E non abbiam bisogno di parole

Da Iomemestessa

Le cronache di questi giorni sono un bombardamento continuo. O si parla di alluvioni, o si parla di razzismo.

Se le prime sono un dato di fatto, sul secondo si nota una superficialità sconcertante.

Si assimila tutto. E tutto viene fatto confluire in un calderone. Eppure esistono delle differenze.

In Italia ci sono posti dove è più facile integrarsi, ed altri meno. E non è neppur vero che a Nord sia più difficile che a Sud. E magari la piantassimo con le scene strappacore e gli stereotipi iamme iamme paisà, faremmo un favore a tutti, anche e soprattutto a chi deve essere accolto.

Un approccio più equilibrato inoltre leverebbe parecchio fiato a populismi e demagogie, dalla Lega ai 5 Stelle.

Siamo onesti. L’unico posto dove il forestiero è visto con effettiva ostilità diffusa, è il Nord Est. So che non tutti sono così, e so che alcuni frequentatori sono del Nord est e NON sono così, ma tant’è. Bazzico quelle zone da tanti anni, per ragioni professionali e private, e l’ostilità verso il foresto la palpi. Che sia extracomunitario, o che sia semplicemente nato fuori dai confini delle Venezie.

Stessa cosa può essere applicata a parte della Lombardia. Varese, Sondrio, Bergamo, Brescia non ti aprono cordialmente le braccia.

Sarà un caso, ma la Lega a Nord Ovest non ha mai sfondato, a parte il cuneese, ma a quelli della ‘provincia granda’ stiamo sui coglioni tutti, nessuno escluso, pure noi che pure, tecnicamente, staremmo più a nord. E, per inciso, quelli della provincia granda, così a pelle, stanno sulle palle a tutti, nessuno escluso. Per par condicio, e, come sempre, con le dovute eccezioni.

E la presidenza della Regione a Cota, avvenne, oltre che in ragione di conteggi come minimo discutibili, anche perchè la sua concorrente era indigeribile come un pandoro raffermo e, soprattutto, in ragione dei voti di Forza Italia, figlia di una DC fortissima un tempo soprattutto nel novarese.

Mettere insieme Tor Sapienza e certo becero leghismo è un errore politico, oltre che storico.

E certe spasmodiche difese dell’immigrato sarebbero senz’altro più convincenti (e pregevoli) se fatte da chi con l’immigrato ci convive ogni giorno gomito a gomito, e non da certi supponenti che poi la sera si ritirano nelle loro enclave ai Parioli, a Prati, a Porta Vittoria, o in corso Galileo Ferraris, perchè, abbiate pazienza, ma è un po’ troppo facile.

A Milano, una quindicina di anni fa (e la situazione era assai più tranquilla di ora) sono stata frequentatrice e residente di quella zona che va dall’ultima propaggine di via Ripamonti sino a corso Lodi, con inclusione di quell’angolo di cielo a nome piazza Vetra.

Una scuola di sopravvivenza pure in pieno giorno. Un posto in cui, a piedi e da sola (ma anche da solo) circolare la sera era un attentato oltre che alla propria sicurezza anche al buon senso basico. Gli schiamazzi notturni erano all’ordine del giorno. Dormire la notte, un esercizio di stile.

Posso dire che solo un aspirante suicida sarebbe salito di notte su un mezzo pubblico diretto a Rozzano o a Quarto Oggiaro (e comunque anche di giorno era un atto di fede)? E che la situazione in quindici anni, da quel che mi dice chi è rimasto, è essere solo peggiorata.

Ecco, lo ammetto, io, quando vedo il valligiano rompere i coglioni per quattro immigrati di cui manco s’accorge, lo prenderei a calci in culo. Ma quando vedo questi di Tor Sapienza, non riesco a giudicarli.

Perchè mi chiedo se riuscirei a far mostra di tutte le mie convinzioni anche se fossi intrappolata in un quartiere dormitorio, con delle buche in strada che manco a Baghdad, con dei servizi pubblici inesistenti, con un centro di accoglienza da un lato e un campo Rom dall’altra.

Perchè comunque un centro di accoglienza e un campo Rom portano con sé un potenziale esplosivo mica da niente, e penso che chiunque possa ammettere che, come in ogni comunità, ci sarà il buono, il meno buono ed il cattivo tout court.

E se ho già una valanga di problemi per i cazzi miei, non è che se me ne calano degli altri dall’altro posso provare tutta questa empatia.

E infine uno si domanda una cosa. Campi rom, centri d’accoglienza, centri di recupero per tossicodipendenti, case famiglie, e amenità assortite, son sempre e comunque dislocate in periferie, più o meno disagiate. Perchè non allestirne qualcuno in pieno centro, ai Parioli, a Prati, sui Navigli, a Brera? Perchè si deprezzerebbero gli immobili? Eh, ma allora è un’implicita (ma anche esplicita) ammissione della politica a fronte del fatto che queste strutture sono un problema. E allora, vogliamo smetterla di trovare soluzioni che schiacciano i più inermi verso situazioni sempre più marcatamente di disagio?

E invece di parlare di razzismo potremmo invece ragionare sull’incapacità della politica di trovare soluzioni non dico efficienti ed efficaci, ma almeno decorose, anziché straparlare in continuazione di razzismo, capacità di accoglienza e sentimenti che hanno senso solo in un contesto adeguato?


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