La ninfa faceva miracoli: Giunone invero l'aveva carissima e ne era deliziata. Senonchè una volta Giove si trattenne troppo a lungo sulla Terra e la povera Eco si trovò ad aver esaurito il suo repertorio di invenzioni e di pettegolezzi e quindi continuò a parlare dicendo cose senza senso. La dea si adirò allora con la ninfa e le inflisse un severo castigo: da quel giorno non avrebbe più potuto parlare per prima, ma avrebbe dovuto soltanto rispondere a chi l'interrogasse.
Egli però non sapeva di essere bello, poichè non c'erano specchi in cui potesse mirarsi. Trascorreva il suo tempo cacciando tra i boschi dei suoi monti e, divenuto giovinetto, cominciò a vedere intorno a sé sciami di ninfe e anche di belle fanciulle mortali. Tra queste ninfe invaghite di Narciso c'era anche Eco, ed era forse la più assidua; ma essa lo infastidiva, sebbene non fosse brutta e parlasse poco: la fanciulla si esprimeva appunto in un modo così strano che egli non riusciva a capirla.
La sua bellezza sfiorì, essa si consumò lentamente e di lei non rimasero che le ossa e un tenue fil di voce. Gli dèi , pertanto, impietositi, la mutarono in rupe e ancora oggi tutti coloro che passano davanti a una rupe e pronunciano qualche parola odono Eco che risponde l'ultima sillaba. Per questo fatto Nemesi, la dea della vendetta, decise di punire Narciso. Scese dall'Olimpo e, assunto l'aspetto di una cacciatrice, si avvicinò a Narciso proponendogli di condurlo in un luogo ricco di selvaggina.
Il giovane la seguì di buon grado ed essa lo guidò in un luogo mai visto prima: era una bellissima radura circondata da alti alberi, e nel mezzo si trovava una fonte dalle acque chiare e immobili. Nemesi lo condusse presso l'orlo della fonte e lo invitò a piegarsi sull'acqua. E allora Narciso vide la cosa più bella del creato, vide se stesso.
Chino sull'acqua rimase a contemplare lungamente la sua immagine e Nemesi gli sussurrava all'orecchio con voce fredda:"Rimarrai qui per sempre, Narciso; rimarrai qui per l'eternità a contemplare il tuo volto più bello di quello di tutte le nife e di tutte le dee. Nessun cuore di donna soffrirà più per la tua bellezza che ora hai conosciuto. Questo era il significato del vaticinio di Tiresia".
E Narciso rimase lì, piegato sull'acqua, incapace di staccarsi dalla visione della propria immagine, per sempre.