Come abbiamo già spiegato, i famosi numeretti sul contenitore non si riferiscono assolutamente a fantomatiche ribolliture del latte, come spiega chiaramente uno dei principali produttori di contenitori cartonati per alimenti, la Tetra-Pak.
Inoltre, riguardo alla possibilità che la legge permetta un procedimento di questo genere, fughiamo ogni dubbio con le dichiarazioni rilasciate al Corriere della sera dal Dott. Ivano De Noni, professore associato di tecnologia lattiero casearia al Distam, Dipartimento di scienze e tecnologie alimentari e microbiologiche di Milano.
«Non è affatto vero — spiega l’esperto — che la legge consenta il recupero per l’alimentazione umana del latte pastorizzato scaduto per rivenderlo come fresco. La legge prevede che il trattamento di pastorizzazione possa venire applicato solo sul latte crudo e quindi una sola volta. Che il latte non venga riscaldato ripetutamente può essere verificato attraverso analisi di laboratorio. La normativa prevede, infatti, che il latte pastorizzato risponda a requisiti di qualità evidenziabili in base a precisi parametri di danno termico sulle proteine del siero. E mi sembrerebbe ben strano — aggiunge ironico De Noni — che i produttori che contravvengono alla legge, lo scrivano sulla confezione con numerini leggibili per tutti». Altra “bufala nella bufala” del testo che circola sul web, è l’indicazione del trattamento del latte scaduto a 190 gradi. «Il latte – conclude De Noni – non potrebbe in nessun caso essere trattato con un calore così violento, perché diventerebbe marrone. E questo è un altro indice dell’assurdità del comunicato.»
Questo dovrebbe bastare per far capire l’assurdità e l’infondatezza di questa “notizia” che ha suscitato tanto clamore sul web, e non solo.
Per maggiori informazioni, vi invitiamo a consultare anche le normative vigenti in materia di latte e derivati.