Nell'astrusa matassa entro la quale si aggrovigliano i problemi del nostro pianeta negli ultimi trenta/quarant'anni, quello ecologico è sicuramente il più inquietante, quello le cui dimensioni sono destinate a crescere in maniera costante. Con il boom industriale, l'espansione quantitativa della produzione, lo sfruttamento delle risorse, la moltiplicazione dei consumi hanno superato in quasi tutti i paesi i limiti di compatibilità tra il vivere dell'uomo e l'ambiente naturale. Tutto ciò è accaduto da quando il bisogno umano ha teso le mani verso il benessere e la comodità, dimenticando la formula dello " stretto indispensabile " che abbraccia il valore dell'essenziale, dell'economia dei piccoli gesti.
L'ultima frontiera espugnata dall'uomo - la luna - ha fatto trionfare la convinzione che nuovi spazi e nuove possibilità siano, nel tempo, continuamente raggiungibili e capaci di condurre l'uomo sempre più lontano, sempre più oltre. È da questa convinzione che scaturisce una profonda contraddizione tra l'ambiente naturale e le rivoluzioni dell'uomo, che nel tentativo di aumentare il proprio benessere finisce per costruirsi una lenta rete autodistruttiva, attraverso la devastazione del suo habitat.
Già nel 1973, con il film " La forma della città", Pasolini aveva anticipato questa contraddittorietà umana denunciando la deturpazione del paesaggio naturale, urbano e sociale determinato dal capitalismo dei consumi.
Eccesso di consumismo, produzione irrazionale, inquinamento dei mari e dell'atmosfera, accumulo indistinto di rifiuti e discariche a cielo aperto, sfruttamento incessante delle risorse, catastrofi ecologiche a seguito di incidenti nucleari: non siamo a Malebolge, siamo ancora sulla Terra. E questo caos infernale è una pericolosa minaccia per la salute e l'equilibrio globale del pianeta, che è anche minaccia per la salute e l'equilibrio globale dell'uomo. Già nell'Ottocento, durante i primi anni della rivoluzione industriale, nascevano le prime preoccupazioni per la devastazione ambientale, quando si notavano, ancora confusamente, le conseguenze che le prime fabbriche procuravano al paesaggio e alla vita di coloro che vi lavoravano o che abitavano nelle vicinanze. Con l'avanzare della modernità e l'impatto del boom economico sono cresciuti i danni e le preoccupazioni, che non riguardano più solo l'ambiente circostante, ma l'intero pianeta, la disponibilità delle risorse, l'equilibrio geografico e climatico.
È per questo che l' Earth Day è un momento importante per riflettere e per agire su cosa sia possibile operare per tentare di non peggiorare la salute ecosistemica. La società dei consumi e dello spreco ha ridotto la natura a uno scheletro disumano e in molti paesi del mondo si stanno tentando varie " ecosoluzioni". In Francia, il ministro dell'Ecologia Delphine Batho ha emanato un decreto che ordina a tutti i negozi e agli uffici di abbassare le luci e limitare le ore di illuminazione, in particolare la notte quando è inutile lasciare tutto acceso. In Russia - uno dei paesi più inquinati della Terra - Putin ha promesso di ripulire la più grande pattumiera nucleare del mondo, una discarica gigantesca nascosta sotto ai ghiacci nel mar di Kara, dove dagli anni di Stalin si accatastano sostanze pericolosissime. In Amazzonia un ingegnere forestale, Paulo Borges, sta portando avanti un progetto per salvare gli alberi: inserire dei microchip, a mo' di sigillo di qualità, per monitorare la legalità con cui le aziende lavorano e combattere il mercato illegale.
L' Earth Day è un evento simbolico ma concreto per riflettere sulla salute del pianeta, sulla gravità dei problemi ecologici e la lotta alla sopravvivenza. Non si può più vivere di spreco, di eccesso, soprattutto in un momento come questo di forte recessione. L'espansione produttiva degli ultimi anni si è svolta in modo particolarmente dissennato, facilitata dalle politiche liberiste, ma ora si dovrebbe cercare di limitare la crescita, frenare il volume dei prodotti che si accumulano intorno a noi, guarire dall' horror vacui di cui il consumismo ci ha infettato.
La storia di questa città è singolare e in modo fiabesco inquadra una situazione reale che diremmo oggi profetica, dove detriti, liquami, rifiuti di ogni genere si accumulano e compongono un unico sterminato immondezzaio che rischia di ricoprire l'intera città. Leonia è la metafora del nostro pianeta, e l'immondezzaio che la invade è l'allegoria apocalittica del capitalismo dei consumi, mostro disumano capace di distruggere i vari modi di essere uomo. Il mondo in cui viviamo è specchio della nostra umanità, del nostro " essere nel mondo". Indietro non si torna. Ciò che ormai è perduto non può tornare in vita, il paesaggio devastato è una realtà senza redenzione. Ma si può e si deve salvare il salvabile, cambiare la prospettiva e cominciare a pensare al futuro non più sulla base del consumo, ma in base a un nuovo rapporto con esso, più equilibrato e rispettoso per l'ambiente, e difendere e valorizzare quello che di sano e naturale c'è ancora. Come suggeriva Calvino nel finale de " Le città invisibili": " cercare e sapere riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio ".
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