Le stagioni della vita, levigavano il mio viso, anno dopo anno, consegnandomi alla piena maturità, e lasciando qualche segno, che avrebbe raccontato la magia di un tempo in cui, un ragazzo un po ingenuo, ma interiormente sano, diventava uomo. Ormai determinato a sentirmi parte di quella grande città incoerente e caotica, ma anche gratificante e viva, che era Milano, sentivo spuntare le mie radici nel suolo meneghino, radici, fatte di un amore profondo per l'anonimato leggero che quel luogo mi aveva regalato quando più ne avevo bisogno, ma anche per l'enorme sprone che aveva saputo darmi a fare di più!La mia professionalità era matura per portare i suoi frutti, il tempo passato a sperare di farcela era finito, e ora potevo dire di esserci riuscito.Si dice che il successo sia una logica conseguenza dell'incontro tra preparazione e occasione, ma non sempre, questo successo si misura con il metro della ricchezza consolidata o del prestigio della propria posizione, nel mio caso, la sfida era consistita nel riuscire a mantenere la mia indipendenza da una famiglia che non aveva avuto nessuna fiducia in me, che aveva beneficiato della mia lontananza, per ripulirsi la faccia, senza riconoscermi alcun valore nè supporto.
Contrariamente a quanto avevo creduto, non fu lo stare in coppia a darmi tutto ciò, ma il continuare a limare il genere d'uomo che volevo diventare, un uomo che, un solo altro uomo, sarebbe stato fiero di avere come compagno, e per diventarlo avevo dovuto compiere grandi errori, scelte coraggiose, e meditate riflessioni sui limiti da porsi o superare. Molti di noi cercano di ottenere dall'altro, tutto ciò che non sono disposti a fare da soli, spesso attraverso una compensazione materiale, che ostentata, dica a tutti, ecco, valgo più di voi. Personalmente avevo rinunciato a dover essere o avere "più di", mi ero concentrato sulla resistenza, sulla certezza che solo passando attraverso la vita con tutte le sue complessità, avrei potuto comprenderla e comprendermi meglio, avevo smesso di rifiutare il dolore e me l'ero lasciato sgorgare dalla profondità insondabile che avevo scavato nell'anima allo scopo di contenerlo. Mi resi conto, che potevo usare la rabbia come combustibile per il mio motore, e cercare in quel modo di rendermela utile.Nonostante questa volontà però, quel sentimento fossile, non si poteva esaurire del tutto, e di tanto in tanto, una smisurata reazione ad un fatto di proporzioni esigue, mi segnalava l'esistenza di un focolaio di rabbia, ancora caldo, troppe volte, come un vulcano inerte mi ero ricoperto di vegetazione per poi incenerirla, e dover di nuovo attenderne la crescita, quindi, mi arresi al fatto di non poter guarire del tutto certe ferite e smisi di "cicatrizzarle" con lo stordimento dei divertimenti, del sesso, o del lavoro, ma cominciai ad usare questi mezzi solo per "irrigare" la mia superficie emotiva e favorire così la crescita di una, il quanto più possibile, rigogliosa vegetazione, fatta di persone, cose materiali che mi facessero sentire bene, e relazioni piacevoli, perciò, conquistai una nuova libertà, quella di scegliere quando quegli elementi rendessero migliore l'uomo che ero.
Presi in affitto, un appartamento più grande, e con la mia compagna felina, ormai su d'età ma determinante per il mio benessere, andammo a vivere al quinto piano di un bel caseggiato elegante. Avevo preso accordi con un ragazzo per dividere le spese, e condividere la casa, ma io mi trasferii per primo in modo da sistemare le cose necessarie al suo arrivo. Purtroppo senza un motivo chiaro, ma dopo che io avevo già firmato il contratto, la mia controparte venne meno all'impegno lasciandomi davvero nei guai. Che fare? Invece di far partire la mia inutile eruzione rabbiosa e pessimista, mi dissi che poteva esserci un vantaggio nell'essere li per primo,infatti, dopo aver lasciato qualche annuncio nei locali, ed aver scartato l'ipotesi di condividerlo con una ragazza, ( non mi andava di sentire performance etero nella stanza accanto) cominciai a fare una selezione dei candidati, e ne trovai uno che fu ben felice di venirci. Questa posizione di forza, mi permetteva di decidere le regole base di casa secondo i miei criteri e poter anche garantire l'incolumità della mia vera convivente, la gatta. Passarono da noi:- L'igienista zozzone(che aveva schifo degli spazi comuni ma teneva la discarica in stanza- la cheerleader tossica( che si depilava, andava in palestra, e si calava le pasticche la sera)- il fashionista povero( tutto riviste, e distintivi)- la salutista stinca (che non usa la cucina perchè non mangia carne e le anfetamine si mangiano crude), e per ultimo il gay sudista( si fidanzano al nord e combattono la guerra di indipendenza dove è già finita).
