Quando parliamo “di ambiente”, alla nostra mente arrivano i grandi problemi di aria, acqua, suolo, paesaggio, i grandi incidenti petroliferi degli ultimi anni, l’inquinamento radioattivo degli ultimi giorni e altri temi lontani dalle responsabilità del singolo. Viene così da chiedersi se effettivamente i fondi dedicati all’educazione ambientale non dovrebbero essere destinati ad altre urgenze. Insomma, tamponare le cose importanti adesso o investire su un faticoso e incerto futuro? Tori Zwisler, direttrice di questo vero e proprio colosso di educazione ambientale ha risposto alle nostre domande, volutamente incalzanti, con convinzione e interesse.
“Sono d’accordo con l’osservazione che l’educazione ambientale riguardi un approccio a lungo termine, allo stesso tempo però abbiamo modo di direzionare gli studenti all’attenzione per lo sviluppo sostenibile” e a conferma di questo parla della concretezza che cerca di dare al lavoro alla figura professionale dell’educatore ambientale: “privilegiamo le attività esperienziali, progetti concreti e di breve termine, per esempio consideriamo 6 mesi già un termine troppo lungo per mantenere l’attenzione”. Le attività rimangono concentrate sul “coinvolgimento in progetti focalizzati che possano essere poi completati e implementati per conto proprio dagli studenti: raccolta differenziata, programmi di riciclo, risparmio di buste di plastica, utilizzo di bacchette riutilizzabili e altre piccole cose”.
Le attività di Roots and Shoots si svolgono a Shanghai, dove Miss Zwisler ci fa luce su un contesto in cui “coinvolgere sei scuole significa direttamente coinvolgere 6000 studenti. Il nostro lavoro è quello di raccogliere le informazioni, accumularle e renderle interessanti e motivanti nella realizzazione dei nostri progetti” e per quanto riguarda la riposta del popolo cinese pare che piaccia “fare la differenza, avere un qualche tipo di impatto e continuare a farlo”. A proposito di studenti è inoltre non indifferente il passaggio di informazioni all’interno del contesto familiare: “quando fai educazione ambientale non la stai facendo solo con i bambini, ma anche con gli adulti. Se un ragazzino sta risparmiando energia lo inizieranno ad osservare anche i genitori, e poi i vicini e le loro famiglie e così via”. Niente di nuovo forse per gli esperti di educazione ambientale, ma è pur vero che il discorso si amplifica in un contesto dove la vita è stata stravolta nel giro di 20 anni e dove le nuovissime generazioni parlano inglese e di ambientalismo, mentre i genitori rimangono in un certo senso indietro rispetto ai fenomeni globali.
In una città come Shanghai inoltre emerge un nuovo fenomeno fino a poco fa inconsueto, quello degli animali domestici. Non è infrequente per noi italiani scherzare a riguardo, visto l’utilizzo a scopo alimentare – peraltro anche pregiato – di animali come il cane, a noi del tutto estraneo. Fino a poco tempo fa l’utilizzo dell’animale domestico in contesti urbani cinesi era qualcosa di impensabile, ma ora una nuova generazione di cittadini, desiderosa di assomigliare sempre più al consumatore fashion occidentale, inizia a possedere un animale domestico scoprendone i grandi onori ma anche i numerosi oneri. E così in una città come Shanghai pare che Roots and Shoots trovi il suo perché anche nell’aiutare la popolazione, in primis i bambini, a “vivere insieme ai loro animali domestici. E’ una città piuttosto ricca e ne vogliono sempre di più negli ultimi anni. Noi vogliamo aiutare le persone a vivere meglio con i loro animali e imparare nozioni di base per esempio circa le necessità di vaccino”. Non dimentichiamo infatti che la maggiore conseguenza di un acquisto sovrappensiero di un animale domestico è l’abbandono. “C’è un discreto fenomeno di abbandono di animali a Shanghai. Nel nostro ufficio (composto da 17 addetti, ndr) 6 persone hanno preso con loro animali abbandonati”. E a proposito dell’educazione alla vita con gli amici a quattro zampe, si spera che si faccia qualcosa anche contro il dilagante fenomeno dei barboncini con le converse alle zampe e i ciuffi tinti di colori fluorescenti (passeggiare per la metropoli per credere).
Una valutazione positiva quindi, quella sul lavoro di Roots and Shoots, dalle informazioni in nostro possesso e dalla passione con cui parla chi vi lavora. Un po’ più di contraddizione per le fondazioni di questo tipo è la raccolta fondi. Abbiamo chiesto, trattandosi di un’organizzazione che domina la scena di una città di 24 milioni di abitanti e che ha la propria sede in un grattacielo a poche centinaia di metri dalla centralissima People’s Square, se si è mai ricevuta una “proposta indecente”. In questo caso l’associazione pone delle limitazioni nell’accettazione di donazioni solo per coloro che hanno affari in traffico d’armi e industrie del tabacco. Coscienti del fatto che non è sempre facile indagare sulla vita ambientale di numerosi processi produttivi, la risposta è che “noi preferiamo vedere il bicchiere mezzo pieno”. Ed è pur vero che gli investimenti nel campo dell’educazione ambientale non sono sempre tanti ed è meglio avere dei liquidi attraverso i quali riproporre un bilanciamento, magari per educare nuovi futuri capitani d’impresa a fare meglio. Apprezziamo la sincerità e la consapevolezza della Fondazione, seppure riteniamo che qualcosa in più si potrebbe fare su questo aspetto.
Attualmente Roots and Shoots ha come cavallo di battaglia il progetto 3 million trees, che porterà letteralmente nuovo ossigeno nella Mongolia interna, per conoscere questo e altri progetti dell’avanguardia dell’educazione ambientale, navigare sul sito www.jgi-shanghai.org
Autore: Samuele Falcone