Nel giro di qualche mese, la polizia londinese ha la necessità di reperire almeno 500 milioni di sterline, una cifra enorme che, tuttavia, neanche l’apertura del museo potrebbe garantire. Uno studio di fattibilità stilato dall’autorità cittadina ha, infatti, calcolato gli ipotetici introiti del Black Museum in meno di 20 milioni di sterline annui (poco più di 20 milioni di euro). Lo studio, a dire il vero, è stato fatto ipotizzando una mostra temporanea, della durata di tre mesi, con biglietto d’entrata di 15 sterline; risultato: 4,5 sterline di incasso. Tant’è, con un museo probabilmente l’incasso sarebbe anche minore. Per questo, i vertici di Scotland Yard hanno annunciato la vendita della storica sede e un trasloco in un edificio più economico.
Tornando all’idea del museo, tuttavia, non si tratta di certo di una boutade estiva. Il materiale c’è, e abbondante, e curioso. Tra i tanti reperti ci sono le armi usate dai più famosi serial killer d’Inghilterra in omicidi storici, gli oggetti della banda che fece la "grande rapina al treno" nel 1963, i cappi usati per le impiccagioni dei condannati a morte e le lettere di Jack lo Squartatore. Tra quest’ultime anche quella in cui il serial killer sbeffeggia la stessa polizia che indaga sui suoi crimini, annunciando che non vede l’ora di ritornare a compierne.
La raccolta di cimeli criminosi era consistente già sul finire dell’Ottocento. Del 1875 è l’idea di utilizzarli, non tanto per mostrarli al pubblico quanto piuttosto per dare lezioni pratiche ai poliziotti sui modi di individuare e prevenire i crimini. Quasi 150 anni dopo l’esigenza è un po’ diversa, la polizia londinese ha un disperato bisogno di fondi, tanto che anche un personaggio dalla malvagità leggendaria come Jack lo Squartatore potrebbe, con un secolo e mezzo di ritardo, dare un aiuto consistente alla giustizia.
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