Stavo così bene, che l'idea di fidanzarmi non mi passava neanche per la testa, e il mio rapporto con gli uomini, era più rilassante e selettivo, privo finalmente dell'inutile tragedia a base di aspettative e pretese, quindi, andavo a cena con le amiche, al cinema, a teatro, e avevo deciso che se proprio dovevo incontrare l'uomo giusto, probabilmente ci avrei inciampato sopra per sbaglio, e avevo proprio ragione! Una sera, mi concessi un ritorno in discoteca, dove mancavo da un pezzo, e mi si attaccò uno dei soliti marpioni, ma dal momento che un ritorno va sempre festeggiato gli concessi "un autografo", dopo una serata fatta di un pressing erotico insistente, lo invitai a salire da me per un drink. In casa ero solo, il mio coinquilino era in visita dalla famiglia, e la mercy si era trasferita nell'altra stanza( fare sesso di fronte al tuo gatto è disdicevole se ti scappa un miagolìo, si rischia di farlo in tre, o di non farlo più), quindi avviai le grandi manovre fatte di luci soffuse, musica e preliminari, ma sul più bello, questo, alza la testa e scorge il boa di piume fucsia, che avevo appeso a un quadro, capite, proprio mentre eravamo li tra una scarpa e una scarpetta gli si ammoscia l'antenna, e il drago ritorna uovo! "Sai, io certe cose in un uomo non le posso vedere" mi disse "perché volevi trattarmi come u uomo"? replicai debolmente "no, è che a me piacciono i maschi" continuò "no dico, ma mi vedi? credimi ho il kit completo, e quello è un regalo idiota che mi hanno fatto per provocazione, dai dov'eravamo rimasti...?Il testosterone é come la maionese? Non so, ma mi incazzai talmente tanto che riuscii a sgattaiolare dal letto, presi i suoi vestiti, e glieli gettai dalla tromba delle scale, dopodiché gli dissi: ok maschione, se vuoi incontrare dei veri uomini, hai cinque piani di scale per farlo già bello e pronto! E chiusi la porta alle spalle di un uomo nudo!Finii la serata, con un film strappalacrime e l'immancabile barattolo di spalmabile al cioccolato, e quando la mercy arrivò in camera con la coda dritta e tremante le dissi, beh, che hai da guardare con quell'aria soddisfatta, guarda che la gatta che scotta finisce sul tetto, e non sul letto!
Quella vicenda però mi bruciava parecchio, e non avevo voglia di raccontarla agli amici, ma con qualcuno dovevo pur parlarne, mi ricordai di aver il numero di telefono di un ragazzo che una sera in discoteca avevo avvicinato e ci pensai un po su! Quella sera, credo di averlo fissato troppo, perché, in mezzo a tutta la carne di quel locale, lui, si distingueva e rapì la mia attenzione, ma quando venne a conoscermi, la mia stupidità traboccò senza fatica, e io, dopo aver saputo che anche lui faceva il parrucchiere, me ne uscii con una frase infelice tipo, beh sei carino, con la tua camicina stirata, gli occhialini neri e il profumo che da il mal di testa, ma queste maniglie qua però proprio no, dissi toccandogli il fianco, lui, mi salutò, forse fin troppo educatamente, e si allontanò. Com'è, che allora, ne avevo il numero di telefono? Ah già, ero stato a teatro insieme alla mia amica intellettuale, a vedere un monologo della Marchesini dal titolo "Elogio del massaggio", quando tra la platea scorsi di nuovo il suo viso, i suoi occhiali neri del tutto simili a milioni di altri occhiali neri, ma che però su di lui brillavano per eleganza, e dissi alla mia amica: lo vedi quel ragazzo là, non posso crederci di averlo di nuovo notato tra la folla!- Beh, mi sembra un dettaglio non trascurabile- ribatté lei, aggiungendo- vai a salutarlo no? Mi alzai, e mi diressi verso di lui, e quando la visuale mi fu chiara, notai quanto fosse cambiato, era più magro, e la sua eleganza mi parve diventata fascino. Sparai le solite frasi di circostanza, ignorando completamente il suo accompagnatore, e con una scusa goffissima, gli chiesi il numero. L'abbassarsi delle luci, mi salvò dal vistoso imbarazzo e tornai al mio posto, con quel biglietto da visita, e dello spettacolo, a quel punto, non vidi più nulla.
