Lo voglio scrivere oggi, lontano quasi una settimana dalla conclusione e lontano sufficientemente dalle elezioni del Presidente della Repubblica. Voglio parlare delle Quirinarie, me l'ero promesso e lo faccio, anche perché ci sono un paio di considerazioni da fare, che sembra che in giro si abbia paura di farle. Parto dal motivo di questo timore, che risiede tutto in una sballata ricostruzione (per certi versi storica) della vicenda. Perché in fondo il nome di Rodotà, ha rischiato di spaccare i partiti - gli altri - ed è sembrato pure a me, un buon nome, valido, credibile e presentabile. E grazie a quello Grillo dalla vicenda è uscito rafforzato e per certi versi vincente. Ma era il terzo classificato, non dimentichiamocelo.
Aveva vinto Milena Gabanelli, precedendo Strada, Rodotà appunto e Zagrebelsky: giornalista Rai famosa soprattutto come conduttrice del programma d'inchiesta Report (dal 1997). Ottimo programma, che ha contribuito a mettere a nudo tanti e brutti mali del Sistema-Italia, casta in primis. Così come ottima è la sua carriera giornalistica, ha lavorato a Mixer con Minoli e ha fatto l’inviato di guerra per la RAI in ex Jugoslavia, Cambogia, Vietnam, Birmania, Sudafrica, Azerbaijan, Mozambico, Somalia e Cecenia. Gabanelli non è una simpatizzante del Movimento, o meglio, magari lo potrebbe essere nel suo intimo, ma non lo ha mai espresso apertamente: e questo va detto a scanso di equivoci. Gira in rete un video in cui durante una puntata di Report del 1997, la giornalista ringrazia Beppe Grillo per aver fatto tradurre in italiano un libro di Frederic Vester (ai tempi Direttore dell'Istituto di Biologia Ambientale di Monaco) sulla mobilità, ma tutto è meno che un endorsement - anche perché ai tempi, il M5S nemmeno esisteva. La giornalista aveva dichiarato all'Ansa appena aver saputo della sua "vittoria":
Quando pensano che tu sia all’altezza di un compito così grande si può solo essere onorati, perché è altamente gratificante. In merito alla candidatura quando i proponenti mi chiederanno però risponderò. Ora posso dire che sono assolutamente commossa e anche sopravvalutata.Poi aveva declinato la possibilità di spendersi per la causa, invitando il Movimento a non sostenere la sua candidatura: si era ritirata dai giochi, insomma. In modo legittimo, forse tardivo visto quel giorno e mezzo di attesa. Ma va bene. Il bilancio sulla vicenda passa attraverso tre punti, che segnano i deficit dell'iniziativa grillina. Partendo in ordine temporale, va subito analizzato quel che è successo pochi giorni prima, quando la votazione era andata fallita, per effetto di un'azione di hackeraggio. Messora, il blogger nominato responsabile comunicazione del M5S al Senato, ha provato subito a spiegare che il sabotaggio non era un male assoluto. Anzi, ha precisato che c'era anche del buono dietro, in quanto il sistema di controllo ha funzionato a dovere. Che può anche essere vero ed è pure vero che quanto accaduto può al limite non implicare il fallimento completo di questo primo approccio di democrazia diretta internettiana. Anche se con ogni probabilità ne è un pezzo di quel fallimento, perché è vero di più che l'elezione del Presidente della Repubblica - così come in generale la gestione degli affari importanti che reggono questa democrazia - non è Farmville. Perché il rischio può anche essere che un qualche hacker raffini le tecniche, arrivando ad acquisire una competenza in grado di permettere di non essere sorpreso dai sistemi di controllo. Che quel rischio è enorme, è talmente ovvio da non dover essere approfondito il perché. Passando al secondo aspetto, c'è da capire una questione che riguarda il numero dei votanti. Meno di una media cittadina di provincia: 48 mila persone quelli ammessi a votare. Un club, più che un "popolo del web". I dati definitivi sono stati diffusi soltanto adesso, con perizia bolscevica per compattare bene la protesta, come se davvero quelle votazioni online fossero una voce forte e universale di tutti gli italiani. Solo 28.518 persone hanno votato. Altro problema che incombe su questo genere di cose, quindi, potrebbe essere la partecipazione. Pochi, troppo pochi per essere in grado di interpretare una necessità così grande, come quella dell'elezione del Capo dello Stato. Aspetto su cui potrei anche essere contestato questo, in quanto mi si potrebbe obiettare che allargando il suffragio - intendo permettendo a quel quaranta milioni di aventi diritto al voto analogici, di digitalizzarsi attraverso una completa riforma del sistema