L'importanza della famiglia ©
-Si può sapere che fine hai fatto? Non dirmi che mi hai dato buca! Giuro che ti tolgo l’accesso alla cucina! Seriamente, Mela… non lasciarmi solo… daaai! Pensa che Lor porterà con sé una misteriosa ragazza! Non ti puoi perdere l’evento!-
Davide inviò l’sms ed attese, calandosi le mani nelle tasche del pesante cappotto. Quasi tutti i suoi parenti erano arrivati e di Melania non c’era traccia. La donna gli aveva promesso di fargli compagnia in quella serata per il compleanno di suo nonno, ma nelle ultime settimane si era comportata in maniera strana. Il pensiero che forse quell’invito l’avesse messa a disagio per le implicazioni correlate al contesto “famiglia-evento importante” l’aveva sfiorato, ma non poteva essere. Conosceva Melania da una vita e tra loro c’era sempre stata solo amicizia e l’assenza di un filtro tra il cervello e la lingua di lei, rendeva impossibile il pensiero che forse per lei non fosse più così. Avevano passato molto tempo insieme ultimamente, ma non in maniera diversa del solito. “Ma sì, dai… se per lei fosse cambiato qualcosa se ne sarebbe di sicuro uscita con –Senti, ci ho pensato… dovremmo metterci insieme, solo per togliermi un dubbio!- o cose così” pensò ridendo. Ma non era successo niente di tutto ciò. Tirò fuori il cellulare dalla tasca e controllò se fosse arrivata una risposta: niente. «Davide…» La voce familiare e delicata arrivò alle sue orecchie mandandogli un brivido lungo la schiena. Non poteva essere lei, non dopo tutto quel tempo. Deglutì e molto lentamente si voltò in direzione della voce. Ferma sotto un cono di luce, con nuvolette di fiato condensato a danzargli intorno alla bocca c’era Elena. Il cuore nel petto di Davide fece una capriola prima di fermarsi, lo stomaco gli si aggrovigliò ed il tappo che aveva messo ai ricordi di loro due insieme, saltò via, inondandogli la mente con immagini, suoni e profumi. Era sempre bellissima, con i suoi lunghi capelli rossi e gli occhi verdi. Le efelidi sul suo naso erano più marcate del solito, le succedeva sempre quando faceva troppo freddo o troppo caldo. Lui era solito baciarle la punta del naso in quelle occasioni, la trovava adorabile. Strabuzzò gli occhi e scosse la testa, rendendosi conto che era passato troppo tempo senza risponderle. «E-Elena» balbettò «Ciao! Ehm… da quanto tempo…» Lei sorrise imbarazzata, le mani guantate chiuse in due pugni stretti allo stomaco. «Sì… è passato un po’…» Lui la guardò ancora un po’, poi azzardò un passo per stringerle la mano, darle una pacca sulla spalla “Magari le do un bacio sulla guancia” si disse. Elena si irrigidì ma non indietreggiò, impacciati allargarono le braccia e si accolsero. Il tempo parve fermarsi e tornare indietro, l’ultimo anno e mezzo venne strappato via dalla pelle di Davide che la strinse ancora di più a sé e ne inalò il profumo speziato. Pochi istanti dopo finalmente trovò il coraggio di lasciarla andare. Indietreggiò di un passo e con le mai ancora poggiate sulle spalle di lei, ne agganciò lo sguardo. «Come… come stai?» «Bene… bene davvero… e tu?» Lui scrollò le spalle. «Ora bene…» Lei arrossì lievemente e la gioia esplose nel cuore di Davide. «Che ci fai qui? Cioè… che coincidenza!» le disse sorridente. «Nessuna coincidenza…» replicò lei «Sono… sono stata invitata…» Una lama di ghiaccio attraversò lo stomaco dell’uomo. Un terribile pensiero poi si piantò nella sua mente: la ragazza misteriosa di Lorenzo. “No… non può essere lei, no! Io… io lo ammazzo” pensò. Si costrinse a sorridere e si schiarì la gola. «Invitata…» tolse le mani dalle sue spalle «Da… Da Lorenzo, immagino…» La fronte di lei si corrugò, un sorriso imbarazzato le tese le labbra. «Lorenzo… tuo cugino? No… direi proprio di no» Davide si costrinse a non inginocchiarsi a terra per ringraziare il cielo. «Ma… allora…» sgranò gli occhi e fece un’espressione buffa «Non sarà stata mia madre? Vero?» Elena scoppiò a ridere ed il cuore di lui si fermò di nuovo. Quel suono gli era mancato davvero tanto. «Rilassati…» disse lei «Mi ha invitata Mela…» «M-Mela… la mia Mela?» Si pentì subito di essersi espresso in quel modo, ma Elena non parve farci caso, anzi, replicò: «La ‘nostra’ Mela… sì… lei…» «Non… io non capisco…» Gli occhi verdi di lei si incupirono all’improvviso ed abbassò lo sguardo. «Hey…» si preoccupò lui, sollevandole il mento con un dito «Che succede?» Elena fece un gran respiro e riversò addosso a Davide una marea di parole e segreti senza sosta, con il timore che se si fosse fermata anche un solo istante per respirare, non avrebbe più trovato il coraggio di continuare.
