manifesto, assai cari all'odierna politica di destra e di sinistra. Ma con l'unica bussola del pensiero critico e del metodo sperimentale, capaci di superare ogni ideologismo e di porre rimedio al dilagare della miseria morale e materiale, all'esibizione del cinismo e dell'egoismo, respingendo la forza seduttiva dell'antipolitica che prepotentemente affiora nella nostra società, a lungo abituata al benessere ed oggi insidiata da sofferenze sociali senza precedenti che alterano bisogni e diritti, erodono le pratiche liberali e corrompono le forme democratiche.
Tra i primi firmatari dell'appello di Libera Italia si annoverano personalità del calibro di Giovanni Sartori, Franco Reviglio, Alfredo Biondi, Valerio Zanone, Gianfranco Pasquino, Claudio Petruccioli, Gianni Puglisi, Gennaro Acquaviva, Giulio Giorello e Giorgio Benvenuto. Per aderire all'associazione o sottoscrivere il manifesto, è possibile cliccare QUI.
 E' l'ora dei laici. Col crollo della seconda repubblica si riorganizzano le culture politiche

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :