II mese di gennaio era trascorso con un tempo bellissimo. Erano venute le secche ed il sole compariva ogni giorno nel ciclo senza nuvole.
L’ultimo giorno del mese, un pastore di Orgosolo fece il baldanzoso, sicuro di aver scongiurato il pericolo, perché gennaio, a causa delle secche, non gli aveva ucciso neppure una pecora, salvo un agnellino zoppo, la cui perdita era del tutto insignificante. Perciò si mise a cantare a squarciagola:
«Andau ch’est Jannarju senza perun ‘irvarju,
pezzi un’amene thoppu.
Hussu cravadilu in s’ocru!»’.
(«È andato via gennaio / senza alcun danno / solo un agnello zoppo (s’è preso) / Quello ficcatelo in un occhio!»)
Ma gennaio, irritato dall’ingratitudine del pastore, si recò da febbraio che allora aveva trentun giorni, mentre egli ne aveva soltanto ventotto, e gli disse:
«Vrearju, vrearjeddu, imprestami tres dies,
ha liu aho vierea hussu verve bagliu!».
(«Febbraio, febbraietto, / prestami tré giorni, / che gliela faccio vedere / a quel pecoraro!»)
E gennaio, per vendicarsi, fece tre giorni di continua bufera, con grandine, pioggia e neve, tanto da far perire il pastore con tutto il suo gregge. Perciò i pastori della Barbagia, ancora oggi, temono gli ultimi giorni di gennaio, che di solito portano tempesta.
Da Dolores Turchi, Leggende e racconti popolaridella Sardegna