È un pensiero fatto mentre studiavo.
Con gli occhi sul libro sfoglio voracemente altre dieci pagine, e poi mi fermo. “È importante” penso. È importante sapere dove stiamo andando, così do un’occhiata alla destinazione. “Non capisco”. Non capisco se devo fermarmi all’ottavo capito, oppure andare avanti fino ai ringraziamenti finali del libro.
Mi informo.
In realtà era come pensavo io, necessario.
Mi salta in testa un proverbio “Tutti sono necessari, nessuno è indispensabile”. I proverbi sono onnipresenti, perché si fondono con le parole. Come le canzoni. Pensi ad un oggetto, la sedia per esempio, e ti viene giù la canzone. “E adesso siediti, su questa seggiola!”.
Visto? E’ inevitabile. Ormai ogni oggetto ha la sua ragion d’essere.
Anche se pensi la parola “libro” salta fuori canzone, proverbio e poesia.
Lì per lì me la sono fatta la domanda: ma se tutto questo fosse finzione? Se, persino, il libro che stiamo studiando fosse frutto della nostra mente?
Letteralmente sembrerebbe assurdo. Se invece restituissimo i para-occhi ai cavalli, sarebbe tutto più logico. E logico non è sinonimo di razionale, come in molti pensano.
Così con tanti “se” e tanti “ma” sono arrivata a pensare che veramente le cose che ci circondano quotidianamente sono un frutto dello stesso albero.
Un frutto a volte disgustoso, altre volte gustoso, ma mai schifoso. “Che schifo” non si dice!