Editoriale. ISIS questo sconosciuto. Come è nato, cosa si propone e come sconfiggerlo.

Creato il 16 novembre 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

E’ fondamentale iniziare questo editoriale definendo e motivando i termini che saranno utilizzati, vista la complessità dell’argomento. In Italia siamo abituati a definire questo gruppo terroristico ISIS o ISIL, ovvero l’acronimo per “Islamic State in Iraq and the Levant”, la traduzione inglese dall’arabo di Al Dawla Al Islamiya fi al Iraq wa al Sham, il nome che il gruppo terroristico si è dato dal 2013 al 2014 . In altri casi viene definito semplicemnte IS, ovvero Stato Islamico. A seguito dei recenti attentati, abbiamo invece sentito parlare di ”Daesh” adattamento di DAIISH, cioè l’acronimo tratto direttamente dall’arabo Al Dawla Al Islamiya fi al Iraq wa al Sham (داعش), coniato dagli americani con l’intento di escludere “islamico” dall’equazione. La traduzione letterale sarebbe “colui che semina discordia”. Ciò che ci viene raccontato dai media locali è che chi utilizzi il termine Daesh nei confronti dei membri dell’IS si veda la lingua tagliata, da lì a poco.

Perché è importante questa premessa? Perché l’uso dei termini è fondamentale nella guerra contro il terrore, così come è importante conoscere il proprio nemico per poterlo sconfiggere. Per quanto il Governo americano, in linea con le proprie alleanze in Medio Oriente, stia cercando di eliminare la religione islamica dalla terminologia che si riferisce all’IS, essa è strutturalmente fondante il movimento terroristico, come vedremo a breve, per questo motivo continueremo a rivolgerci a esso come IS, o Stato Islamico. (Nota bene: è importante sottolineare che questo non significhi che la religione islamica si possa sovrapporre ai movimenti terroristici, con semplificazioni che non aiutano il dialogo tra civiltà). Anche sul termine Stato, ci sono opinioni contrastanti. C’è chi ritiene, ad esempio, che continuare a definirlo Stato possa essere inteso come una sorta di riconoscimento internazionale ad uno Stato terroristico, che nessuno, oggi, riconosce come tale (se non l’IS stesso). Anche qui, però, la formazione, il territorio, l’organizzazione, ci fa propendere per l’utilizzo del termine Stato, senza che con questo ne si voglia dare alcun tipo di riconoscimento, ma è necessario per comprenderne l’essenza e le finalità.

Saddam Hussein

Vediamo, perciò, di ripercorrerne le origini. L’IS non è una creazione degli Stati Uniti. Sono tre i personaggi chiave del nostro racconto, come ricordatoci anche dal Post.it. Il primo è Osama bin Laden, uomo di origine saudita che per lungo tempo è stato a capo di al Qaida; il secondo è Ayman al-Zawahiri, che ha preso il posto di bin Laden dopo la sua uccisione e il terzo è Abu Musab al-Zarqawi, un giordano che era stato uno dei rivali più accaniti di bin Laden all’interno del movimento dei mujaheddin, e poi di al Qaida.

Qui possiamo individuare la prima grande differenza tra al Qaida e l’IS. Al Qaida era, “semplicemente”, un gruppo terroristico votato alla distruzione dell’Occidente. Una sorta di forza speciale sunnita, che doveva difendere le popolazioni arabe oppresse dagli eserciti occidentali, ma già dal 2000 Abu Musab al-Zarqawi riteneva che fosse necessario andare oltre.

L’IS, infatti, nasce e si rafforza in Iraq, sfruttando le differenze religiose della popolazione, Paese con al potere la maggioranza sunnita, incarnata da Saddam Hussein. Le rivolte della minoranza sciita erano all’ordine del giorno, ma represse nel sangue. Immaginiamo, quindi, quanto la distruzione del regime sunnita, da parte delle forze americane, abbia segnato la fine di questo predominio e l’inizio dell’odio nei confronti dell’Occidente.

La figura di Saddam Hussein, non è importante solo per la sua fede religiosa, l’interpretazione sunnita del Corano, ma anche per essere il maggior esponente del partito Baath in Iraq. Sarebbe lungo ripercorrere qui la formazione del partito e la sua ideologia, vi rimandiamo per una conoscenza superficiale del tema a Wikipedia. Ci si limiterà a dire che il partito Baath esiste dal 1947, che nel 1967 ha visto la sua scissione irachena e che si fondava sul trittico “unità araba, libertà e socialismo”. (Con unità araba si indicava il collegamento “inevitabile”, al di là delle contingenti contrapposizioni, fra le varie realtà presenti nei vari Paesi arabi, mentre il termine “libertà” era da intendersi tanto in senso generale, per la nazione araba, quanto per l’individuo, come affrancamento dal bisogno e dallo sfruttamento.) Allo stesso modo, vi consigliamo di rivedere anche le differenze tra salafiti, sunniti e sciiti, che qui, per brevità, non si possono riportare.