«Allora? Che si dice?» chiese Lorenzo, accavallandosi sopra Melania. Entrambi si erano nascosti in un angolo buio, a spiare le mosse di Davide. Il cellulare di lei suonò, estrasse l’apparecchio dalla tasca del cappotto e lesse l’sms. «Agh… è Davide… di nuovo! Si sta preoccupando…» guardò l’ora sul display del telefono «Dove diavolo è finita Elena?» Lorenzo si poggiò ancora di più sulle spalle della donna, facendole perdere l’equilibrio e spingendola oltre il loro nascondiglio. In fretta tornò dietro l’angolo e tirò un pugno sul petto del ragazzo. «Sei impazzito? Vuoi mandare all’aria il mio geniale piano?!?» lo rimproverò. «Scusa! Volevo solo vedere che succede!» si giustificò lui. «Cosa vuoi che succeda? Tuo cugino sta per dare i numeri ed Elena è in ritardo!» «Arriverà» la confortò lui «Sembrava decisa a farlo…» Melania sospirò. «Sì… sembrava…» «Hey…» la riprese lui, dandole una leggera gomitata «Dove hai ficcato il tuo ottimismo?» Lei gli lanciò uno sguardo truce. «Probabilmente dove ficcherò il mio pugno se non la smetti di colpirmi!» Lorenzo scoppiò a ridere. «Proprio una boccuccia delicata, eh!» «Mi rapporto solo a chi ho di fronte…» «Auch! Questa era proprio…» «Sssst!» lo zittì «Eccola! È arrivata!» Subito Lorenzo si caricò nuovamente sulle spalle di Melania, che prontamente lo spinse indietro. «Hey! Che ti ho detto prima?!?» «Scusa! Ma voglio vedere anche io!» «Ok! Ma fai con calma!» Sospirò, si affacciò oltre l’angolo del palazzo e Lorenzo, con calma, poggiò il proprio mento sulla sua spalla, accucciandosi dietro la donna. «Cosa pensi si stiano dicendo?» le sussurrò sulla guancia. Un brivido scese lungo la schiena di Melania che improvvisamente divenne conscia del corpo di Lorenzo spalmato addosso. Si schiarì la gola e scosse lievemente la testa. «Non so…» rispose «Ma spero sia qualcosa tipo “Ciao Davide – Ciao Elena – Ti amo – Ti amo – sposiamoci!”» Lorenzo rise ed il suono penetrò dentro Melania, rimbalzandole dalla testa allo stomaco. «Sicuramente sarà quello l’epilogo… ma credo che prima si diranno un po’ di altre cose…» bisbigliò lui. «Beh… sì… parafrasavo… oh!» esclamò sollevandosi di scatto, dando un’involontaria testata al naso di Lorenzo. «Guarda! Guarda!» continuò noncurante dei lamenti del giovane «Sì baciano! Si baciano!» cinguettò voltandosi e saltellando. Lorenzo si era schiacciato le mani sul naso e con gli occhi stretti soffocava una valanga di parolacce. «Hey… stai bene?» gli chiese. Lui aprì un occhio lucido e le lanciò uno sguardo torvo. «Bi hai dato uba testata» rispose in tono nasale. «Scusa, non l’ho fatto apposta!» Allungò una mano su quelle di lui e le spinse via. «Fammi vedere…» Si avvicinò e sollevò il mento del ragazzo osservando da vicino l’entità del danno. Lorenzo restò immobile, inalando il profumo fruttato di Melania. Le dita di lei scorsero delicate intorno al punto dolorante e lui dimenticò per quale ragione stesse imprecando fino a poco prima. Gli occhi grandi e scuri di lei incontrarono i suoi, una nota di divertimento li rese brillanti anche nel buio e Lorenzo si ritrovò a deglutire a vuoto. «Esagerato» disse lei «Non ti sei fatto niente!» Lui restò immobile a fissarla per un po’, poi scosse la testa. «Niente… no… niente…» Lei lo guardò confusa. «Oddio… forse ti ho colpito in testa, non sul naso…» Lorenzo strabuzzò gli occhi e tossicchiò una risata. Allontanò le mani di lei dal proprio volto ma le tenne strette nelle proprie. «Con la testa dura che ti ritrovi è già tanto se non mi serve un’operazione chirurgica!» Melania sollevò un sopracciglio e fece scoccare la lingua contro il palato. «Ti avrei fatto comunque un favore!» Lui spalancò la bocca. «Ma è possibile che ne hai sempre una?!?» «Ho fatto coppia fissa con il demonio per metà della mia vita, mi sono dovuta preparare!» replicò lei. Entrambi scoppiarono a ridere. «Andiamo?» propose lui. Lei si sporse oltre l’angolo del palazzo che li nascondeva. Davide ed Elena non c’erano più. «Sì, via libera!» E muovendosi si rese conto che le sue mani erano ancora strette in quelle di lui.
