C'è un clima pesante nell'aria. Non sono gli strascichi di Cicerone e di Minosse, né i preamboli di Ulisse. È quel clima che mi sta impedendo di scrivere su questo spazio, se non per ricordare che vivo soprattutto di una scrittura pagante. Non mi sento motivato. Vorrei ascoltare altro, vorrei sapere come si può superare una fase così delicata. So benissimo che nessuno ha la ricetta pronta o la bacchetta magica. Non è questo che chiedo. Chiedo semplicemente responsabilità, che non vedo da nessuna parte. Mi sto interrogando, o meglio, mi sto sforzando di capire, se la politica abbia compreso sul serio la portata del momento. Vorrei molto di più che non i soliti tatticismi. So anche che tanti colleghi hanno gioito del ritorno sulle giostre di Berlusconi, delle ipotesi di elezioni anticipate, delle alleanze da decifrare e tutto il resto. Io no. Stavolta sono stanco. E mi domando ancora se rendiamo un buon servizio a fare quello che abbiamo sempre fatto, come se nulla fosse. Cosa è cambiato dal novembre 2011 ad oggi? La classe politica è rimasta fin troppo uguale a se stessa. Una cosa avrebbe dovuto fare in tempi ragionevoli, approfittando dei tecnici a Palazzo Chigi: la legge elettorale. Tutto tace. Eppure se ne parla quotidianamente: un ottimo espediente per finire a tarallucci e vino.
Riformulo la domanda: cosa è cambiato da allora? A me sembra nulla. Però stiamo qui a menarcela con Berlusconi che scende in campo, un giorno si e un giorno non si sa. Domenica scorsa nelle redazioni il massimo del godimento è stato diffondere la nota di Palazzo Grazioli in cui si smentiva l'indiscrezione di Libero secondo cui l'ex premier ci stava già ripensando. Fate un po' voi. Vorrei altro. Non vedo chi può darmelo - di certo non Grillo - e trovo tutto questo frustrante. Poi arriverà agosto. Un po' di relax e magari tutto passa.
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