Ecco i racconti gratuiti del Lite Match di Lite Editions

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#LITE MATCH Disponibile da subito il Download gratuito dei racconti Lite Match di Torino, ecco il link. Abbiamo selezionato per voi i tre racconti dei tre finalisti di Lite Match. Sul nostro sito potete scaricare gratuitamente tutta la raccolta con i racconti di tutti e sei i partecipanti.  Il vincitore del primo Lite Match è stato Lorenzo Spanò, pensate che i giudici abbiamo deciso bene? JACOPO LANDI - UN CAVALLO Questa non è una storia ma il tumultuoso racconto di ammiccamenti tra picche e bacini. Santificazione del piacere carnale come fuga da questo mondo di why senza because. Il mio nome ? Chiamatemi Horse. Perché ? Perché i cavalli sono delle bruttissime persone. La porta scorre. Piroette in serie. Due mondi inesistenti che entrano in collisione. Un cavallo e una Musa dagli occhi liquidi, che apre mondi e instilla idee. Il resto sono sangue, anime e condizionali spaccati su viottoli rotti e pisciati da randagi. Lei non dice il suo nome ma nemmeno chiede il mio. Non so nulla di lei. E ne soffro e ne godo. E mi eccito. Le sue pupille tremano, le mie ansimano all’idea di ciò che sarà. Non c‘è più tempo, come se ce ne fosse mai stato. Muovo un passo, da una sezione della porta a quella che la precede. Continua a mostrarmi le spalle. Non ci sono dialoghi fulminanti. Il mondo gira ed è una porta che rotea. Soli fra tutti. Il dito scava a rovistar piacere. L’orifizio, sacro tra i sacri, dapprima ulula ma poi, commosso, s’abbandona a un pianto sfrenato. E le bestemmie imprecano misericordia e le preghiere bruciano all’inferno. Le mani alzano il vestito rosso e la mia essenza si fonde alla sua. Ci muoviamo al ritmo dei nostri respiri. La bocca disegna baci danteschi che segnano il percorso per l’inferno. La volto e la mia lingua pronuncia una celestiale invocazione da coccodrillo. Giuramento dell’ipocrita perfezione, di un momento che non ritorna. Apre gli occhi. Apro i miei. Se ne viene. Vengo anch’io. Si percuote, stringendomi e graffiandomi: capelli, collo e viso. E’ inutile pensare al dopo. Abbassare il capo e cospargerlo di cenere. Ieri abbiamo costruito. Oggi ne abbiamo goduto e domani ne pagheremo il conto. Degno, stramaledetto, figlio di questi tempi. Non tornerò come auspicava quella parabola. Se la morte è l’ultima possibilità per trascendere, allora lasciatemi alla lussuria e fatemene andare venendo. Se nitrisco non sorprendetevi. Son pur sempre un cavallo... LAURA PIPINO - CONFESSIONE Affido a questo foglio la mia confessione, ringraziando Dio di saper scrivere, perché solo questo sfogo solleva la mia anima. È iniziato tutto quando raggiunsi mio fratello nei campi. Di animo crudele, ha sempre amato prendersi gioco della mia bassa statura. Quel giorno era passato dal darmi semplicemente del nano, al dirmi che ero stato lasciato sulla soglia da un circo. Furono la rabbia, il caldo e la stanchezza a portarmi ad alzare su di lui la mia zappa, conficcandogliela con violenza alla base del collo, dove le vertebre sono più morbide. Cadde a terra morto, con gli occhi sbarrati. Sconvolto dal mio stesso gesto fuggii, nascondendomi all’ombra di un canneto, pregando. Al tramonto tornai a casa, pronto alla prigione o alla pena di morte. Entrai a casa e mia madre, girando la zuppa sulla stufa, mi accolse sorridendo. Non sapeva nulla. Toccava a me confessare. Prima che potessi aprire bocca mi disse che mio fratello era già tornato. Non potei crederci finché non mi comparve davanti. Mi disse che era tardi, mi chiese se volessi farli morire di paura. Lo fissavo talmente stupito che mi chiese se avessi visto un fantasma. Quando ci trovammo soli in camera non mi disse nulla e si addormentò, ma io non ci riuscii, temendo che se avessi chiuso gli occhi mi avrebbe ucciso. Il giorno dopo riuscii a farmi assegnare al bestiame invece che ai campi, ma in casa continuò a fare battute sul fatto che lo facessi morire dal ridere o di noia. Ogni volta cercavo nel suo sguardo un’accusa, ma tutto sembrava normale. E se non l’avessi mai ucciso? Se avessi avuto un’allucinazione dettata dalla stanchezza? Dopo tre giorni mio padre lo trovò nel campo in cui avevamo lavorato assieme. Morto, con una ferita alla base del collo e già in decomposizione. È per non dimenticare questi avvenimenti, che, mentre si svolge la veglia funebre, scrivo queste memorie, su un fratello tornato dalla morte per irridermi ancora una volta.
LORENZO SPANO' - L'ALOPECIA DEL TENNISTA Il dott. Ralhberger era il manager di diversi artisti che piazzava a piacimento, come pedine. Un abile domatore di felini intellettualoidi e belve distratte. I musicisti erano le conniventi vittime sacrificali, e il più delle volte si giravano altrove per non vedere. Un circo irresponsabile. In fondo erano creativi, non ragionieri. Fuori dal coro vi erano esclusivamente le briciole. Rufus Ralhberger era spesso affaticato. Si diceva per via degli anni e dello stress, degli estenuanti ritmi di lavoro su quello scacchiere. Delle trame, le fatture, lo showbiz. Era provato. Con le forze, perdeva i capelli. Aveva come una strana malattia: l’alopecia del tennista. Così sosteneva. Calvo in testa, e l'avambraccio completamente spoglio, fino al gomito. Non un pelo. Mentre tutto il resto del corpo era attraversato da una fitta radura dalle striature grigiastre. Più si stancava, più rimaneva glabro. Nell'intimità però, era avvezzo a una chirurgica pratica che amava sottoporre a lussuriose signore di mezza età e insospettabili uomini di loggia. Depilava metà braccio, così da far scivolare bene il guanto in lattice cosparso di grasso di foca e unguenti vari. Una volta lubrificato, era più agevole avventurarsi nei meandri di quelle spaventose crepe. Un inferno catartico fra le pieghe gommose di quei corpi rivoltanti. Invasivo affondo nell’adipe. Ventose carnivore, oscenità trasudanti ingordigia. Anfratti remoti che lui ispezionava alla stregua di uno speleologo tignoso. Era un laborioso profanatore di cripte. Il doomsday device del buon gusto. Paraffina e spasmi di carne flaccida. Le dita, poi la mano, quindi un pugno chiuso, il polso, il radio e ancora oltre fino all'epicondilo. Deflagrava dentro loro. Erano le nuove frontiere della perversione e della complicità. Era l'epoca del fisting. Ma per tutti aveva solo la rarissima alopecia del tennista, una patologia inspiegabile che lo affliggeva sin dall'adolescenza. Che sciagura.
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