“La vita va avanti”. Per come è stata insegnata a me, è e resterà sempre una delle affermazioni più idiote di questo mondo. Sembra di essere sempre su un treno in corsa, a guardare il mondo attraverso le lenti dell’uomo medio. Osservi il paesaggio che scorre, passivamente. E GUAI, a soffermarsi sulle domande. Peccato, che a questo modo la vita perda qualsiasi significato. E le domande personali vere, quelle di capitale importanza per le scelte, per la vita, ci ritroviamo a porcele quando neppure abbiamo più la forza di sibilare attraverso la dentiera malferma un sibilo di sospiro vero di malinconia.
“La vita va avanti”. Te lo insegnano di fronte a lutti, delusioni, perdite; e più in generale di fronte a tutto quello che non riesci a capire con uno schiocco di dita. Ma che ti piacerebbe un sacco, riuscire a comprendere ed assimilare; giacché senti che ne va di te stesso e della tua autenticità. Ma vita corre, corre, e il treno non permette di soffermare lo sguardo che per un attimo, lungo il mosaico di una paesaggio chi ci resta estraneo.
“La vita va avanti”. Come la vedo io? Per me, quel treno se ne può andare a deragliare in un lago di escrementi e vomito e letame, per quel che vale la sua cieca corsa. Siamo esseri umani: ovvero creature fatte per osservare, pensare, sentire, meditare e dedurre. IMPARARE E TRASCENDERE I LIMITI.
Altro che passeggeri di una baracca a ruote! Non me ne frega nulla se tutte le generazioni che mi hanno preceduto, non hanno trovato nulla di più creativo da fare, che sedersi su un posto da passeggero, e fare quel che veniva detto loro di fare: non è così che si può ambire a dare una direzione personale alla propria esistenza.
E allora, mi vengono in mente le parole di un tizio, probabilmente abbastanza saggio, che mi riportò alcune affermazioni assimilate da un vecchio monaco tibetano. Mi raccontò: “L’essere umano non è stato creato perché il suo corpo “duri” per settant’anni. Il nostro corpo può arrivare a doppiare tranquillamente la distanza di quel mediocre traguardo. Sai qual è il problema? E’ che siamo talmente stupidi, arroganti e ignoranti…..Pensiamo di sapere tutto, e invece non sappiamo niente. Il fatto è che non siamo in grado, o non ci degniamo, di assimilare, trasformare, elaborare i nostri lutti, le nostre perdite.E quando arriviamo a settant’anni ( quelli che ci arrivano ) il nostro corpo è oramai talmente sfibrato dagli effetti sulle nostre emozioni, sui nostri pensieri, sul nostro spirito, di tutte quelle perdite non elaborate ( ovvero di tutte quelle domande prive di risposta ), che finisce per spegnersi inesorabilmente…”
Non male come discorso. Abbiamo vissuto nostro malgrado, in altre parole. E con perfetta coerenza di natura ci spegniamo altrettanto “nostro malgrado”.
Io cresco grazie alle mie esperienze, sia quelle belle che quelle brutte, proprio perché continuo ad osservare, elaborare, meditare e dedurre. Conosco me stesso sempre più, attraverso l’incontro o lo scontro, con tutto quello che non è me. E abbraccio, o almeno mi sforzo di abbracciare, ogni esperienza che incamero, PER TUTTO IL TEMPO CHE è NECESSARIO.
“La vita va avanti”. Insomma, la paura di porsi domande veramente personali, spinge i “più grandi” a insegnare le loro vie di fuga ai più piccoli. La paura si trasmette come il peggiore dei virus. E non è mai facile, giungere alla maturità spirituale necessaria per riconoscere che abbiamo qualcosa “addosso”,che però non ci appartiene, bensì, ci è stato trasmesso. Una delle convinzioni più sagge, che ho conosciuto leggendo storie di sciamani fin da ragazzino, è che i bambini andrebbero introdotti al tema della morte fin da piccoli, e con la più brutale onestà da parte degli educatori. E non, rimbecilliti con storielle religiose assurde e contraddittorie, che negano da millenni la reale importanza ESSENZIALE, per l’individuo e i suoi processi di auto-esplicazione ed auto-espressione, di essere calato, o gettato ( tanto per rammentare Heidegger ) in una “temporalità”.
Ma “La vita va avanti”…Per i più non si tratta di elaborare e trascendere un qualche ouroboros. Per molti, girare in cerchio tutta la vita, è la più naturale delle condizioni. Neppure se ne accorgono, che il loro treno si muove su un binario che disegna una circonferenza. E perché, poi, dovrebbero VOLERSENE accorgere? Non hanno alcun interesse, per scelta e per attitudine d’animo, a realizzare che “vita” ed “esistenza”, non sono affatto la stessa cosa.
Intendiamoci: a me, di medi e mediocri non me ne frega assolutamente nulla. Per me, possono illudersi di andare da qualche parte, fino al loro ultimo respiro. Per quanto mi riguarda, ho abbastanza tolleranza in corpo, da reggere la loro arrogante visione esaustiva della vita, come un diagramma e una linea che comincia, si innalza e decade, senza che niente dipenda dal loro merito; senza che niente, venga riconosciuto come propria responsabilità.
