E lotteremo per il lavoro, per la pace, il pane e per la libertà

Creato il 23 settembre 2014 da Iomemestessa

Lettera aperta a Susanna Camusso

Gentile Sig.ra Camusso,

lei ha una ventina d’anni più di me, e ha condotto lotte di cui io ho sentito solo parlare. Però, non s’offenda, non esageriamo con l’allure. Lei, negli anni ’70 era una studentessa di archeologia che ha deciso che la sua vocazione era il mondo sindacale. Nobile scelta. Ma puntualizziamo pure, né io né lei abbiamo il background (di cultura, di fatica) di un minatore del Sulcis.

Lei lotta da quarant’anni per i diritti dei lavoratori. Io da venti solco il mondo dell’impresa da freelance. Ne abbiamo viste entrambe, credo, di tutti i colori, quindi, risparmiamoci le solite manfrine sull’esperienza. Lei non è da rottamare (parola, peraltro, detestabile e irridente, che detesto) e io non ho più il pannolo da un pezzo.

Lei paragona il putto fiorentino a Margaret Thatcher, prendendo un abbaglio. Quello è una carognetta (chieda ad enricostaisereno) che ha un’eccellente scelta dei tempi, e col senso del ritmo ci si nasce.

L’art. 18 è la più grande operazione di fumo negli occhi mai vista nella storia politica italiana recente, e lei ne è la vittima designata.

Oltretutto, signora mia, lei gli sta dando una mano, quando non due.

L’art. 18, non serve a niente. E’ solo un simbolo. Un baluardo. L’art. 18 si applica ad una minoranza assoluta di lavoratori. Ne restano esclusi i dipendenti delle piccole e medie imprese (in Italia, la maggioranza), i precari, gli interinali. Praticamente quasi tutti, e lo sa pure lei.

Provi ad informarsi. In una qualunque fabbrica del nord che produce, l’operaio con contratto a tempo indeterminato appartiene al tempo che fu. I pochi superstiti si stanno avviando gloriosamente alla pensione, con gran sollievo di quasi tutti i responsabili del personale che conosco.

L’abolizione dell’art. 18 rappresenterebbe un passo avanti per l’umanità. In suo nome e conto sono stati perpetrati da ambo le parti i peggiori abusi lavorativi.

Lo so io, e lo sa lei. Avete difeso dei fancazzisti senza possibilità di redenzione in tre gradi di giudizio. Appesi come dei gattini ai coglioni finchè non avete ottenuto i reintegri, e, alla fine, vi è andata anche bene. Perchè i reintegri sono stati ottenuti. La prima volta. Poi, fatto salvo che non avevate a che fare con dei fessi, mai più.

In questi anni abbiamo visto tutti cose che ci saremmo francamente risparmiati. Mobbing selvaggi. Scrivanie che sparivano. Trasferimenti a casa del diavolo. Sedi distaccate direttamente nella grotta di Tora Bora. deportazioni in massa con bus aziendali, con sveglie antelucane e rientri a casa all’ora del tg. Quello delle ventitre, però.

E la gente, dopo un po’ si cavava dai coglioni senza fiatare. E i vostri delegati, spesso, pappa e ciccia con la proprietà. Purchè non fossero toccati gli unici diritti veramente insindacabili. Quali? Ma quelli delle RSU, naturalmente.

Oppure l’abitudine delle dimissioni firmate in bianco all’atto dell’assunzione. O certi co.co.co e co.co.pro che di collaborazione avevano solo il nome. La fattispecie, ben altra. Lo so, io, signora Susanna, cosa pensate dei giovani. Lo so perchè vi ho sentiti, quando siete lì, nel chiuso delle vostre stanzette, lontani dalle telecamere, dai concerti del primo maggio, e dai finti proclami.

Li considerate privi di nerbo. Senza desiderio di combattere. Buoni solo per indignarsi su feisbuc. E magari qua e là avete pure ragione. Ma quella spocchia, quelle faccette a culo di gallina, dicendo, ‘colpa loro che accettano certe condizioni, certi contratti’. Signora Susanna, senza offesa, ma lei un lavoro ce l’ha dal 1975, da quando è entrata nel sindacato. Suppongo che l’ansia di non pagare l’affitto, le bollette, la spesa, non le appartenga. Lei difesa lo è stata sempre. Questi, non li ha mai difesi nessuno. Se ci penso la differenza più grande tra me e lei, è proprio il fatto che lei difesa lo è stata sempre, mentre io difesa, mai, sempre da sola mi son dovuta arrangiare.

La differenza più grande tra me e loro, invece, è che io l’ho scelta questa vita, soppesando i pro e i contro, ed è una scelta. Loro no, sti poveri cristi ci si son trovati, gli è  toccata, e non è che la vita li avesse carrozzati tutti contro la realtà.

E la differenza più grande tra me e lei, a pensarci meglio, sta nel fatto che io per questi, provo una sostanziale empatia, perchè creda, signora mia, mica è facile. Proprio per un cazzo, anzi.

Ecco, voi che state lì, trincerati dietro una bandiera, un baluardo del tempo che fu, rinunciate al baluardo, e cominciate a difendere il presente e non più il passato.

Prima che un putto di Firenze vi seppellisca senza che riusciate a dire neppure bah.


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