Il campanello suonò e Roberto scattò in piedi. «Vado io» disse fermando suo padre «Sarà il ritardatario di Lorenzo…» Angelo si rimise a sedere mentre suo figlio si dirigeva verso la porta. L’anziano tornò a guardare tutte le persone che riempivano il suo salotto: c’era Gabriella, la moglie del suo Robertino, bellissima come sempre ed un po’ meno triste dell’ultima volta in cui l’aveva vista. C’era anche Carlotta la figlia di Roberto e Gabriella, insieme a Sergio, suo marito, e le splendide figlie Alice e Serena; su una sedia era seduta Valeria, la sua secondogenita, ed il marito Aurelio; sul divano accanto a lui c’era Anna, la sua ultimogenita, l’aria sempre stanca, ma quella sera irradiava felicità, forse per merito di suo figlio Davide che li aveva sorpresi tutti presentandosi con Elena, la sua ex, ormai non più ex, anzi, futura moglie. Quella notizia aveva cambiato l’atmosfera nella casa e lui ne era lieto. Spostare l’attenzione dal proprio compleanno era sicuramente il regalo più bello che potesse ricevere. Senza la sua Serenella non aveva poi molto da festeggiare. «Guardate un po’ chi c’è!» La voce di Roberto lo distolse dai suoi pensieri. Scosse la testa e guardò il ragazzo in piedi accanto a suo figlio. Non lo vedeva da anni, ma il viso era sempre lo stesso, solo più maturo. Accanto a lui c’era Melania, la migliore amica di suo nipote Davide. Si chiese subito se fosse una coincidenza che fossero arrivati insieme, ma poi l’occhio gli cadde sulle mani dei due. Non erano unite, ma i loro mignoli si sfioravano, quasi come se entrambi si stessero sforzando di tenersi separati. Rise e si alzò lentamente mentre il nipote si avvicinava a salutarlo. «Nonno…» Anche la voce del ragazzo era cambiata. Più profonda, più sicura. Aveva perso quel guizzo di freschezza di un tempo… ma non poteva essere colpa degli anni. «L’ultima volta che ti ho visto, portavi il pannolino… e l’ultima volta che ti ho sentito chiamavi tua madre “nana”…» lo rimproverò bonariamente. Le guance di Lorenzo si tinsero di rosso. «Lo so… scusa…» Angelo scoppiò in una risata roca, gli diede un buffetto sul viso e disse: «Non scusarti… tutti i giovanotti hanno voglia di navigare, e se non trovano la giusta ancora» su quella parola l’occhio gli cadde sulla donna poco dietro il nipote «Tendono a perdersi nell’oceano… l’importante è tornare a riva… no?» Il ragazzo annuì e poi si fece da parte, per lasciare che anche Melania porgesse i suoi saluti. «Signor Angelo… buon compleanno!» Il vecchio la abbracciò. «Ah… ragazza mia… mi aspettavo di vederti arrivare con Davide…» Melania arrossì imbarazzata. Si morse il labbro inferiore e rivolse uno sguardo colpevole all’amico. «Me lo aspettavo pure io» intervenne Davide «Ma evidentemente la mia cara amica aveva altro per la testa» Le rivolse poi un sorriso radioso stringendo a sé Elena. «Scusa per l’imboscata…» iniziò lei. «Non ti azzardare» la bloccò «Non hai davvero niente di cui scusarti… è l’imboscata più bella della mia vita!» Così dicendo posò un bacio sulla fronte della fidanzata. «Dovresti ringraziare anche lui» replicò Melania, indicando con la testa Lorenzo «Mi ha aiutata ad organizzare tutto e a convincere lei…» Gli occhi di Davide volarono sul cugino che lo stava guardando con un sorriso a ebete. Lasciò le spalle di Elena e si diresse ad abbracciarli entrambi. «Grazie…» disse trattenendo le lacrime. «Andiamo a tavola!» esclamò Gabriella «Ci darete tutti i dettagli di fronte alla lasagna, se no si fredda!» «Non me lo faccio ripetere due volte» ribatté Melania, scatenando una risata generale.
