di Gabriele Salvatores
con Arnas Fedarivicius, Vilius Tumalavicius, John Malkovich
Italia 2013
durata, 110
La vicenda collocata a cavallo del crollo dell'impero sovietico è ambientata tra una comunità criminale che vive in Siberia. Relegata ai margini della società, braccata da esercito e polizia, stremata dall'indigenza, quella di Kolima e Gagarin è un amicizia vissuta all'orizzonte di una legge non scritta che nonno Kuzja si preoccupa di trasmettere e di far rispettare senza alcuna eccezione. Una durezza mitigata da un'esistenza fatta di cose concrete, che si possono vedere ed a cui ci si può attaccare nel momento del bisogno, come i tatuaggi che Kolima ha imparato dal più bravo dei maestri, oppure il legame fraterno che unisce lui e l'amico alla banda di coetanei che si prepara ad entrare nel mondo degli adulti. Un senso d'appartenenza che entra in crisi quando Gagarin, uscito di prigione decide di agire a modo suo, mettendo in discussione gli insegnamenti ricevuti. Sorretto dalla fonte letteraria "L'educazione sentimentale" di Salvatores non ci mette molto a far breccia sul pubblico con un empatia che si mette al riparo da eventuali riprovazioni, piazzando il carisma di un attore come John Malkovich a leggittimare la spietatezza di un personaggio come quello di nonno Kuzjia, "criminale onesto" che alla stregua di Robin Hood ruba ai ricchi per donare ai poveri; e poi rinforzando la dose con la freschezza fotogenica dei due giovani protagonisti impersonati dai volti sconosciutici di Arnas Fedarivicius e Vilius Tumalavicius. E poi c'è il gioco dei sentimenti, esercitato attraverso l'alternanza delle vicende che porteranno il film verso una conclusione inaspettatamente drammatica, con il confronto tra tradizione e modernità rappresentato dalla natura e dai comportamenti di Kolima e Gagarin. E' dalla loro contrapposizione, in cui c'e di mezzo anche una ragazza, che prende sostanza un filo narrativo che fa il verso al nostro presente, mettendo in scena la ricerca di senso di un' umanità all'interno di un mondo che, dopo il crollo delle ideologie connesso con la frantumazione dell'ex Unione sovietica, sembra non averne più. Il meccanismo però funziona solo in parte perchè la volontà di realizzare un prodotto popolare ed esportabile fa diventare tutto troppo semplice, con la struttura del libro, impoverita (la violenza anche efferata è quasi del tutto eliminata) e rimontata all'insegna del tutto esplicito, a detrimento di quella linea d'ombra che da sempre appartiene ai racconti di formazione a cui "Educazione Siberiana" appartiene. Luci ed ombre di un film che si avvale di un Salvatores stranamente sottotono nella gestione delle immagini, condizionate forse, dai limiti di un paesaggio interamente da ricostruire (girato a Vilnius, in Lituania, dove non esiste più un insegna scritta in cirillico) e quindi appiattite su inquadrature senza via d'uscita, tra primi piani e controcampi da passaggio televisivo. Un Salvatores in tono minore che non mancherà di trovare il suo pubblico ma lascerà delusi i suoi fan più affezionati.