Decisi nei giorni seguenti, di raccontare proprio a lui la vicenda imbarazzante del mio "boa ammosciante" e durante la telefonata, che francamente era penosa, finimmo col dirci che, se il nostro ambiente era fatto di superficiali accoppiati, e persone invece più sensate che restavano sole, potevamo organizzare una cena tra questi ultimi, per vedere di farli incontrare!Beh, devo dire che forse, sei meno superficiale, di quanto ricordassi- mi disse salutandomi, touché, pensai, e anche se in quella conversazione, non ci fu traccia di un appuntamento futuro, la sensazione di benessere che provai ad ascoltarlo, mi bastò.Avevo deciso che non avrei incontrato il mio uomo, nei soliti ambienti, e avevo affidato all'Universo il dove e anche il chi, infatti, l'Universo che è benevolo, stava già lavorando per me, perché in ben due occasioni, in cui ero in giro per fatti miei, mi capitò di incontrare ancora lui. Poteva dirsi una coincidenza, ma diamine, non lo era ciò che provavo ogni volta che succedeva, niente farfalle o cretinate del genere e sotto la cintura nessun sussulto, io mi sentivo felice di vederlo e basta! La sua gentilezza, e l'educazione con cui mi offrì un aperitivo, e di seguito un passaggio verso il cinema in cui dovevo incontrare la stessa amica del teatro, mi convinsero che non poteva essere un caso. C'era tra noi, una strana tensione, e quando aprii lo sportello della macchina, stavo per baciarlo, ma non lo feci perché, lui mi confidò di non essere ancora libero, e chiusi lo sportello rimanendo lì, in piedi, con niente da dire. La mia amica arrivò e le raccontai l'accaduto, quasi fiero di me, dicendole, "non farò di certo nulla, prima che si liberi" quando mi disse, con vezzoso compiacimento"Ti ho mai detto che quando io e mio marito cominciammo a flirtare, lui aveva una certa silvia"-" No cara, e tu che hai fatto? risposi."Tesoro, se vuoi davvero qualcuno, non crederai mica di trovarlo li che ti aspetta no? Diciamo, che una spallata risolve certe situazioni traballanti, e dimostra chi ci tiene davvero".
L'Universo può fare scelte, o può solo mettercele davanti, e modificare il suo andamento in base alle nostre azioni? Avevo davvero voglia di un amore, ma questo significava anche rimettere in discussione la stabilità appena raggiunta, in fondo, era da meno di un anno, che mi sentivo perfettamente bene, ero davvero pronto a rischiare? Feci passare alcuni giorni, senza cercarlo, dopodiché mi accorsi che il suono delle sue parole mi mancava, che nessuna giornata poteva dirsi perfetta senza vederlo o sentirlo e cominciai a dare, per primo a me stesso, la famosa "spallata". Un anno dopo, Paolo, mi offrì di lasciare il mio appartamento e andare a vivere con lui e il suo gatto Spyro, e formare la nostra Famiglia!
Niente di ciò che avevo letto o udito sull'amore, trovava conferma nella nostra vita insieme, ma in fondo tutte le storie finiscono li dove i due cominciano a confrontarsi davvero. Perché? Forse, a causa del fatto, che l'amore, non è ciò che c'è all'inizio della storia che due persone si scrivono reciprocamente sulla pelle, ma piuttosto, ciò che resta dal cozzo di due realtà, apparentemente inconciliabili, come avevo letto da qualche parte. Chiusi nel novembre del 2003, il mio "diario quasi sconcio di una parrucchiera per bene"e otto anni dopo, scrissi nell'ultima pagina, le seguenti parole dirette al mio attuale compagno Paolo:
ti amo ora, che non sei minimamente simile al giorno che ti incontrai, ora che, se non fossi come ti vedo, quando il sole, si insinua tra le fessure della finestra accostata, deformando il tuo volto addormentato, non ti riconoscerei, ora che proprio tu, mi conosci davvero!