Ma il fatto è che, in casi come questi, la tolleranza non è mai reciproca. Come in ogni altro mio post, mi rivolgo infatti unicamente alle persone che “medie” non sono. E mi rivolgo loro, perché so alla perfezione che proprio e unicamente loro, sono il bersaglio polemico e il contenitore per l’aggressività, dei tanto mediocri di questo mondo. La “tolleranza non è reciproca”, giacché chi concepisce l’esistenza esclusivamente e sbrigativamente nei termini di “la vita va avanti”, nella maggior parte dei casi metterebbe volentieri al rogo, se solo se ne presentasse l’occasione, quei pochi che ancora sanno stupirsi della morte, fermarsi e meditare su una perdita, accettare di soffrire “personalmente” e senza deleghe psicologiche o fughe ideologiche, lutto dopo lutto.
Ma l’idiota medio non vuole certo la saggezza a prezzo della sofferenza. Anzi, non persegue neanche più una parvenza di saggezza, tanto “anti-umano” è ciò in cui si è lasciato trasformare dai suoi occulti maestri, quelli che lo “lavorano” da dietro le quinte.
“La vita va avanti”. Ed ecco fiorire il bisturi e i diabolici preparati per l’eterna giovinezza. Ecco che una ruga, invece di saper raccontare una storia personale e irripetibile, segna l’inizio dei cocktail a base di psicofarmaci, e delle tre-quattro ore di corsi di palestra al giorno. E volete sapere qual è, a mio avviso, la cosa più buffa di tutte?
Si tratta semplicemente del dato di fatto, che più fuggiamo la consapevolezza della morte, più la nostra diviene una cultura di morte. Più la nostra società si rifiuta di metabolizzare i sentimenti e le esperienze che ci rendono più umani; e più diventa una società, semplicemente, inumana ( se preferite, post-umana ). Più l’unico stimolo all’affermazione della propria unicità e individualità, viene represso e soppresso da pensieri ideologici di copertura ed emozioni “cuscinetto”; e più diviene facile perderci nella falsa sicurezza psicologica di una folla. Vestita tutta uguale. Incolonnata tutta lungo la stessa strada. Impegnata tutta a compiere le stesse azioni. Diretta, tutta, verso la stessa meta.
“La vita va avanti”. Perciò “bando alle ciance”; e torniamo alle nostre occupazioni. Non importa se non siamo noi a scegliere, e se ci lasciamo invece scegliere. Non importa, se dobbiamo dormire la notte con la luce accesa. O se giriamo per le strade con il cellulare sempre in mano…..Dio mio!
E poi la gente non crede nei miracoli!?!? A vivere a questo modo, è certo più di un miracolo che una persona possa giungere a settant’anni. Senza perseguire un significato, senza chiedere un “perché” all’ineluttabile: ovvero, senza esprimere e realizzare quella, chiamiamola, “entelechia”, che più ci pertiene per essenza. A mio avviso, dovremmo campare molti, molti anni meno.
Qualsiasi “cosa” che giaccia troppo a lungo inutilizzata, in questa realtà e per legge di natura, è destinata a decadere…Ci è andata già bene, se a fuggire dalla propria essenza si può campare fino a settant’anni.
Nessun animale è così stupido, da combattere vita natural durante contro la propria natura.
Solo gli umani ( per fortuna, non tutti ), riescono a compiere questo prodigio. Si allontanano sempre di più dalla verità, invece che perseguirla. Tendono alla complicazione, invece che alla semplificazione. Però si radunano per converso sempre più in gruppo; e si scambiamo continui sguardi di assenso per rassicurarsi:”Io sono Ok! Tu sei Ok!”.
Trovano insieme il modo di sopravvivere a loro stessi, perdendosi gli uni negli altri. Ammazzano il tempo, quando ne hanno di “libero”; invece che “crearlo”, a furia di scelte personali E IRRIPETIBILI.
Quando qualcosa va storto, quando la vita impone uno stop, quando una lezione potrebbe scombinare l’assetto lineare e il placido decorso organizzato della follia….Ecco che tagliano corto con un bel “la vita va avanti”, recidendo al contempo, da sotto i propri piedi, con taglio netto e preciso, qualsiasi legame fisiologico con la fonte stessa della loro preziosa individualità….Una supposta “eternità”, in questi termini, sta all’individuo in carne e ossa come la tanto famigerata “collettività”. Fantasmi, ombre senza nome PROPRIO.
La maggior parte di questi personaggi, hanno pure il coraggio di chiamare questa loro compulsione masochista verso l’auto-annichilimento “VITA”.
Ma nessuno, neppure il più sfrontato psicopatico tra loro, ha mai e avrai mai il coraggio di parlare a se stesso in termini, invece, di ESISTENZA!
Un abbraccio controcorrente
David The Hurricane Di Bella