Eclissi a regola d’arte

Creato il 17 aprile 2014 da Media Inaf

Raffaello Sanzio: Isacco e Rebecca spiati da Abimelech. Palazzo Apostolico, Città del Vaticano. Affresco, 1518-1519.

Grazie alle moderne tecniche fotografiche siamo in grado di catturare un’eclissi solare in tutto il suo fulgore evanescente. Ma già secoli prima che questo tipo di tecnologia fosse a disposizione, c’è chi ha saputo fermare su tela questo fugace fenomeno astronomico con tempere e colori, via via sempre più precisamente, basandosi su osservazioni dirette, documenti scientifici e teorie attuali. Mentre si avvicina la prossima eclissi solare in calendario per il 29 aprile e che sarà visibile da Australia e Antartide, Jay M. Pasachoff e Roberta J.M. Olson hanno raccolto su Nature una breve rassegna di come, a partire dal primissimo Rinascimento, gli artisti della pittura hanno interpretato il fenomeno. Opere d’arte davvero uniche, se pensiamo che il fenomeno dell’eclissi solare torna sul luogo del misfatto in media ogni 300 anni, e le sue fasi sono visibili per pochi minuti e su un’area ridotta del pianeta alta un centinaio di chilometri in tutto, anche se lunga qualche migliaio.

La breve storia dell’arte per astronomi comincia nel basso Medioevo, primo Rinascimento, quando le eclissi fanno capolino in contesti religiosi e dal sapore fortemente simbolico. Nel racconto evangelico della crocefissione si legge: “Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio” (Luca 23, 44). È così che appare il primo sole nero, stilizzato, a lato della croce. Ma è l’artista fiorentino Taddeo Gaddi a compiere un passo decisivo quando, all’interno di un trittico dedicato al tema della crocifissione, dipinge un cielo scuro e rappresenta la strana luce dell’eclissi solare in un cuneo bluastro, bordato da un filo d’argento. Ed è sempre il Gaddi a rappresentare l’annunciazione nella basilica di Santa Croce a Firenze con effetti di luce simili a quanto lui stesso osserva durante l’eclissi del 16 luglio 1330, che gli causerà una parziale perdita della vista.

Duecento anni dopo, in pieno Rinascimento, tocca a Raffaello catturare il bagliore della corona solare, a cornice della silhouette della Luna, durante un’eclissi totale. Nella loggia del Palazzo Apostolico in Vaticano raggi spinosi intorno alla corona interna fanno da sfondo all’affresco di Isacco e Rebecca, spiati dal re Abimelech. L’eclissi anulare che transitava su Roma l’8 giugno 1518 potrebbe aver ispirato il Sanzio.

Una memoria dell’eclisse dell’8 luglio 1842 è nella Venezia dipinta a olio dal pittore Ippolito Caffi, che pur con scarsa precisione cerca di restituire allo spettatore i dinamici cambiamenti nella luce del cielo causati dal fenomeno astronomico.

L’eclissi solare nel trittico di Howard Russell Butler. Tre dipinti realizzati rispettivamente nel 1918, nel 1923 e nel 1925 in corrispondenza di tre diversi eventi astronomici. Si tratta della prima opera d’arte a raffigurare correttamente la corona solare.

Ma è con i primi anni del Novecento che arriva un primo vero e fedele ritratto dell’eclissi solare. La mano è quella di Howard Russell Butler, di formazione ritrattista, laureato in legge e in fisica. Un caso di commistione fra arte e scienza che lo rende certamente unico nel genere. Nel 1918 partecipa a una spedizione della Marina statunitense per vedere l’eclissi totale dell’8 giugno, che dipinge con precisione estrema, maniacale. L’anno successivo pubblica un articolo dal titolo Painting the Solar Corona per la rivista dell’American Museum of Natural History di New York. Nel 1923 scrive Painter and Space, or The Third Dimension in Graphic Art, in cui sfrutta le sue nozioni di fisica per approfondire la questione di come rendere realisticamente la luce e la prospettiva nell’arte. Lo stesso anno a Lompoc, in California, dipinge la sua seconda eclissi. La terza arriva nel 1925 a Middletown, in Connecticut.

Macchie solari, corona, forme dettagliate e reali. Le tre eclissi dipinte da Butler sono un capolavoro artistico e insieme un’ottima descrizione scientifica. Le tre opere sono raccolte in un trittico, installato nel 1935 negli edifici dell’Hayden Planetarium, e oggi dimenticato nel deposito materiali dell’AMNH di New York a seguito della demolizione del planetario nel 1997. Repliche del Butler sono però visibili al pubblico presso il Fels Planetarium di Philadelphia, il museo della scienza di Buffalo e l’edificio della Princeton University, in New Jersey.

Butler ha continuato a osservare il sole oscurato dipingendo close-up di protuberanze solari e forme complesse di gas che brillano nella luce rossa dell’idrogeno al di sopra del lembo solare. Opere che ancora oggi vengono studiate in astronomia.

Ora la fotografia digitale ci regala immagini perfette del cielo. Informatici e astronomi riescono a combinare decine di fotografie scattate con esposizioni diverse ottenendo scatti dettagliati della struttura coronale. Ma i quadri di Butler, come quelli di Gaddi, restano a testimonianza di un nugolo d’artisti che ha saputo fare osservazioni e scoperte sorprendenti.

Fonte: Media INAF | Scritto da Davide Coero Borga


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