Edith Stein (Santa Teresa Benedetta della Croce, Breslavia, 12 ottobre 1891 – Auschwitz, 9 agosto 1942) fu una religiosa/filosofa dell’Ordine delle Carmelitane Scalze.
La sua figura riecheggia una prospettiva originale del rapporto tra fede e ragione: in lei, infatti, queste sfere si fondono in una storia di vita. Le sue incertezze, i suoi dubbi, le sue esitazioni non costituiscono solo uno degli elementi del suo percorso di santità, che l’ha portata a diventare copatrona d’Europa, ma addirittura sono il riassunto vivente di come nell’essere umano si fondano aspetti diversi della capacità cognitiva.
In effetti, ogni essere umano s’interroga continuamente a proposito del problema della verità.
La corrispondenza dell’intelletto (cfr. Tommaso d’Aquino) con la realtà circostante, con il mondo, produce verità.
Il rapporto che nutriamo con la verità e quindi con la Verità Unica induce in ciascun uomo un diverso modo di relazionarsi tra la sfera filosofica e la teologia, tra una scienza umana basata sui principi umani di funzionamento della mente, sulle categorie della logica formale e sostanziale, ed una scienza che studia Dio nella Sua propria manifestazione come esse ipsum e come partecipazione della Sua sostanza alle creature e agli enti.
Un Essere Eterno, quindi, che si intravede a partire agostinianamente dal proprio intimo e dalla consapevolezza della precarietà di questa “esistenza nel tempo”, di questo essere finito che viene dal nulla e va verso il nulla. Il filosofo, senza la fede, si arrocca su risultati parziali e incompleti, come dimostra l’intera storia della filosofia, nell’ambito della quale anche le menti più eccelse come Aristotele e Platone, Kant, Hegel, …, non riuscirono a spingersi oltre per fondare una filosofia oltre che coerente, anche dogmaticamente “autentica”. Il percorso di questa religiosa, che era anche ebrea, e che quindi coniugava più dati culturali nella propria storia personale, rappresenta un esempio di quel percorso iniziatico che deve condurre l’uomo da una dimensione di pura filosofia, ad una dimensione gnoseologica “integrata”, nell’ambito della quale la fede costituisce, con le verità dogmatiche, il fondamento del discorso razionale. In effetti, fino all’Ottocento tale realtà non era messa in dubbio, proprio perché si affermava la natura sovrannaturale dei dogmi cattolici, e quindi la provenienza non umana dei medesimi. I mistici ebbero visioni e conoscenze per presa diretta di certi misteri – cfr. la odierna teologia dell’esperienza mistica personale cristiana – (conoscenza che non può fondarsi sugli stessi criteri epistemologici espressi dalla scienza moderna, ma non per questo meno autentica), ma mai riuscirono, come nel caso di Santa Faustina, di Santa Teresa d’Avila e di tantissimi altri mistici di enorme spessore, a rappresentare tali misteri a parole, essendo ciò umanamente impossibile, non essendo la Verità “unicamente” umana. Edith Stein seppe dimostrare come ogni conoscenza meramente umana trovi il suo fondamento nella fede, non intesa come illogica e irrazionale credenza metafisica, ma intesa, nel senso tomistico, come la conoscenza di qualche realtà sprovvista del dubbio di una sua infondatezza.