Eco e Narciso

Creato il 21 settembre 2012 da Lory663
Eco era la più famosa chiacchierona dell'Olimpo, una ninfa, una giovane donna che gli antichi greci consideravano una divinità minore e che immaginavano dimorasse tra le selve montane.  A volte, se qualcuno degli dei si annoiava, mandava a chiamare Eco per farsi raccontare tutte le storie che essa era capace di inventare lì per lì. Anzi Giove ne approfittava spesso: infatti, quando il re degli dei aveva in programma qualche scappata sulla Terra per distrarsi dalle seccature e dalle preoccupazioni causategli dagli dei e dagli uomini, pregava Eco di intrattenere sua moglie, la gelosa Giunone.
La ninfa faceva miracoli: Giunone invero l'aveva carissima e ne era deliziata. Senonchè una volta Giove si trattenne troppo a lungo sulla Terra e la povera Eco si trovò ad aver esaurito il suo repertorio di invenzioni e di pettegolezzi e quindi continuò a parlare dicendo cose senza senso. La dea si adirò allora con la ninfa e le inflisse un severo castigo: da quel giorno non avrebbe più potuto parlare per prima, ma avrebbe dovuto soltanto rispondere a chi l'interrogasse.
E questa volta il castigo fu veramente duro e la sofferenza aumentò quando la fanciulla si innamorò di Narciso. Narciso era il figlio del dio-fiume Cefiso e della ninfa Liriope. Il bambino era vivace e bellissimo ed era naturale che, secondo il costume del tempo e dei luoghi, i genitori desiderassero sapere qualcosa del suo avvenire che speravano assai fortunato. Lo portarono quindi all'indovino Tiresia il quale, esaminato il volo degli uccelli e il tremolìo delle foglie sfiorate dalla brezza, ne trasse una profezia piuttosto ambigua e non molto particolareggiata. Liriope e Cefiso furono costretti ad accontentarsi della laconica e oscura profezia e ritornarono con il figlioletto nei luoghi natii. Qui il piccino crebbe e divenne bellissimo.
Egli però non sapeva di essere bello, poichè non c'erano specchi in cui potesse mirarsi. Trascorreva il suo tempo cacciando tra i boschi dei suoi monti e, divenuto giovinetto, cominciò a vedere intorno a sé sciami di ninfe e anche di belle fanciulle mortali. Tra queste ninfe invaghite di Narciso c'era anche Eco, ed era forse la più assidua; ma essa lo infastidiva, sebbene non fosse brutta e parlasse poco: la fanciulla si esprimeva appunto in un modo così strano che egli non riusciva a capirla.
Narciso cominciò a indispettirsi seriamente e per levarsela di torno prese a maltrattarla. La povera Eco soffriva tanto, non poteva allontanarsi da lui ma ormai si rendeva conto che il bellissimo giovane non voleva assolutamente saperne di lei. La fanciulla cominciò a piangere e a deperire e ad ogni sgarbatezza di Narciso correva a nascondersi ai piedi di una rupe; trascorreva interi giorni senza prendere cibo ed era ormai ridotta pelle e ossa, mentre la sua voce continuava a ripetere l'ultima sillaba delle parole che sentiva.
La sua bellezza sfiorì, essa si consumò lentamente e di lei non rimasero che le ossa e un tenue fil di voce. Gli dèi , pertanto, impietositi, la mutarono in rupe e ancora oggi tutti coloro che passano davanti a una rupe e pronunciano qualche parola odono Eco che risponde l'ultima sillaba. Per questo fatto Nemesi, la dea della vendetta, decise di punire Narciso. Scese dall'Olimpo e, assunto l'aspetto di una cacciatrice, si avvicinò a Narciso proponendogli di condurlo in un luogo ricco di selvaggina.
Il giovane la seguì di buon grado ed essa lo guidò in un luogo mai visto prima: era una bellissima radura circondata da alti alberi, e nel mezzo si trovava una fonte dalle acque chiare e immobili. Nemesi lo condusse presso l'orlo della fonte e lo invitò a piegarsi sull'acqua. E allora Narciso vide la cosa più bella del creato, vide se stesso.

Chino sull'acqua rimase a contemplare lungamente la sua immagine e Nemesi gli sussurrava all'orecchio con voce fredda:"Rimarrai qui per sempre, Narciso; rimarrai qui per l'eternità a contemplare il tuo volto più bello di quello di tutte le nife e di tutte le dee. Nessun cuore di donna soffrirà più per la tua bellezza che ora hai conosciuto. Questo era il significato del vaticinio di Tiresia".
E Narciso rimase lì, piegato sull'acqua, incapace di staccarsi dalla visione della propria immagine, per sempre.


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