Edipo vs Narciso

Da Simonetta Frongia

Dalle violenze su coetanei filmate e messe in rete su YouTube agli atti di vandalismo a scuola, dal bullismo all’abuso di alcool e stupefacenti in fasce di età sempre più basse, dalla sregolatezza sessuale e affettiva agli stupri individuali e di gruppo, per giungere addirittura all’omicidio, in un crescendo di disorientamento e rabbia: il disagio giovanile è un tema largamente dibattuto, ma del quale il mondo degli adulti fatica a cogliere le dimensioni rilevanti, perdendosi in un senso di smarrimento attonito, o chiedendo a gran voce, dopo i casi più clamorosi, paletti – in casa e a scuola – per questi ragazzi ormai fuori dal loro controllo. L’adolescenza è sempre stato il periodo più complesso e turbolento della vita sia fisica che psichica di ogni individuo (non per niente le nostre nonne la chiamavano l’età ingrata): il corpo cambia, ti guardi nello specchio e non ti riconosci, l’umore sale e scende seguendo dinamiche imprevedibili, un giorno ti ribelli, hai voglia di distruggere tutto o di scappare via e quello dopo ti rifugi fra le braccia della mamma. C’è davvero qualcosa di nuovo nei drammi, grandi e piccoli, dei giovani di oggi oppure nulla è cambiato, a parte l’attuale morbosa attenzione dei media?
Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra e psicanalista, è il più grande esperto italiano delle problematiche adolescenziali. Docente di Psicologia dinamica all’Università di Milano dal 1985, è presidente dell’istituto di analisi dei codici affettivi Minotauro e del Centro di aiuto alla famiglia e al bambino maltrattato; è inoltre responsabile scientifico dell’associazione L’amico Charly e direttore scientifico della collana Adolescenza, educazione, affetti di Franco Angeli. Nel suo ultimo saggio , descrive un cambiamento epocale nei sistemi di rappresentazione della funzione genitoriale, e in particolare il passaggio dalla ‘famiglia normativa’ alla ‘famiglia affettiva’: ben lungi dall’essere considerato il buon selvaggio di Rousseau o il perverso polimorfo di Freud, il neonato di oggi viene salutato da mamma e papà come un cucciolo d’oro. Essi non credono più che il loro piccolo sia nato all’ombra del peccato originale, che sia tendenzialmente colpevole e che perciò debba essere riscattato da regole e valori imposti, come non credono che debba rinunciare alla soddisfazione dei suoi bisogni e desideri, giudicati assolutamente adeguati. Non ritengono necessario sottometterlo, anche con la minaccia e i castighi, al rispetto della loro autorità (in quanto rappresentanti all’interno della famiglia dello Stato e della divinità) e anzi, tutto all’opposto, sono convinti che la natura del loro cucciolo sia buona e per nulla antisociale, e che con molto amore e sostegno da parte degli adulti il piccolo messia con miracolose attitudini crescerà in bellezza e sicurezza. Di conseguenza, il bambino si convince che il proprio sé sia molto più importante del culto e della devozione all’altro da sé, sia esso genitore, insegnante, prete o magistrato: quello che deve realizzare (e che tutti attorno a lui auspicano che realizzi) è lo sviluppo di una bella persona, in armonia con se stessa e con gli altri, dotata di buona capacità comunicativa, simpatica e di successo. Il successo è senza alcun dubbio l’obiettivo a breve termine degli adolescenti attuali: ne hanno bisogno, ma soprattutto hanno la certezza di averne diritto.
In termini psicanalitici, il giovane Edipo è stato soppiantato dal giovane Narciso: a differenza del suo predecessore, che per affermare la propria identità doveva necessariamente ribellarsi all’autorità costituita (simbolo di quella paterna che lo teneva in scacco nell’infanzia), Narciso non ha motivi importanti per opporsi o contrastare l’ecosistema culturale ed educativo in cui cresce, dal momento che per lui gli adulti non sono degli avversari (non si sono mai comportati come tali), ma dei potenziali alleati; se vogliono collaborare alla realizzazione del suo speciale progetto di sé, meglio, ma se non vogliono, pazienza, ci sono altre risorse (principalmente i coetanei). Come afferma una studentessa nel corso di una trasmissione televisiva sull’argomento : «Voi (gli adulti.) tirate sempre fuori questa storia, che non abbiamo ideali. Io personalmente credo in me stessa: sono io il mio mito, sono io il mio modello». Dal momento che rappresenta una missione, la costruzione della  propria diversa e originale interpretazione della crescita ha bisogno di molta autonomia e di uno statuto speciale, e deve essere esentata da una normalità che la riguarda solo parzialmente. Il giovane Narciso ha bisogno invece di vedere riflessa la propria immagine nello specchio sociale, ossia necessita che venga riconosciuta e rispecchiata la sua intima essenza: non gli importa, per esempio, di risultati scolastici scarsi, ma si mortifica qualora venga misconosciuto il valore della sua persona.
Fonte: Un amico che si firma Marlon (l'ho copiata spudoratamente dalla sua bacheca, ma ho il suo permesso per la pubblicazione) a lui ogni diritto intellettuale.

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