Secondo me è stato questa la domanda che si è posta la sceneggiatrice e scrittrice fran- cese Barbara Constantine quando ha cominciato a scrivere E poi, Paulette, il suo ultimo romanzo, edito da Einaudi.
“Quant’è bella giovinezza” si cantava nella Firenze del Quattrocento, ma pure la vecchiaia che ci dipinge la Constantine non sembra essere tanto male.
Ferdinand è un signore di quasi ottant’anni che vive solo in una grande fattoria della campagna francese, un tempo teatro di vita sfrenata, ora cimelio di vecchi ricordi. Ferdinand è solo da quando la moglie è morta e il figlio, la nuora e i due nipotini adorati hanno preferito una piccola casa nel centro del paese, piuttosto che rimanere nella fattoria. Ferdinand vive per i suoi due nipoti e aspetta con ansia le quattro del pomeriggio, quando gli sono concessi quei venti minuti per vederli, all’uscita di scuola.
La vita di Ferdinand scorre monotona e i giorni si susseguono implacabilmente identici. Tutto è già scritto, determinato, deciso. Eppure una nuova opportunità è possibile, ci spiega l’autrice che crede fortemente che spostando lo sguardo oltre di noi, ci sarà qualcuno da accogliere e pronto ad accoglierci. A qualsiasi età!
E cosi accade a Ferdinand che, tornando nella sua tenuta in un giorno identico agli altri, incontra una donna a cui il temporale ha distrutto la casa. Si chiama Marceline e vive da tanti anni vicino alla sua abitazione, tuttavia i due non si erano mai rivolti parola.
Ferdinand fa qualcosa che non avrebbe mai pensato: invita Marceline, una completa estranea, a trasferirsi da lui finché la sua casa non sarà di nuovo in piedi. In realtà Marceline non è totalmente sola, ha con sé un cane, un gatto ed un asino, da cui non vuole separarsi.
Se è vero che “Uno dei paradossi della vecchiaia è il tempo. Mentre il futuro si accorcia, le giornate si fanno lunghissime, senza impegni pressanti e smanie del corpo”, come scrive la giornalista Elena Stancanelli, è pure vero che i vecchi godono di una grande libertà perché si sfilano dal ruolo sociale e dall’agone e si dimenticano delle cose, così come delle inibizioni. Il romanzo di Barbara Costantine è un inno alla vita che non è bella solo a trent’anni, ma che è giusto vivere con dignità e serenità fino alla fine. Credo che ognuno di noi vorrebbe vedere i propri genitori e i nonni in una fattoria come quella di Ferdinand.