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E' tutta una gogna (mediatica): Grillo, i giornalisti e la libertà di insultare e criticare

Creato il 08 dicembre 2013 da Paopasc @questdecisione
E' tutta una gogna (mediatica): Grillo, i giornalisti e la libertà di insultare e criticareDi solito sono i politici ad usarla, vecchi e nuovi, di destra e di sinistra, ogni volta che sono sulle prime pagine dei giornali e hanno l'indesiderata attenzione dei media. Si tratta dell'espressione gogna mediatica, una contraccusa lanciata contro la stampa per stemperare la propria posizione. Si aggiunga, inoltre, che non è sempre invocata a sproposito, ma ciò non toglie che è sempre meglio usarla. E' come dichiararsi innocenti quando ti interroga il magistrato: è una formalità, ma può anche essere vero.Quando però questa espressione l'invocano i giornalisti allora viene da pensare: che il mondo sia finito sottosopra? Da quando in qua è lecito criticare i giornalisti? Ne discende che deve trattarsi di gogna mediatica e l'espressione guardata con così compassionevole superiorità dalla stampa diventa improvvisamente arma di difesa (e di offesa).Per la verità, quando tocca ai giornalisti   salire agli onori delle cronache, magari quelle di un blog,  in quanto partecipanti alla gara a chi scrive più insulti su un certo personaggio, ci vanno giù pesanti e insieme a gogna mediatica parlano di liste di proscrizione, pestaggi mediatici e manganellate, sempre mediatiche, raccogliendo le simpatie anche di chi prima li accusava a sua volta di gogna mediatica. Ma questo avviene perchè sanno scrivere meglio e perchè, quando non scrivono male su di te, devi ingraziarteli, per fare bella figura.Sentite cosa dice quel covo di sovversivi dell'Ordine dei giornalisti (che molti vorrebbero abolito, del resto):
Il giornalista ha il dovere fondamentale di rispettare la persona, la sua dignità e il suo diritto alla riservatezza e non discrimina mai nessuno per la sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche.
[...]  Il commento e l'opinione appartengono al diritto di parola e di critica e pertanto devono essere assolutamente liberi da qualsiasi vincolo, che non sia quello posto dalla legge per l'offesa e la diffamazione delle persone.
[...]  Il giornalista non può discriminare nessuno per la sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche. Il riferimento non discriminatorio, ingiurioso o denigratorio a queste caratteristiche della sfera privata delle persone è ammesso solo quando sia di rilevante interesse pubblico.
Esempi dei suddetti precetti, riferiti a un noto comico capopopolo, ai suoi eletti e ai suoi elettori:
"giornalista al giorno da lapidare", "solita prosa malata", "spasmi biliosi e la patologia ossessiva" "i suoi garzoni sbraitano contro tutti" "questo strampalato [...] che farnetica di assalti e di vendette, sta diventando troppo minaccioso e il suo incitamento all’offesa persecutoria contro i cronisti e gli opinionisti è ormai una forma di teppismo politico" "c’è qualcosa di peggio dell’orrore che [...]  ha mandato dentro il palazzo della politica; significa che c’è un fuori dove si deposita altro orrore" "il furore sta trasformando gli ex ingenuotti del [...] in funzionari fanatici" "Il loro codice di rapidità e di fuoco diventa sempre più eversivo" "digitalizzazione grottesca e caricaturale del futurismo di guerra" " È vero che [...] non è ancora terrorista né camorrista né mafioso. Sempre più però il suo codice di violenza, i suoi roghi, le sue scomuniche, i suoi avvertimenti, i suoi manganelli foscamente rimandano alla “sgrammatica” dei terroristi, dei camorristi, dei mafiosi."
 A un certo punto, la Carta dei doveri del giornalista dice anche, alla voce Rettifica e replica :
Il giornalista rispetta il diritto inviolabile del cittadino alla rettifica delle notizie inesatte o ritenute ingiustamente lesive.
Rettifica quindi con tempestività e appropriato rilievo, anche in assenza di specifica richiesta, le informazioni che dopo la loro diffusione si siano rivelate inesatte o errate, soprattutto quando l'errore possa ledere o danneggiare singole persone, enti, categorie, associazioni o comunità.
Il giornalista non deve dare notizia di accuse che possano danneggiare la reputazione e la dignità di una persona senza garantire opportunità di replica all'accusato. Nel caso in cui ciò sia impossibile (perché il diretto interessato risulta irreperibile o non intende replicare), ne informa il pubblico. In ogni caso prima di pubblicare la notizia di un avviso di garanzia deve attivarsi per controllare se sia a conoscenza dell'interessato.
Niente sembra così lontano dalla realtà come questa Carta. Purtroppo, aggiungo. C'è un comico a capo di un movimento che non è certamente una mammola e usa un linguaggio assai colorito. Diciamo la verità, spesso insulta. Ma c'è anche una stampa, quasi tutta in realtà, che replica da par suo a quelle parole con esempi come quello sopra riportato e che anche quando non è attaccata dal comico non gli risparmia le paroline dolci. E fin qui tutto bene: se di spada ferisci di spada perisci. Ma perchè invocare la gogna, le liste o i pestaggi? Specialmente se altri, al posto suo, invece di presunte liste fanno partire vere querele, a volte anche intimidatorie? Se la stampa non può essere soggetta a critica allora è giusto farlo. Se questa critica in qualche modo inibisce la libertà di stampa, allora è giusto farlo. Ma se non accade niente di tutto questo perchè piangere, di quel pianto che assomiglia tanto al chiagne e fotte montanelliano?
Quanto agli insulti  di questi ultimi tempi alla giornalista Maria Novella Oppo su Facebook, dico che sono indecenti e incivili ed esprimo la mia completa solidarietà alla giornalista, pur non condividendo quasi niente di quello che scrive. Faccio però notare che, sempre su Facebook, nella pagina del giornale nel quale lavora Maria Novella Oppo, alla notizia dell'elezione del nuovo segretario della Lega Salvini si possono leggere una sfilza di insulti leggermente meno grevi di quelli riservati alla giornalista. Va bene, una è una giornalista e l'altro un uomo politico, ma forse sarebbe bene stigmatizzare in entrambi i casi. Del resto, anche un giornalista come Porro ha  narrato, qualche anno fa,  di aver subito delle sgradevoli attenzioni verbali. E non nè il primo nè l'ultimo attaccato e insultato, e non dal comico. Vale quanto detto in precedenza: perchè una no e l'altro sì?Perciò, vogliamoci tutti quanti bene e insultiamoci allegramente, senza invocare per sè regole che non valgono per gli altri. Se è vero che la libertà di stampa è un diritto da difendere con le unghie e coi denti, la libertà d'insulto  da quali regole è tutelata? E questo dovrebbe valere per tutti.

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