La serata trascorse in serenità. Davide ed Elena spiegarono la loro storia e, nonostante la difficile situazione, si dichiararono pronti a non farsi abbattere. Lorenzo trovò il coraggio di parlare dei suoi dieci anni passati ad inseguire un’illusione e si disse pronto ad affrontare la realtà dei fatti. Roberto e Gabriella si tennero per mano orgogliosi della propria famiglia. E poi si passò al momento dei ricordi. Storie di famiglia, aneddoti divertenti e momenti topici della vita di ognuno di loro. «Ma ve li ricordate i pupazzi di neve di nonna Serena?» esclamò con gioia Carlotta. I cugini si guardano sorridenti. «E chi se li scorda! Io ne andavo matto!» rispose Lorenzo. «Io è grazie a quelli se mi sono appassionato alla cucina!» aggiunse Davide. «Scusate…» intervenne Melania «Ma cosa sono i pupazzi di neve? Cioè… io lo so cosa sono… ma non penso voi stiate parlando degli ammassi di neve che si fanno da bambini…» Angelo rise. «No, ragazza mia… i pupazzi di neve erano la specialità della mia Serenella… erano dolci…» «Nonna li preparava con bigné medi e piccoli farciti, accoppiati a due a due, ricoperti di cioccolato bianco e decorati come pupazzi di neve appunto...» spiegò Davide «Tu li avresti adorati!» Melania con la bocca ancora spalancata annuì. «Perché non me li hai mai fatti?» lo rimproverò, dandogli un pizzicotto. Lui ritirò velocemente il braccio. «Ouch!» si lamentò ridendo «Hey… non l’ho fatto apposta! Ma il genio nella replica di quei pupazzetti è sempre stato Lorenzo!» si giustificò. Melania sgranò gli occhi sorpresa e si voltò verso Lorenzo. «Ma davvero???» Lui annuì orgoglioso. «Nonna mi diceva sempre che un giorno sarei diventato più bravo di lei!» «Questo non lo sapevo…» commentò Roberto. Lorenzo scrollò le spalle. «L’unica volta che te li ho preparati non li hai voluti assaggiare… eri arrabbiato per qualcosa che avevo combinato e non avevi capito che quello era il mio modo per chiederti scusa…» appallottolò una mollica di pane tenendo lo sguardo fisso sul piatto vuoto «Credo di non averci più provato poi…» «A fare i pupazzi?» domandò il padre. Lui scosse la testa in segno di diniego. «A chiederti scusa…«rispose sollevando lo sguardo » Ho semplicemente smesso… e mi dispiace…» Roberto sorrise al figlio ma non riuscì a trovare parole da rivolgergli, se avesse aperto bocca, avrebbe iniziato a piangere e non era da lui. «La mia Serenella li preparò per la prima volta proprio per te» intervenne Angelo, guardando Roberto «Ti ricordi?» L’uomo annuì.
