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Economia “etica” all’insegna del messaggio evangelico

Creato il 13 febbraio 2015 da Libera E Forte @liberaeforte

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“La realtà è più importante dell’idea (…) Non mettere in pratica, non condurre la Parola alla realtà, significa costruire sulla sabbia, rimanere nella pura idea e degenerare in intimismi e gnosticismi che non danno frutto, che rendono sterile il suo dinamismo”: da questo messaggio di papa Francesco prende le mosse il libro di Sandro Calvani “La realtà è più importante dell’idea. Per una nuova corresponsabilità globale”, volto alla presentazione di “proposte precise per l’impegno di laici che, a partire dai principi, dai contenuti dell’Evangelii gaudium, vogliano prendere sul serio la loro chiamata alla ‘trasformazione delle varie realtà terrene affinché ogni attività umana sia trasformata dal Vangelo’, mettendo al primo posto la ‘preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale’”.

La riflessione scaturisce da una constatazione: la convinzione che la maggior parte delle persone hanno ormai dimestichezza con il concetto di giustizia globale; spesso, soprattutto negli ambienti più “impegnati”, si riscontrano anche la buona volontà e la consapevolezza dei cambiamenti necessari. Quello che manca sono progetti chiari per realizzare nella pratica quotidiana questi mpdelli teorici: “Continuiamo tutti, e l’ho fatto anch’io per molto tempo, a cercare di chiarire o consensuare le idee. Ma perdiamo di vista la realtà, o addirittura rendiamo irriconoscibile per molti il fatto che tra l’idea e la realtà c’è un’enorme differenza”. Il libro si rivolge in particolare ai giovani, molti dei quali, una volta “saliti sul trampolino delle idee per mettersi a servizio degli altri e della donazione di sé”, “non vedono bene di sotto e pertanto non hanno il coraggio di fare il salto e tuffarsi nelle realtà, cioè nel grande oceano dei drammi, delle fatiche e delle speranze dell’umanità”.

Grazie all’esperienza accumulata, prima con la Caritas e poi con le Nazioni unite, in trentacinque anni di servizio civile internazionale nelle periferie dei cinque continenti, Calvani riporta la propria testimonianza di migliaia di situazioni osservate in “comunità, quartieri, villaggi, imprese, organizzazioni che invece di discutere tanto di come cambiare il mondo, hanno deciso di mettersi in gioco”. Il primo capitolo si occupa del “nesso tra felicità, persone, popoli e governi”, mentre il secondo affronta il tema di un’economia al servizio dei bisogni e dei diritti dell’umanità. Segue una parte dedicata alla responsabilità nei confronti del nostro pianeta e la parte conclisiva sull’innovazione sociale che “può cambiare il mondo: bastano pochi pionieri convinti a vincere la buona battaglia”.

Nel commentare il libro, il cardinale Gianfranco Ravasi (“Economia per bisognosi”, sul Sole 24 ore dell’8 febbraio) descrive la riflessione di Calvani “una semplice lezione destinata a insegnare una diversa declinazione del profitto, derivante dai beni materiali e immateriali (la conoscenza, ad esempio), così da introdurre appunto quel cuneo etico (…) capace di mutarne il meccanismo perverso. Un meccanismo generatore di diseguaglianza e di conflitti sociali denunciato a più riprese, ad esempio nell’Evagelii gaudium di papa Francesco, ma riconosciuto – anzi analizzato a livello storico-genetico – dall’imponente studio di Thomas Piketty, Il capitale nel XXI secolo”. Un messaggio significativo anche per la Chiesa, di cui evoca “alcuni capisaldi da innestare in un progetto socio-economico anche ‘laico': dalla dignità della persona al bene comune, dai diritti umani alla sussidiarietà, dall’opzione per i poveri alla solidarietà e alla pace e così via”.

Dopo avere sottolineato l’aumento negli ultimi tempi delle pubblicazioni dedicate alla giustizia sociale, indice del fatto che “la diseguaglianza non sia necessariamente un destino ineluttabile all’interno della società moderna e neppure una costante storica invincibile”, Ravasi evidenzia le tre “P” elencate da Calvani per affrontare le sfide del presente e del futuro: “people, cioè i popoli e le persone a cui assegnare un vero primato; profit, modelli economici di sostenibilità e di crescita capaci di contenere al loro interno quella giustizia sociale di cui abbiamo finora parlato; e infine planet, la realtà del nostro pianeta con le sue potenzialità e i suoi limiti, la cui gestione dev’essere frutto di un’autentica corresponsabilità”.

MC


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