"E se mi perdo?" - La Traversò Torgnoleintse - Torgnon (AO) 18.07.2010
Creato il 19 luglio 2010 da FathersnakeDomenica 19 luglio, ore 9.30: sono a Torgnon, nell’area picnic Chantornè, in località Plan Priorond, una verde radura di solito affollata di turisti. Oggi lo è più del solito, vuoi perché una splendida giornata senza nuvole, vuoi soprattutto perché a breve partirà la Traversze torgnense: una gara di 15.500 chilometri specialità gran fondo, cui mi sono da poco iscritto
Sono pervaso da una leggera inquietudine. Un po’ per la lunghezza del percorso, mai affrontata in gara e poche volte in allenamento, ed un po’ perché non so che aspettarmi da una gara in montagna. Accanto al banchetto delle iscrizioni fa bella mostra di sé la mappa del percorso. Visti lì, i chilometri sembrano cinquanta. Mi sento ancora più inquieto: “e se mi perdo”?Non siamo in tantissimi, forse un centinaio. Mi posiziono prudentemente in coda. Facce nuove, rispetto a quelle dei frequentatori abituali delle gare cui ho partecipato. Facce da scalatori. Non riconosco neppure le maglie delle squadre, se non una o due.
Allo sparo partono tutti come se la gara dovesse fosse di soli 6 chilometri in pianura. Si sale immediatamente, prima su asfalto per ottocento metri circa (l’unico asfalto di tutto il percorso) ed in seguito su sentiero verso Chatelard. Rimango basito: “ma questi sono matti” e mi ritrovo quasi ultimo, arrancando con il fiato corto. “Ora mi staccano e mi faccio tutta la gara da solo”. Salgo cercando un ritmo che mi permetta di procedere senza sfiancarmi ulteriormente e, di contro, senza perdere contatto con il gruppo, che si è sgranato ed ora procede in fila indiana lungo un’erta ove nessuno riesce a correre. Per fortuna, dopo la sfuriata iniziale il ritmo si fa meno intenso. L’erta sfocia in un sentiero più largo e regolare che non presenta pendenze eccessive. Riesco persino a respirare. “Ok, va meglio”. Tuttavia si sale. Non in modo eccessivo ma si sale. Supero qualche camoscio umano che ha osato troppo e si trova in affanno dopo la sparata iniziale. Poi punto un podista anziano che sembra avere il mio stesso ritmo. Lo affianco. Lo supero e vado via. Poi mi rendo conto di non potere reggere a lungo, lo aspetto e per un bel po’ di gara avanzeremo in coppia. Raggiunti da un secondo camoscio, formeremo un trio per un bel po’ di gara. Al primo ristoro, ai duemila metri, afferro un bicchiere d’acqua e me lo getto addosso, poi mi fermo a bere po’ di acqua con isostad ed a momenti mi affogo, tanto che i due prendono un discreto vantaggio. Ma stringo i denti e li riprendo. Il diavoletto pigro che sta nella mia mente mi tenta con pensieri tipo: “lasciali andare…così potrai riposarti…potrai proseguire con un tuo ritmo più facile..” Non lo ascolto e continuo. Più o meno al giro di boa, dopo 8 chilometri di ascesa leggera, il trio diventerà un quartetto; nel momento in cui infatti, ad un bivio, ci fermiamo tutti indecisi sulla direzione da prendere si avvicina un runner e ci grida sicuro di sè: "Per di quà". Lo seguiamo. Ma in discesa è lento e, piazzatomi dopo di lui, rischio di perdere contatto con gli altri.Lo capisce e si fa da parte: “vai”, mi dice. E’ una discesa molto tecnica: il sentiero si fa largo tra rocce e radici fino a raggiungere una strada di più agevole percorrenza con degli affioramenti d’acqua. Nel frattempo mi sono riportato in seconda posizione del gruppetto. Quello immediatamente dietro di me mette un piede nel fango e cade; si rialza prontamente ma perde terreno. In discesa vado come un treno e rimango solo, a parte un podista con maglietta blu lì davanti, che ha un ritmo superiore. Ora di salita se ne vedrà ben poca. E’ quasi tutta discesa alternata a tratti di pianura e qualche falsopiano. Il percorso è suggestivo e fresco, all’ombra di boschi e pinete, con passaggi su prati, piccoli ponti in legno, e sentieri di escursionisti. Ad un certo punto si passa pure accanto ad alcune pacifiche mucche. A tratti, sulla sinistra, sprazzi di panorama sulla vallata sottostante, dominata dalla inconfondibile sagoma del Cervino. Le gambe sembrano tenere. Non accuso fatica, ma va detto che la seconda parte del percorso non presenta asperità ed è solo un lungo discendere verso l’arrivo. Raggiungo una donna, la supero e vengo raggiunto a mia volta da un podista quando manca un chilometro all’arrivo. Si presenta un’ultima, ripida discesa. Sembra una scalinata: con le gambe provate dai chilometri precedenti è dura. Lui frena, io mi ci butto giù e riprendo il vantaggio iniziale, che conserverò fino all’arrivo. 66 esimo su 93.Sono matti, questi valdostani.