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Eav: abortita la fusione, al via una bad company mascherata

Creato il 08 maggio 2012 da Ciro_pastore

EAV: ABORTITA LA FUSIONE, AL VIA UNA BAD COMPANY MASCHERATA La fusione (un bambino mai nato) lascia il posto ad una scorporazione EAV: ABORTITA LA FUSIONE, AL VIA UNA BAD COMPANY MASCHERATA Dietro il progetto di scorporazione (rete/trasporto) c’è il tipico intento di “pubblicizzare le perdite e privatizzare i profitti”? Dopo un anno speso (anzi perso) a parlare di fusione come panacea di ogni male, ecco che il bambino mai nato diventa un aborto di cui nessuno sembra voler assumere la scomoda paternità. Eppure, ai primi di gennaio di quest’anno, era stato varato un pretenzioso organigramma di vertice, che aveva creato non pochi malumori tra l’establishment dirigenziale. Ora, a distanza di poche settimane, alcuni di quei dirigenti, presunti “maltrattati”, sembrano avviarsi (volenti o nolenti) verso altre collocazioni nell’ambito della galassia EAV e qualcun altro (due almeno) sembra addirittura in procinto di essere sacrificato sull’altare dei tagli. Ma, c’è una vittima altrettanto incolpevole: la fusione. Prima una soluzione praticabile, ora idea da abbandonare in fretta e furia. È vero, ci sono difficoltà di ordine giuridico-finanziario legate alla situazione Metro Campania Nordest (ex Alifana), che impediscono formalmente che il progetto fusione prosegua speditamente. Ma, al di là dei pur seri e concreti motivi ostativi, la verità è che finalmente qualcuno ha compreso che la situazione di crisi delle aziende del gruppo è tale che non poteva certo essere la fusione la soluzione. Viviamo una crisi (allo stesso tempo acuta e strutturale) che, inserita nel contesto altrettanto deficitario del dissesto delle finanze regionali, richiede decisioni drastiche, quasi disperate. Altro che i pannicelli caldi offerti dalla fusione, che poco potrebbe incidere sulla drammatica situazione economico-finanziaria delle aziende del gruppo EAV. Quindi, definitivamente accantonata l’ipotesi fusione, non resta che la rapida divisionalizzazione in Rete e Trasporto, previo il tentativo di sbolognare a RFI la patata bollente METROCAMPANIA. Quest’ultima, peraltro ha un solo assett realmente interessante: le tracce sulle linee di RFI stessa. In sostanza, però, si anticipano soltanto i tempi rispetto alla road map già prevista. Infatti, la fusione doveva essere meramente prodromica alla scorporazione, che sarebbe sopraggiunta comunque. L’intento iniziale era quello di provare a dare un’aggiustata ai conti prima di procedere con la scorporazione, che a sua volta doveva preparare la privatizzazione della divisione Trasporto. Invece, il precipitare della situazione complessiva regionale, obbliga ad anticipare la fase di scorporazione, per evitare che si arrivi anzitempo al collasso definitivo. La scorporazione, così come verrà attuata, ovviamente, costituisce una versione edulcorata della ormai consolidata tecnica della bad company con annessa newco. Nella tipica applicazione italica, inoltre, la bad company (Rete) farà da collettore di tutti i debiti pregressi e di ogni inefficienza strutturale, nella logica di accollare al pubblico (cioè tutti noi) le perdite accumulate in anni di sprechi e diseconomie. D’altro canto, la newco (Trasporto), liberata da ogni orpello occupazionale e mondata dal debito pregresso, potrà essere messa sul mercato, dove famelici privati attendono con ansia di poter incamerare i profitti, che pur sempre possono scaturire da un settore, comunque, lautamente foraggiato dalle sovvenzioni pubbliche. È chiaro a tutti, infatti, che così caricate di debiti e di personale, queste aziende non siano per nulla collocabili sul mercato. Ma, una volta ripulite e rese appetibili dalla dote pubblica dei contratti di servizio, è facile immaginare che vecchi monopolisti (Trenitalia) o nuovi competitor (NTV) saranno interessati ad un affare sinergico con il loro core business. Peraltro, entrambi hanno la volontà di tenere lontani concorrenti stranieri che potrebbero insinuarsi nelle trattative e, magari, potrebbero cedere alla tentazione di fare cartello protezionistico. In mezzo, come asini fra i suoni, ci sono i lavoratori che, resi malleabili da anni di voci contradditorie e da minacce, prima retributive e poi occupazionali, sembrano aver smarrito qualsiasi capacità di reazione. Il ruolo finora gregario dei sindacati ha, infatti, indebolito una categoria che nei decenni passati aveva saputo costituire una forza sociale con un ruolo guida nelle politiche di rivendicazione salariale e normativa di questo Paese. La paura instillata nei singoli lavoratori sta determinando, così, uno scollamento generalizzato sia rispetto al senso di identità che riguardo alla capacità di organizzare una reazione che non sia scoordinata e priva di ogni possibilità di influire sull’esito della crisi. Oggi, chi più chi meno, i lavoratori del TPL sembrano irrimediabilmente solo gli “agnelli sacrificali” di un sistema che li vorrebbe già sconfitti. Molti, purtroppo, sembrano già assuefatti al peggio, quasi come se il peggio, tutto sommato, fosse una liberazione dalla paura che li ha attanagliati. Eppure, c’è ancora qualcosa che si può fare. Si può contrapporre all’inesorabile declino di una categoria, ed al suo smembramento, una strategia coraggiosa di proposte alternative a quelle ordite da politica e sindacati alle nostre spalle. Una strategia fatta anche di aumenti di produttività e di rinunce retributive, ma con un unico punto fermo: la salvaguardia assoluta dei livelli occupazionali. Solo se saremo capaci di proporre noi stessi soluzioni drastiche, riusciremo a smascherare ed impedire il processo di dissoluzione in atto. È arrivato il momento di prendere in mano i nostri destini, non fidandoci più dei soliti pifferai magici. Ciro Pastore – Il Signore degli Agnelli

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