Edith Stein: ragione e fede in un percorso di vita

Creato il 30 gennaio 2014 da Laviadellavita

Edith Stein (Santa Teresa Benedetta della Croce, Breslavia, 12 ottobre 1891 – Auschwitz, 9 agosto 1942) fu una religiosa/filosofa dell’Ordine delle Carmelitane Scalze.

La sua figura riecheggia una prospettiva originale del rapporto tra fede e ragione: in lei, infatti, queste sfere si fondono in una storia di vita. Le sue incertezze, i suoi dubbi, le sue esitazioni non costituiscono solo uno degli elementi del suo percorso di santità, che l’ha portata a diventare copatrona d’Europa, ma addirittura sono il riassunto vivente di come nell’essere umano si fondano aspetti diversi della capacità cognitiva.

La conoscenza sovrannaturale, sublime, mistica, e la conoscenza sensibile/concettuale, di origine razionale, si uniscono in una poliedrica ricerca di senso (questo sarà per lei, infatti, il vero nome di Dio-Logos – “In principio era il Senso”), che attraverso i decenni e fino alla morte nel campo di sterminio conducono la filosofa ad indagare anzitutto il suo rapporto personale con la Verità.

In effetti, ogni essere umano s’interroga continuamente a proposito del problema della verità.

La corrispondenza dell’intelletto (cfr. Tommaso d’Aquino) con la realtà circostante, con il mondo, produce verità.

Il rapporto che nutriamo con la verità e quindi con la Verità Unica induce in ciascun uomo un diverso modo di relazionarsi tra la sfera filosofica e la teologia, tra una scienza umana basata sui principi umani di funzionamento della mente, sulle categorie della logica formale e sostanziale, ed una scienza che studia Dio nella Sua propria manifestazione come esse ipsum e come partecipazione della Sua sostanza alle creature e agli enti.

In questa religiosa straordinaria, che si occupò anzitutto di metafisica dell’essere, rinveniamo il capolavoro di un percorso progressivo di coscienza, che parte dal circolo di Gottinga e così dalla feconda scuola husserliana della fenomenologia trascendentale, per arrivare, tramite un continuo e meticoloso interrogarsi sul senso stesso dell’esistenza, ad una concezione basata sulla fede in Dio, che non sostituisce la ragione, ma la fonda, incanalando i risultati della conoscenza all’interno di un preciso alveo di verità. E’ la vita che insegna, quindi, la metodologia, fino allo sforzo eroico della sopportazione della violenza, e non la metodologia che consente di affrontare la vita. La riscoperta, quindi, di Tommaso d’Aquino, da un certo punto in poi, anche in contrapposizione con gli assunti della filosofia fenomenologica a lei coeva, è un modo originale per riaffermare contro i suoi contemporanei la necessità di fondare la vera conoscenza esclusivamente sulla teologia, in  un rapporto dialettico con la filosofia. Peraltro, il ricorso al pensiero di Tommaso non è casuale, proprio per le consistenti basi filosofiche del pensiero dell’Aquinate, che fonda la metafisica dell’Essere Eterno sull’idea dell’essere come “perfezione delle perfezioni” e ne trae le conseguenze in tutti i rivoli in cui si incanala il pensiero stesso, nel momento in cui produce conoscenza sulle realtà del mondo, della natura, degli enti e di Dio. Edith Stein scriverà un’opera interessante, precisissima, coraggiosa, cioè “Essere finito ed Essere Eterno” (Endliches und Ewiges Sein), in parziale contrapposizione con il moderno e lodato pensiero “ateo” e negazionista di Heidegger, proprio per giustapporre questi due concetti e realizzare una sintesi conoscitiva dell’Essere, riscoprendo la natura della filosofia.

Un Essere Eterno, quindi, che si intravede a partire agostinianamente dal proprio intimo e dalla consapevolezza della precarietà di questa “esistenza nel tempo”, di questo essere finito che viene dal nulla e va verso il nulla. Il filosofo, senza la fede, si arrocca su risultati parziali e incompleti, come dimostra l’intera storia della filosofia, nell’ambito della quale anche le menti più eccelse come Aristotele e Platone, Kant, Hegel, …, non riuscirono a spingersi oltre per fondare una filosofia oltre che coerente, anche dogmaticamente “autentica”. Il percorso di questa religiosa, che era anche ebrea, e che quindi coniugava più dati culturali nella propria storia personale, rappresenta un esempio di quel percorso iniziatico che deve condurre l’uomo da una dimensione di pura filosofia, ad una dimensione gnoseologica “integrata”, nell’ambito della quale la fede costituisce, con le verità dogmatiche, il fondamento del discorso razionale. In effetti, fino all’Ottocento tale realtà non era messa in dubbio, proprio perché si affermava la natura sovrannaturale dei dogmi cattolici, e quindi la provenienza non umana dei medesimi. I mistici ebbero visioni e conoscenze per presa diretta di certi misteri – cfr. la odierna teologia dell’esperienza mistica personale cristiana – (conoscenza che non può fondarsi sugli stessi criteri epistemologici espressi dalla scienza moderna, ma non per questo meno autentica), ma mai riuscirono, come nel caso di Santa Faustina, di Santa Teresa d’Avila e di tantissimi altri mistici di enorme spessore, a rappresentare tali misteri a parole, essendo ciò umanamente impossibile, non essendo la Verità “unicamente” umana. Edith Stein seppe dimostrare come ogni conoscenza meramente umana trovi il suo fondamento nella fede, non intesa come illogica e irrazionale credenza metafisica, ma intesa, nel senso tomistico, come la conoscenza di qualche realtà sprovvista del dubbio di una sua infondatezza.

Per questo motivo, la stessa traduzione del De Veritate, operata dalla nostra santa, non dimostra altro che quella preoccupazione di certa costruttiva filosofia moderna e contemporanea verso il problema della conoscenza,  come sintomo della necessità impellente dell’uomo di fondare alcuni parametri di validità epistemologica per poter poi arrivare a conclusioni vere sul mondo reale, senza trascurare Dio e la dimensione metafisica. Una preoccupazione che con la fede si scioglie gradualmente nella certezza conoscitiva del percorso mistico, ma che nella filosofia atea rimarrebbe incompiutamente insoddisfatta all’interno del contorno meramente razionale del ragionamento umano.


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