“Pescatore trova statua di Apollo e la mette su eBay”. Partiamo da qui. Perché a volte si leggono storie davvero disarmanti e dalle conseguenze tragiche. Siamo a Gaza, la più grande città della omonima “striscia”, il territorio palestinese che confina con Israele e l’Egitto.
In pratica, una statua del peso di 500 chili, nascosta per secoli sul fondo del mare, ha rischiato di essere venduta di contrabbando a qualche collezionista. Destino beffardo.
Questa in breve la storia di una statua di bronzo del dio greco Apollo che è stata rinvenuta nel tratto di mare di fronte alla striscia di Gaza. Un antico reperto di duemila anni che il pescatore ha portato alla luce dal fondo del mare, a settembre 2013. L’uomo l’ha portata a casa e l’ha messa all’asta sul sito di vendita online, per un prezzo base di 500 mila dollari.
Secondo gli archeologi questo reperto ha un valore inestimabile, perché sarebbe come cercare di quotare la Gioconda. Le condizioni della statua lascerebbero intendere che non sia stata ripescata in mare; e il fatto che essa sia in bronzo anziché in pietra, ne accresce l’interesse artistico.
Alta poco meno di due metri, la statua ci presenta un corpo muscoloso, dai capelli ricci e con un occhio danneggiato. Non pago, Ghrab avrebbe deturpato la scultura. Sperando fosse oro, egli ha tagliato un dito e l’ha portato a far analizzare da un esperto di metalli.
Condurre la statua fuori da Gaza, una volta venduta, sarebbe stato difficile, a causa degli stretti controlli al confine con Israele e l’Egitto. Ma la situazione si complica ulteriormente. Le voci girano velocemente e giungono anche ad Hammas, la nota organizzazione terroristica palestinese. La polizia sequestra la statua, ed ora le autorità hanno aperto un’indagine. Viene scoperto che si tratta di un bronzo prezioso, reperto dell’arte ellenistica.
Il sospetto è che possa essere entrata nel giro del mercato nero per essere venduta. Qui avrebbe un valore tra i 30 e i 40 milioni di dollari. L’Apollo è così adesso al centro di quello che sembra un giallo. Da una parte c’è Hammas, riconosciuta solo come organizzazione terroristica, che però potrebbe sfruttare la statua per mostrare al mondo che Gaza è la nuova culla dell’archeologia; e dall’altra l’autorità nazionale palestinese, che si trova con le mani legate, impossibilitata da Hammas di imporsi come interlocutore politico anche in campo culturale.
C’è chi ritiene che il pescatore stia mentendo sul luogo del ritrovamento, magari per mascherare un traffico illecito, e chi invece crede nella possibilità che Gaza abbia finalmente iniziato a svelare alcuni dei suoi tesori perduti, frutto di 5.000 anni di storia che l’hanno vista occupata da popolazioni antiche, attraverso più epoche. Un periodo di conquiste che la videro anche subire l’assedio di Alessandro il Grande.
Le autorità assicurano che quando le indagini verranno concluse, l’opera sarà mostrata al pubblico. Ma dobbiamo crederci? Purtroppo questa è una domanda che rimane aperta.
Written by Cristina Biolcati