Natalia Ginzburg, Lessico Famigliare, Einaudi, Torino, 2005
Le parole che ci cullano, sgridano, insegnano, parlano, narrano, rappresentano una delle coordinate più importanti per la formazione della nostra identità: i membri di ogni famiglia infatti parlano sempre con la stessa voce, cadenza, lingua ( madre, straniera o dialettale ) che diventa per noi un segno di riconoscimento di tutto ciò che è ‘casa’.
Natalia Ginzburg inscena la propria autobiografia partendo proprio da qui, dalle parole della sua famiglia. L’attenzione in questo caso va soprattutto sul lessico, sui modi di dire, sulle piccole fissazioni e manie di ogni parente. Si tratta di quelle frasi che ogni genitore ripete spesso, per sè o per i propri figli, per parlare di quello che succede nel mondo, per esercitare il proprio ruolo.‘Lessico famigliare’, pubblicato nel 1963 ma quantomai attuale, costruisce la storia di Natalia e della sua famiglia ponendo dei pilastri fatti di parole.
Al centro spiccano le figure del padre e della madre e la loro ‘lingua’ lascia degli aloni che riecheggiano nella mente della giovane autrice diventando regole, emozioni, risate, lacrime.
Intorno alla famiglia Ginzburg si snodano infine numerose figure culturali italiane, a partire da Filippo Turati, passando per Cesare Pavese ed Eugenio Montale; il lettore può dunque ‘curiosare’ nell’orizzonte di crescita di una giovane ebrea, nell’intellettuale Torino degli anni 30-50 del Novecento.
Sara