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Editoria, il finanziamento pubblico salva (ancora) i giornali: per il 2012 trovati 123 milioni di euro

Da Kobayashi @K0bayashi

Il sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega all’editoria Paolo Peluffo l’aveva annunciato, e ora il provvedimento è realtà: con la firma del sottosegretario Antonio Catricalà il governo Monti ha deciso di trasferire 50 milioni di euro dal fondo per le emergenze della presidenza del consiglio, il cosiddetto fondo Letta, a quello che alimenta i contributi pubblici all’editoria per il 2012, portando la disponibilità di quest’ultimo (grazie anche ad altri 23 milioni recuperati con risparmi interni dell’amministrazione) a quota 123 milioni di euro, una cifra più che raddoppiata rispetto alle previsioni iniziali di 47 milioni sebbene ancora inferiore alla stima effettuata dalla federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) che aveva richiesto un contributo complessivo di 160 milioni.

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Per veder stanziati definitivamente questi fondi si dovrà aspettare forse meno di un mese, poiché il decreto dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri entro le prossime 3 o 4 settimane. Con questi 123 milioni, dunque, sembra proprio a un passo il salvataggio delle quasi cento testate locali e nazionali a rischio chiusura: tra queste anche nomi di spicco del panorama nazionale come La Padania, Il Manifesto, Il Riformista o Il Foglio di Giuliano Ferrara con 4mila posti di lavoro complessivamente in bilico.

“Cominciano a riapparire le condizioni – ha commentato con soddisfazione il presidente della Fnsi Franco Siddi – perché da qui al 2014 (quando, secondo la legge, dovranno entrare in vigore nuovi criteri e nuove missioni dell’intervento pubblico nell’editoria) non ci siano giornali costretti a chiudere per mancanza di ossigeno a causa di una valvola chiusa proprio dallo Stato”.

“Aspetteremo di fare le verifiche nella pianificazione della progettualità della riforma – ha aggiunto Siddi – per la quale siamo pronti sicuramente a criteri selettivi e di massima trasparenza, a condizione che si abbia ben chiaro che il bene da tutelare sono il pluralismo dell’informazione e l’occupazione qualificata. Riteniamo anche che lo Stato, se davvero vuole aprire finalmente un capitolo di sviluppi e crescita, non potrà non predisporre una programmazione di interventi per la ripresa e l’innovazione del settore dell’editoria”.


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