di voto e votazioni su cui si basa il nostro stato - sicuramente aumenterebbe il numero dei partecipanti. Probabile, ma a quale percentuale si potrebbe arrivare? Per il momento il dato è che dei circa otto milioni di elettori grillini, hanno avuto interesse a votare - cioè si sono interessati ad avere le credenziali - una percentuale misera che oscilla intorno allo 0,3%. E questo significa che, o agli elettori in fondo non interessa decidere direttamente su certe cose, oppure che la digitalizzazione delle votazioni è ancora troppo difficilmente accessibile ai più. L'elite del web, sarebbe un buon tema per un movimento populista contro la rete. In ogni caso, delle due l'una, ma è comunque un altro pezzo non propriamente positivo delle Quirinarie. C'è un tertium non datur in questo scenario: una grande percentuale dell'elettorato grillino, non è attivo nel Movimento, anzi ha espresso il proprio voto alle elezioni ma non ne segue l'iniziativa, ma questo aspetto socio-elettorale, rischierebbe di portarmi fuori tema (ci sarà modo di parlarne meglio). Per ultimo e terzo punto, c'è il nome scelto. Milena Gabanelli è il nome che ha vinto, sebbene con poco più di 4000 mila voti, ma ha vinto. Il nome era quello, non Rodotà (do you remember?). Persona rispettabilissima, brava e competente professionista, eccellenza italiana del mondo del giornalismo. Ma c'era subito da esprimere grosse perplessità su una sua possibilità come Capo di Stato, opinione personale ma più o meno supportata da una certa quantità di dati. Dati empirici, d'accordo, perché non c'è scientificità -e nemmeno troppa originalità - nel dire che un Presidente della Repubblica deve avere virtù molto ampie, psicologiche e sociali di sicuro, di comprensione ed ascolto, di raziocinio e diplomazia: ma quelle virtù personali devono necessariamente passare dalla perfetta conoscenza e altrettanto perfetta interpretazione delle prassi istituzionali e della macchina dello Stato, nonché per una profonda credibilità internazionale. La Gabanelli questo non era (come non era Strada). Non aveva il phyisque du role. Per dire, se il ruolo da occupare fosse stato di presidente Rai, non avrei avuto nessun dubbio sull'avallare la scelta. Ma il ruolo che fu di Einaudi e Gronchi, di Saragat e Pertini, non va bene per una novizia della politica. È stata proprio la giornalista Rai a risolvere la questione, rinunciando. Sul nome di Rodotà, la situazione è diversa ed andata diversamente. Ed occorre che sia chiaro e detto con un certo peso: Rodotà era un nome che circolava da tempo in Sel e aree del Pd. Non è un nome che è uscito dalle Quirinarie in modo esclusivo, come dire, su quel nome non c'è un copyright del M5S. Ma d'altronde tutti i nomi credibili delle Quirinarie erano nomi del genere, non c'era niente di originale escluso appunto quelli più fantastici della Gabanelli o Strada o Fo. . Su Rodotà, però, c'è stato un colpo di genio di Grillo, che di tutto si può accusare, meno che di non saper interpretare la realtà che lo circonda. Grillo ha capito che i primi due erano non spendibili e ha da subito - io me lo ricordo bene - iniziato a sponsorizzare il nome del giurista calabrese (una cosa del genere aveva cominciato a farla con Prodi, figura su cui aveva lasciato un'apertura, prima delle Quirinarie ed in attesa del loro esito e su cui credeva di anticipare l'opinione dei suoi elettori e le mosse del Pd). Poi c'è stata la rinuncia e il gioco è stato presto fatto. Buon per lui, perché se uno dei due avesse accettato, si sarebbe trovato con la credibilità sotto i piedi, incastrato in un terribile cul de sac (e qui non voglio cercare scenari complottisti, secondo cui ai primi due sarebbe stata imposta quella rinuncia: io sto ai fatti). Ro-do-tà invece, era un nome famigliare alla sinistra. Praticamente Grillo ha fatto quello che doveva fare il Pd, nei tempi e nei modi: infatti è uscito vincitore - dal punto di vista della consolidazione dell'elettorato, pure - dalla pessima vicenda consumata a Montecitorio nei giorni passati.
Ma questo non può distogliere dal merito delle cose: le Quirinarie appunto, in un suo bilancio complessivo, che si deve basare sulla valutazione acquisita ai punti precedenti. Sicurezza del metodo, partecipazione, risultato. E se si vuole applicare una pratica quasi scientifica, non c'è una di quelle voci, in cui sono andate veramente bene, almeno dal mio punto di vista analitico. Dunque la domanda ultima è: quanto sono state valide le Quirinarie secondo voi? Quanto possono essere utili in futuro?