L’editoria è in crisi, il graphic novel ha salvato il fumetto, il graphic novel è morto. E tutto sembra essere successo in una giornata; per la precisione, lo scorso 20 novembre, quando, in occasione del BilBolBul 2014, si è svolto a Bologna il primo convegno italiano sull’editoria di fumetti. Per la prima volta si è discusso pubblicamente di cosa sia diventato il fumetto in Italia dopo la grande crisi degli anni Novanta: editori e studenti, giornalisti e studiosi si sono stretti in un’aula del Museo d’arte moderna, e per otto ore hanno parlato di ruoli editoriali, di autori, di editor e di autoproduzioni. Ed è venuto fuori, nonostante il titolo carico di dubbi “Editoria senza editori? Pubblicare fumetti oggi”, che l’editoria di fumetti non sembra poi essere messa così male.
Emilio Varrà, socio fondatore di Hamelin, l’associazione organizzatrice del festival, ha aperto la giornata ricordando le fragilità del sistema editoriale in genere ed esponendo le trasformazioni in atto: il crescente impatto sull’immaginario collettivo del genere graphic novel, il ruolo preponderante della comunicazione e quello in decrescita dell’“oggetto libro”, insidiato dal web e dalle edizioni digitali. Dopo un intervento di Enrico Fornasole sul ruolo storico delle riviste, l’attenzione della platea è stata risvegliata da Matteo Stefanelli, che ha aperto il suo intervento annunciando “la fine del graphic novel” ed esponendo i più recenti e completi dati sul relativo fenomeno in libreria. Secondo il Rapporto sul graphic novel pubblicato da AIE nel 2013, il valore del mercato sarebbe stato all’epoca di poco più di 6 milioni di euro; ma quei dati risultavano già allora incompleti, se non errati. Per Stefanelli, basandosi sui dati di Informazioni Editoriali (circuito Arianna), i ricavi dalle vendite di graphic novel e fumetti in libreria si possono stimare non in 6, ma in 20 milioni di euro. Considerata la molto più grande diffusione del fumetto seriale (Tex, Diabolik, Dylan Dog…), il fatturato del settore potrebbe, secondo una stima molto approssimativa, raggiungere i 200 milioni di euro annuali.
In particolare, negli ultimi cinque anni l’offerta di graphic novel risulta cresciuta del 25%, avendo raggiunto nel 2013 le 1.512 novità, pari all’8,5% dei nuovi titoli italiani di fiction (e il 2,5% del totale). L’aumento dell’offerta, insieme a indovinate strategie di comunicazione, ha portato a una maggiore visibilità e alla crescita delle vendite: se Bao, nel 2013, cavalcando l’onda Zerocalcare, ha dichiarato un +84,16% rispetto all’anno precedente, nello stesso periodo Coconino ha ottenuto il +15%, per arrivare a un +50% di vendite (stimato a ottobre) per l’anno 2014, contro un 34,16% di Bao nello stesso periodo.
Il punto di svolta è stato probabilmente nel raggiungimento delle librerie, soprattutto di quelle di catena. È qui infatti che, secondo i dati forniti dagli editori, nel 2013 si è concentrato il 77% delle vendite di Coconino, il 57,54% di Bao e il 58,18% di Tunuè. Questo è il luogo in cui più si concentrano le vendite dei bestseller, con Zerocalcare e Gipi in testa alle classifiche. I dati sulle fumetterie segnano invece un certo calo, soprattutto per Coconino, che dal 2012 al 2014 è passata dal 22% al 10% di vendite nelle librerie specializzate; e la classifica, a cura del distributore Manicomix e con l’esclusione delle uscite seriali e dei manga, vede l’inserimento di classici del fumetto statunitense come Il Corvo e i Grandi Eventi Marvel. Da notare anche che, per un editore come Tunuè, forse meno noto al grande pubblico, il 35,37% delle vendite si concentra ancora sulla vendita diretta in fiere o tramite il sito web (il dato è al 14,80% per Bao e al 7% per Coconino): sintomo forse di una distribuzione non ancora efficiente, per chi non può contare sull’aiuto della stampa?
L’azione diretta degli autori, e dei lettori tramite web, sembrerebbe essere una delle strade praticabili: le autoproduzioni, rappresentate durante il convegno da Bianca Bagnarelli di Delebile e da Silvia Rocchi della Trama, negli ultimi anni si sono ricavate una nicchia di stabile libertà, affiancata e non sostitutiva al mercato delle pubblicazioni delle case editrici, grazie all’ospitalità presso fiere e festival e alla diffusione nei canali digitali. In uno degli interventi della giornata, Ratigher ha raccontato di come l’iniziativa Prima o mai gli abbia consentito di prevendere 1.100 copie di Le ragazzine stanno perdendo il controllo. La società le teme. La fine è azzurra, garantendogli, oltre alla copertura delle spese, un compenso netto di 1.800€ per ciascuno dei tre mesi di lavorazione.
Gli editori nel fumetto in Italia sono quindi ben presenti, e non intendono abbandonare il ruolo: ma questo sembra essere in realtà il momento degli autori. Che attraverso le autoproduzioni hanno la garanzia di esprimersi il più liberamente possibile, ma che con il tramite degli editori, per la prima volta in Italia, possono aspirare a raggiungere il pubblico vasto delle librerie di varia. Con le graphic novel, con le raccolte di strisce dal web o con un nuovo genere che ancora deve arrivare: ma sempre con il fumetto.