Per comprendere l’IS è, perciò, fondamentale tenere in considerazione questi due filoni ideologici, che ne costituiscono le fondamenta. La volontà di raggiungere l’unità araba, con la costruzione di un unico Stato, e il dominio della religione islamica salafita e, quindi, sunnita. Un grande Califfato, appunto. Come abbiamo visto, la religione non solo è importante in questa analisi, ma è l’elemento fondante che da ossigeno a questa organizzazione. Si deve comprendere che l’IS è stato calcolato essere composto da non più di 8.000 individui, numero insufficiente per raggiungere gli obiettivi militari e strategici che sono riusciti ad ottenere fino ad oggi, per riuscirci l’IS ha infatti stretto una forte alleanza con il partito Baathista in Iraq e con alcune forze sunnite, fedeli a Saddam.

Riprendendo la storia dell’organizzazione, è importante sapere che dopo l’invasione statunitense, nel 2003, il gruppo di Zarqawi organizzò un violento attentato facendo esplodere un’autobomba in una moschea nella città irachena di Najaf uccidendo 125 musulmani sciiti, tra cui l’ayatollah Muhammad Bakr al-Hakim. Decise di stringere, così, la collaborazione con al Qaida definendosi come Al Qaida in Iraq (AQI), nonostante le differenze che abbiamo visto, ma l’alleanza era fondamentale per al Qaida per ottenere il controllo di alcune zone dell’Iraq, nonostante il dispiegamento delle forze americane. Nel 2006, Zarqawi rimase ucciso da una bomba americana, il suo posto era stato preso da Abu Omar al-Baghdadi, ucciso nel 2010. Il comando fu preso, allora, da Abu Bakr al-Baghdadi, attuale Califfo dell’IS.

Dopo una parziale sconfitta dell’ AQI, grazie all’intuizione di Petraeus, generale al comando delle forze statunitensi, che voleva una maggiore collaborazione tra le forze occupanti e le popolazioni locali, compresi i gruppi sunniti, l’AQI perse molto della sua presa in Iraq. Ma dal 2011 il gruppo ricominciò a rafforzarsi, staccandosi definitamente da al Qaida nel 2013 e dando vita all’IS, con le finalità che abbiamo descritto.

Da qui l’IS ha iniziato a conquistare territori e a costruire un vero e proprio Stato, sostituendosi alle istituzioni locali, ad ogni livello. Pensiamo alla creazione dei vari uffici reclami, con relativo numero verde, con cui l’IS gestisce la giustizia locale, o al modo in cui l’IS si finanzia, con la gestione degli oleodotti e la vendita del petrolio sul mercato, con ricavi vicini al mezzo miliardo di dollari l’anno. Ecco perché l’obiettivo dell’IS non è la sconfitta dell’Occidente, ma convincere l’Occidente a non occuparsi più del Medio Oriente, lasciano all’IS campo libero.

Territori conquistati dall’IS, fino ad oggi.

Se non si comprende questo, se non si comprende né quali siano i fondamenti ideologici che danno fondamenta solide a questo gruppo, né la sua forte connotazione territoriale, non saremo in grado di distruggerlo.

Per questi motivi, l’unico modo per sconfiggere l’IS, a nostro avviso, è una strategia che si muova su due principali binari: il piano militare, bloccando le fonti di finanziamento e facendo saltare i luoghi di addestramento o i centri di potere di potere (ottenendo, oltretutto, vittorie simboliche), e il piano culturale, aiutando il mondo arabo e islamico a ridurre le differenze religiose, alla base dei conflitti in Medio Oriente degli ultimi 60 anni. Ecco perché la voce dell’Islam moderato, oggi è fondamentale.

In un colloquio avuto all’Università di Oxford con l’Ambasciatore Peter W. Galbraith, Rappresentante Speciale per l’ONU in Afghanistan, si è analizzato lo scenario all’indomani della sconfitta dell’IS. Poggiando le sue fondamenta nelle gravi fratture che oggi affliggono il Medio Oriente, non si può che immaginare una soluzione post-IS che tenga conto dei particolarismi locali. Pensiamo ai Curdi e alle importante vittorie che stanno ottenendo contro lo Stato Islamico, unica vera forza militare anti-IS sul campo. Oggi godono di soli limitati riconoscimenti e parziali autonomie. Immaginare di voler continuare a sostenere un Dittatore che funga da tappo in queste regioni lacerate, per evitare lo scoppiare di movimenti autonomistici e non considere i particolarismi locali, sarebbe, di nuovo, rimandare il problema e non risolverlo alla radice.

Bandiera del Kurdistan.

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