Mentre gli Usa e l’Europa non riconoscono le libere consultazioni degli ‘Oblast dell’est la Storia non riconosce più l’Ucraina sfigurata geograficamente, divisa socialmente e devastata economicamente.
Gli ucraini non dimenticheranno questa lezione perché presto ne pagheranno tutte le conseguenze, maledicendo le manipolazioni a cui si sono prestati, raggirati ancora una volta da ricchi furfanti che mescolano affari e politica e che trasformano le istituzioni in un suk per compratori stranieri.
Nonostante la Capitale stia promettendo sfracelli pur di riappropriarsi dei suoi confini, né Poroshenko né Yatseniuk avranno la forza di ripristinare lo statu quo ante. Si sono giocati l’onore quando in sede parlamentare, con poca cautela e nessun realismo, assicurarono di arrivare a marciare su Sebastopoli dopo essere usciti vincitori dal conflitto contro filo-russi. Ma come scrive anche Panella su Libero, le elezioni nel Donbass sono state: “Una rottura radicale e formale dell’unità nazionale del Paese che evidenzia quello di cui Usa e Ue non vogliono prendere atto: cioè che il governo di Kiev – il quale considera i secessionisti dei «terroristi» ma che è stato da loro sconfitto sul piano militare – ha una strategia fallimentare. Battuta sul campo e pure politicamente, Kiev, oggi controllata dai due vincitori delle ultime elezioni,il presidente Petro Poroshenko e l’ex e futuro premier Arseni Yatseniuk, non riconosce le elezioni del Dontesk e del Lugansk, ma non sa come reagire. La Russia, invece, ha già annunciato che riconosce la legittimità di questo voto para secessionista…”.
Bene, costoro hanno perso la guerra e la faccia ed ora invocano l’aiuto dei loro protettori internazionali. Ma non troveranno soccorso, al di là di quello di facciata, nemmeno nella Nato perché questa ha già ottenuto il massimo dalla situazione, ovvero il dispiegamento di forze militari quantitativamente superiori negli ex satelliti dell’URSS finiti sotto l’egida occidentale, condannando l’Europa a relazioni sempre più condizionate dalla Casa Bianca verso oriente. Anzi, i due compari dovranno guardarsi da ulteriori emulazioni e spinte indipendentistiche che cresceranno esponenzialmente al decrescere del benessere generale. I dati parlano chiaro così come le reticenze del FMI il quale, dopo aver garantito una pioggia di soldi, introduce progressivamente condizioni sempre più stringenti per le sue elargizioni che difficilmente Kiev potrà rispettare, a meno di non liquidare fino all’ultimo cespite del suo patrimonio pubblico. Su queste spinte disgregative conta la Russia per ridimensionare progressivamente la presenza yankees nel suo vicino. L’Ucraina è fallita e sta in piedi solo come arma di ricatto geopolitico che gli Usa punteranno, a cagione delle esigenze e delle contingenze, verso Mosca o contro Bruxelles. La prima però sa elaborare strategie difensive, sa limitare i danni e si sta attrezzando per impedire che episodi di questo tipo si verifichino ancora alle sue porte. La seconda, invece, si piega a qualsiasi pretesa statunitense, anche contro i suoi stessi interessi, sacrificando il futuro dei suoi cittadini, perché governata da una classe politica di inetti e di smidollati che trova nella cooptazione ben retribuita in qualche organismo internazionale il suo più alto ideale.
Ps. Pare che il prossimo passo sarà quello di includere il Donbass nell’Unione economica eurasiatica, la stessa in cui sarebbe entrata l’Ucraina se Eu ed Usa non avessero complottato per abbattere il legittimo ordine costituzionale e spezzare i tradizionali legami di Kiev col mondo slavo. Noi ce lo auguriamo perché la gente del posto ha sofferto troppo e finalmente merita pace e prosperità, quella che Kiev non avrà più per molto tempo.
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