...e la politica?
Creato il 13 novembre 2013 da Giuseppeg
Che percezione abbiamo noi, oggi, della politica?
Ovviamente mi riferisco alla politica italiana anche se, in generale, il
discorso può valere anche per le altre - e più evolute - politiche europee, pur
senza tralasciare le evidenti differenze. Insomma intanto, come prima cosa, c’è la
chiacchiera. La chiacchiera è un privilegio concesso agli schiavi, un lusso che
appartiene a chi non fa parte di un determinato sistema e si deve accontentare
delle briciole cadute dall’alto, che non si sa da che piatto provengano ma sono
buone lo stesso - 'purché se magni'. Perché infatti la chiacchiera ha questo,
come caratteristica, che può essere vera in tutti i casi e contemporaneamente,
senza alcuna possibilità di smentita. Questo proprio perché non ha in sé alcun
referente reale: le mancano insomma i fatti a cui vorrebbe riferirsi.
L’informazione in questo Paese è talmente di parte - quando c’è - che le fonti
stesse sono già compromesse: figuriamoci il prodotto finale! Ecco che allora il
fatto è già una specie di leggenda, se ne parla alla lontana e non si sa se è
mai successo, e in più ognuno ci aggiunge del suo.
Tutto questo ci conduce automaticamente al secondo
punto della nostra percezione, ossia il divario, lo stacco, il taglio netto che
separa la politica da tutto ciò che non lo è. In politica infatti i tempi sono
diversi, sono diverse le assunzioni e i pensionamenti; sono diverse persino le
facce di chi ne fa parte, sempre uguali a se stesse come delle citazioni, in un 'riciclaggio dei connotati' che non ha uguali in nessun altro campo. Perché è
questo il punto in fondo: la politica è affar loro. C’è una loro dimensione -
quella cioè delle finte notizie a ogni inizio Tg - che è a sé stante: loro non
accettano consigli da noi - anzi si offendono e diventano persino maleducati,
della serie: di che t’impicci? - ma in compenso ne hanno tanti da dare - uno
dei quali è ‘non pensate, che pensiamo a tutto noi!’. E non solo non ci è dato
di dire la nostra, ma ci si nega persino il rendiconto delle loro azioni, con
un piglio risentito da sovrani ancien régime. La stanza del potere è una stanza
chiusa che viene gestita come un ambiente privato, dove prevale lo spirito
personale d’iniziativa e dove in breve si è padroni in casa propria - peccato
però che la casa è in affitto. La percezione del cittadino medio sarà quindi
passivante e fatalista, come se si trattasse in fondo di un destino contro cui
non c’è rimedio - che è poi sempre, un’altra volta, la mentalità del servo.
Ultimo punto, i colori politici. O con il tempo, e
a forza di stare al sole, le bandiere si sono sbiadite; oppure semplicemente le
bandiere non si usano più e sono state sostituite dai nick - i quali nick,
come si sa, sono spesso molto simili tra loro e danno adito a fraintendimenti.
La percezione del cittadino è che le idee precedano i fatti, che siano perciò preventive e quindi astratte nel vero senso del termine. Mi spiego meglio. Se
dobbiamo litigare - o fare finta, ndr - per principio, solo perché io sto da
una parte e tu dall’altra, e se tu dici ‘no’ io dico ‘sì’ e viceversa e così
via, se insomma le idee non sono più frutto dei fatti allora vuol dire che le
idee sono morte. Sono roba da vetrina, da museo; sono costumi folkloristici e
nient’altro. Che poi ci siano le larghe intese è normalissimo: un ebreo, un
cristiano e un musulmano possono stare benissimo insieme, purché non parlino di
religione.
Un tempo - sto pensando soprattutto ai Greci, ma ci
sono esempi molto più vicini a noi - la politica era passione, era lo scopo
della vita ed era disonorevole non farne parte. La politica riguardava - quasi
- tutti, era il campo della realizzazione umana ed era il segno di
un’appartenenza, prima ancora che un’azione collettiva. Per Platone era
addirittura lo strumento principale per accedere alla Verità. Ora tutto questo
si è perso. Vi è un continuo delegare le nostre responsabilità ad altrui, un
continuo scivolare sul piano dell’individualismo più gretto e pugnace, di
quello che non lascia spazio ad alcuna dimensione pubblica. Oltretutto
questa politica è una politica meschina, spiccia, autoreferenziale e
narcisistica. In Italia non si muove mai nulla: sono tutti molto bravi a
mischiare le carte, fare il loro compitino di facciata, cancellare in una legislatura
ciò che si era fatto nella precedente, senza alcuno spirito progressivo perché
ciò che conta realmente è che le cose rimangano tali, e per sempre. Mi fa
specie pensare che una costituzione come la nostra possa essere nata da delle
larghe intese, eppure così è stato, nel lontano dopoguerra: fu forse quella l’ultima
volta in cui davvero si è guardato avanti.
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