«Tu adoravi la neve e giocare con la neve… ma quell’anno non ne cadde nemmeno un fiocco… nemmeno uno!» proseguì «Ogni mattina ti alzavi correndo alla finestra per controllare se avesse nevicato ed ogni sera ti coricavi pregando che nevicasse… ma niente… giorno dopo giorno perdevi il sorriso e le speranze, e tua madre non lo poteva permettere… ed allora un giorno è tornata a casa e mi ha detto “Angelino! Se la neve non si decide a scendere, la preparerò io per Robertino”… mi ricordo che mi misi a ridere… però poi lei si è messa in cucina e dopo ore ai fornelli, se ne uscì con un vassoio pieno di piccoli pupazzi di neve…» Angelo si lasciò andare contro lo schienale della sedia e socchiuse gli occhi «Quante feste hai fatto quel giorno! Dicevi “mammina! Io non la voglio più la neve vera, mi basta la tua!”» rise e tornò a guardare tutte le persone sedute alla tavola «La mia Serenella è sempre stata così… si sarebbe fatta in quattro per rendere felici tutte le persone a cui voleva bene… ed i suoi figli… ah! Quanto bene vi voleva. Diceva sempre che pregava perché le cose brutte destinate a voi accadessero a lei, perché non poteva sopportare di sapervi tristi…» si poggiò con i gomiti sul tavolo «In fondo è questo che fanno i genitori, no? Pregano perché i figli possano essere sempre felici… ma lo sanno che non si può… ed allora ecco che facciamo: vi insegniamo ad affrontare le difficoltà… o almeno ci proviamo… e vi diciamo “vivete la vostra vita, inseguite i vostri sogni e non abbiate paura di trovare qualcuno disposto a condividere l’esperienza insieme a voi”… e a volte ci date retta ed altre no…» i suoi occhi si posarono su Davide ed Elena «Ma il compito di un genitore, non è farsi ascoltare e dare retta… il compito di un genitore è esserci, sempre! I figli potranno pure non ascoltare» guardò Lorenzo «Ma finché parliamo, finché gli diciamo cosa è giusto e cosa no» gli occhi su Roberto «Allora avremo fatto il nostro compito… avremo compiuto il nostro dovere…» ora guardava tutti «Ed io vi vedo seduti qui, insieme nonostante tutto… e mi permetto di sentirmi soddisfatto del mio operato…»
Lorenzo accompagnò Melania alla macchina, la salutò e prima che lei aprisse lo sportello, disse: «Ahem… Mela…» La donna si voltò verso di lui con le sopracciglia alzate. «Sì?» «Mi stavo chiedendo» spinse le labbra in fuori «Ecco… mi chiedevo se ti andrebbe di assaggiare i miei pupazzi di neve» Le labbra di Melania si distesero in un sorriso gioioso. «Che domanda! Certo che sì!» esclamò entusiasta. «O-ok… venerdì sera?» «Sì! Da te?» «Sì… ehm… prima ti va di fare qualcosa?» Lei corrugò la fronte. «Tipo?» «Aperitivo, cinema, cena…» rispose. «Quale delle tre?» «Tutte e tre…» disse incerto. «Oh… è… è un appuntamento?» Lui fece spallucce. «Sì…? » La bocca di lei si spalancò. «Ahm… ti spiace se faccio una cosa prima di rispondere? Sai, non vorrei davvero rovinare le cose…» Lui annuì. «Prego… fai pure…» Melania si avvicinò a Lorenzo, e senza lasciargli il tempo di realizzare le sue intenzioni, si sollevò sulle punte dei piedi e lo baciò. Le loro labbra si incastrarono alla perfezione ed un formicolio si irradiò dalla bocca della donna al resto del corpo. Le ginocchia le divennero molli e se non fosse stato per la stretta di Lorenzo sui suoi fianchi, sarebbe caduta a terra. Molto lentamente si staccò da lui ed arretrò di qualche passo, con gli occhi ancora chiusi ed il sapore di quel bacio intriso sulle labbra. «Wow…» commentò lui. «Sì…» rispose lei «Accetto l’invito…» «Mi auguro tu non risponda così a tutte le domande che ti fanno…» scherzò lui. Lei arrossì lievemente. «Ahm… no… in genere aspetto il quarto appuntamento…» Lorenzo la guardò confuso, ma prima di capire lei era già salita in macchina.
UN MESE DOPO:
«Angelo… Angelino… svegliati!» L’anziano aprì lentamente gli occhi. Si mise a sedere e si rese conto di essere steso su un manto di neve e macerie. Si guardò intorno confuso. «Angelo… stai bene?» Si girò alla propria sinistra e sorrise al volto della donna che lo stava chiamando. «Ora sì… ora sto bene, Serenella mia…»
FINE
Vera ©