La scorsa settimana, poco dopo la fine della Conferenza di Vienna sulla Siria, qualcuno si era illuso che la fine del conflitto fosse vicina. Si era illuso che il meeting di Vienna rappresentasse un nuovo “Congresso di Vienna”, che entro 18 mesi Bashar al Assad sarebbe stato messo da parte e che una nuova Siria, pluralista e democratica, sarebbe nata di conseguenza.
Come suddetto, queste aspettative probabilmente resteranno solo illusioni, o quasi. Per diversi motivi. Il primo, lampante, e’ che la Conferenza di Vienna sulla Siria non e’ il Congresso di Vienna. Al contrario del grande incontro del 1815, tra le nazioni partecipanti non esiste molto spesso un comune linguaggio e un comune obiettivo. Basti pensare che, mentre il regime iraniano intende “conservare” il potere di Assad (e del suo clan) in Siria, l’Arabia Saudita intende “rivoluzionario”, attraverso un cambiamento radicale. Tralasciando la Siria, non esiste un accordo su altre questioni internazionali che, indirettamente, si ripercuotono sul conflitto siriano. Un esempio e’ lo Yemen, dove l’Arabia Saudita intende “conservare” il precedente Governo, mentre il regime iraniano intende “rivoluzionario”, portando al potere totale gli Houthi.
Al nodo della questione siriana, insieme ad Isis, c’e’ la figura di Bashar al Assad. Nell’accordo firmato a Vienna, se per un verso si menzionano come gruppi terroristi Daesh e al Nusra (giustamente), non si fa alcuna parola dei gruppi sciiti e dei Pasdaran entrati in Siria per difendere Assad. Cosi come, altro punto chiave, non si menziona direttamente la sorte del dittatore siriano. Ecco allora che, poco dopo l’annuncio turco della non ricandidatura di Assad alle prossime elezioni Presidenziali, lo stesso “macellaio di Damasco”, rilascia una intervista alla TV cinese dichiarando di “essere pronto a ricandidarsi” se le condizioni lo permetteranno (EA WorldView). Nella stessa intervista, come ciliegina sulla torta, Assad ha bollato Erdogan di essere solo un Imam dei “Fratelli Mussulmani” e l’Arabia Saudita di essere da sempre un nemico della Siria (SANA). Più esplicito ancora, se possibile, e’ stato il Capo di Stato Maggiore del regime iraniano, il grassoccio Generale Hassan Firouzabadi. Parlando lo scorso Sabato, Firouzabadi ha chiaramente affermato che “dichiarare guerra allo Stato Islamico, mentre si scaglia contro il Presidente Assad, non e’ accettabile” (Press TV).
Purtroppo, come ha recentemente sottolineati l’ex Ministro degli Esteri Terzi in un articolo su Newsweek, senza una chiara posizione contro Bashar al Assad e contro il regime iraniano, sara’ difficile credere ad una vera risoluzione del conflitto siriano. Soprattutto perché, come denuncia Terzi, “prima di Isis e’ stato l’Iran a inventare la nozione di esportazione dell’estremismo islamico…incoraggiando l’implementazione del settarismo e il dilagante spargimento di sangue” (Newsweek). Ergo, senza una presa di coscienza di questa verità storica, la fine della violenza e la sconfitta del salafismo e dei terroristi di Isis, non sembrano realmente a portata di mano.