Nelle tenebre di un microcosmo al limite tra civiltà e bestialità, si muove con passo irrequieto una coralità cupa, dalla voce impersonale, espressione drammatica dello sradicamento e della dispersione. È il popolo offeso e maltrattato degli Urka, i “criminali onesti” siberiani, direttamente estratti e rimodellati dalle dettagliate analisi di Nicolai Lilin in Educazione siberiana (Einaudi 2009), un romanzo in realtà più simile a un piccolo diario-trattato antropologico. Indubbiamente singolare l’idea di ricavare una pièce da una narrazione così scarna di eventi salienti, e costantemente rallentata da digressioni volte a spiegare usi e costumi di un universo arcano. Il regista Giuseppe Miale di Mauro ha scelto di focalizzarsi sull’intimità violata di un ambiente familiare continuamente insidiato dall’esterno, «costringendola a convivere con l’invadente presenza di un muro che ricorda quello di Berlino, e che, proprio come quello, delimita una linea di confine; oltre quel muro c’è la vita che i vecchi criminali detestano e alcuni giovani ambiscono». Siamo nell’indefinibile terra della Transnistria, sulle rive del fiume Dnestr. Il prologo declamato dalla bravissima Elsa Bossi, nel sofferto ruolo della madre, ci cala all’interno di un calderone storico-politico da cui poi i personaggi emergeranno con tutto il proprio contrastato impeto anarchico, nel tentativo di sovvertire ogni ordine prestabilito. Il comunismo e gli “sbirri” assumono le fattezze di entità fagocitanti sull’orlo del collasso; attorno a questo sistema a rischio di implosione, agiscono i criminali, depositari di antiche norme di comportamento e gesti rituali, che si rifanno a un codice non scritto, intriso di religiosità e senso dell’onore.
Due generazioni si confrontano sulla scena: nonno Kuzja (Luigi Diberti) incarna l’etica sacra degli anziani, impartendo lezioni di vita e di sopravvivenza a giovani inesperti da svezzare e irrobustire; il valore delle armi, il significato dei tatuaggi – vere e proprie storie disegnate sulla pelle, in un groviglio di forme e figure tutte da leggere e interpretare – il rispetto verso i più deboli, l’odio viscerale per la polizia, l’accettazione dell’assassinio come atto estremo, in certi casi necessario. La sua voce autoritaria cerca di bilanciare i due fuochi rappresentati da Boris (Adriano Pantaleo), fedele all’educazione siberiana e sostenitore dei valori più alti della sua comunità, quali l’amore, l’amicizia, la lealtà, e Yuri (Francesco Di Leva), personaggio ambiguo fin da subito, che non esiterà a tradire e rinnegare ogni tipo di legame con i suoi compagni e familiari per vendersi al migliore offerente, rappresentato dal potere materiale del consumismo più gretto. Ciò che non avviene sotto i nostri occhi, è affidato al retroscena, crudo teatro della violenza e dei soprusi, delle torture e delle umiliazioni, il tutto contornato da luci e musiche di grande impatto. Sarà questo spazio a inghiottire i due fratelli, nell’atto ultimo di una lotta fisica e morale che si perde nell’indeterminatezza del crepuscolo degli idoli. Una drammatizzazione forse poco incalzante, ma indubbiamente carica di angoscia e inquietudine, due sentimenti che stanno alla base di ogni ribellione, volontà di vita che qui si unisce in un deleterio amplesso al rischio di morte.
In copertina: Giuseppe Miale di Mauro, Luigi Diberti e Nicolai Lilin
Fotografie di Andrea Macchia
Educazione siberiana
di Nicolai Lilin e Giuseppe Miale di Mauro
da un’idea di Francesco Di Leva e Adriano Pantaleo
Regia: Giuseppe Miale di Mauro – Scene: Carmine Guarino – Luci: Luigi Biondi – Musiche: Francesco Forni – Costumi: Giovanna Napolitano – Cura del movimento: Roberto Aldorasi – Aiuto regia: Andrea Vellotti – Assistente alle scene: Dino Balzano
con Luigi Diberti
e con Elsa Bossi, Pippo Cangiano, Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino, Stefano Meglio, Adriano Pantaleo, Andrea Vellotti
Produzione: Fondazione del Teatro Stabile di Torino / Teatro Metastasio Stabile della Toscana
Emilia Romagna Teatro Fondazione
in collaborazione con NestT (Napoli est Teatro)
Torino, Cavallerizza Reale – Maneggio, dal 26 febbraio al 21 marzo 2013 (prima assoluta)