Educare con le tecnologie

Da Psychomer
by Antonia Casiero on settembre 5, 2012

I digital natives (M. Prensky, 2001) costituiscono la nuova generazione. Chi sono? Ragazzi nati e vissuti con e tra le tecnologie. Sempre connessi col mondo davanti ad un monitor, col cellulare, con l’iphone, con il tablet; ma quanto è in grado un ragazzo esposto a mille sollecitazioni, di vario tipo, nel web, a discernere le informazioni, le fonti, i contatti giusti e le opportunità migliori che offre Internet?

E’ giusto intervenire drasticamente nel ridurre l’uso di questi strumenti, perché potenzialmente “pericolosi” o assecondare i ragazzi nel loro utilizzo?

Come si pongono i genitori e la scuola di fronte a questi interrogativi?

I cambiamenti che si sono avuti nel passato sono stati lenti, oggi si assiste a cambiamenti continui e veloci, che spiazzano letteralmente chi di educazione si occupa. La mancanza di competenze tecnologiche, in alcuni casi, e l’essere “attaccati” a metodi di insegnamento tradizionali spesso impedisce di valutare le opportunità che offrono le tecnologie.

Come sostiene W. Venn “l’Homo Zappiens (2006) è un problem solver creativo che, abituato sin dai primi anni di vita ad utilizzare gli strumenti tecnologici , si espone ad un sovraccarico di informazioni ed è un esperto comunicatore, che apprende in modo auto-diretto“.

Con questo stile di vita e di interazione cambia, anche, il rapporto con l’istituzione educativa e formativa, che diventa solo uno dei tanti punti focali della propria vita – considerata come una realtà disconnessa –, più o meno irrilevante per il proprio futuro. Il comportamento iperattivo e la limitata capacità di attenzione in classe diventano sintomi della poca pazienza nello stare ad ascoltare un docente che parla per decine e decine di minuti (anche per ore) togliendo ogni controllo dell’informazione. Il gioco (elettronico) e le altre attività individuali e sociali svolte in rete portano il giovane tecnologico a sviluppare abilità di interrogazione e scoperta e di problem-solving, ad apprendere in rete, a pensarsi come parte di una rete, attraverso l’esperienza, la collaborazione, in modo attivo ed auto-organizzato. Per l’Homo Zappiens, l’apprendimento è ricerca di significato ,la conoscenza è comunicazione sul significato, i dati digitali e l’informazione diventano strumenti per la costruzione di conoscenza e apprendere con le tecnologie è andare oltre la comprensione del pensiero degli altri, generando nuove idee per se stessi.

Un esempio di scuola che ha tenuto conto dell’innovazione per porsi più in sintonia con il giovane tecnologico è quella olandese: organizza le proprie attività didattiche in segmenti di 4 ore, in gruppi (in rete) di 90-150 allievi, con unità operative di 12, in gruppi di interesse, con un apprendimento basato sulla ricerca e su compiti autentici e contenuti trattati in modalità interdisciplinare, con le tecnologie di rete come infrastruttura portante del sistema.