Edoardo Reja detto Edy è tra gli allenatori di Serie A il più anziano, con i suoi 65 anni e pure quello tra i più discussi tra i tifosi della propria squadra, fenomeno che non gli è peraltro poco familiare.
Già quando era alla guida del Napoli, infatti, non erano pochi i tifosi della squadra campana a esternare giudizi poco lusinghieri verso il gioco prodotto dalla squadra di Reja e a giudicare l'allenatore friulano non all'altezza di guidare una formazione di alto livello, anche per le difficoltà a relazionarsi con il giocatore più tecnico e carismatico della squadra, l'argentino Ezequiel Lavezzi, del quale sembrava soffrire l'estro e l'esuberanza da poeta del calcio.
Fatto sta è che l'esperienza di Reja col Napoli si concluse alla vigilia del rafforzamento della compagine partenopea, che aveva nel mirino le zone alte della classifica, e metteva l'allenatore per la via di Spalato, dove per alcuni mesi il tecnico, di padre sloveno e fluente nel serbo croato, guidò la squadra locale dell'Ajduk Split, fino a quando non giunse da roma l'invito di Claudio Lotito a prendere in mano il destino della SSLazio, coinvolta nella lotta per non retrocedere, dopo aver cominciato la stagione addirittura vincendo la supercoppa italiana battendo i campioni nazionali dell'Inter allora guidata da Jose Mourinho.
Accettato l'incarico Reja portò a termine la sua missione e la Lazio si salvò abbastanza agevolmente.
Merito del tecnico, naturalmente, soprattutto perché riuscì a scuotere i giocatori da uno stato di inspiegabile torpore in cui erano caduti e riportarli a rendere per quello che era il loro non certo disprezzabile valore.
Ottenuto il risultato subito nell'ambiente laziale cominciò la discussione sulla opportunità di confermare Reja o piuttosto di cercare un nuovo tecnico, più giovane e ambizioso.
La dirigenza giudicò più saggio continuare con Reja, mettendogli a disposizione una squadra opportunamente potenziata per puntare alla qualificazione per una competizione europea.
La stagione 2010/11 si concluse tra alti e bassi con il raggiungimento dell'obiettivo minimo fissato e, nonostante i rimpianti per la mancata qualificazione per la più prestigiosa Champions League, la presidenza giudicò saggio confermare il tecnico uscente.
Intanto tra i tifosi si era formata una non piccola frangia di contestatori, che imputava all'allenatore un gioco troppo sparagnino, votato più che altro alla difesa dello zero a zero e vero responsabile del mancato raggiungimento della qualificazione,che ad un certo momento sembrava a portata di mano.
Non secondario elemento il difficile rapporto che il tecnico aveva instaurato con la stella della squadra, un altro argentino tutto estro e fantasia, quel Mauro Zarate che aveva riportato l'entusiasmo tra i tifosi biancocelesti dopo un lungo periodo grigio.
L'evidenza che Edy Reja, votato ad un calcio tutto impegno e sostanza, proprio non sopporta i giocatori tecnici ed estrosi era anche indicata dalla decisione di far giocare l'altro calciatore dai piedi raffinati della squadra, il brasiliano Hernanes, a ridosso degli attaccanti, anzi da vero attaccante, costringendo il centravanti Floccari a ripiegare a centrocampo e lo stesso Zarate a coprire la fascia, quasi sempre la sinistra, del campo.
Il risultato fu che Hernanes, pur scomparendo dal gioco per lunghissi periodi di tempo, grazie alle sue doti indiscusse, realizzò 11 gol, mentre le chiavi della manovra vennero affidate al compassato ma solido Ledesma.
Il confermato Reja pensò bene di regolare subito le cose chiedendo la cessione dei due attaccanti, Zarate e Floccari, giudicati i responsabili dei pochi gol realizzati dalla squadra, e l'ingaggio di due "veri" cannonieri, il tedesco Miroslav Klose, 32enne attaccante dalla fama e dal carnet indiscutibile, e il variopinto Dibrjl Cissé, francese 30enne dalla carriera altalenante.
Inutile dire che la cessione della stellina Zarate non ha migliorato i giudizi nei confronti di Reja da parte di un folto gruppi di tifosi laziali, tanto che l'allenatore, spesso beccato dal pubblico è arrivato a offrire le dimissioni al presidente Lotito, che però gli ha confermato la sua fiducia incondizionata.
Ma come sempre nel calcio l'unica cosa che veramente conta è il risultato che viene conseguito in campo e Reja ha una sola via per tacitare la critica: vincere.
Gli è riuscito di vincere facile coi macedoni del Rabotnicki, accendendo la fantasia dei tifosi più ingenui, ma l'avvio di stagione è in realtà stato molto più difficoltoso del previsto, dal momento che nelle cinque partite di campionato la squadra ha ottenuto otto punti, con una sconfitta casalinga col Genoa e due pareggi, nonostante un calendario favorevole e nel girone di Europa League un pareggio interno coi romeni del Vaslui e una sconfitta contro lo Sporting di Lisbona, sempre mettendo in mostra un gioco tutt'altro che trascendente.
Ma come si è formato un partito critico nei confronti dell'allenatore, subito ne è sorto un'altro tutto a sua difesa e con una carica di fanatismo che preoccupa, perché è ormai vietato dissentire in qualsiasi modo, secondo il principio che chi critica l'allenatore critica la Lazio e, in fondo in fondo, è romanista.
Per cui su certi siti si possono leggere cose involontariamente anche comiche, come certi commenti in tempo reale alla partita Fiorentina Lazio di ieri, nei quali giocatori bollati come pippe disumane diventavano improvvisamente campioni indiscutibili perché avevano segnato un gol.
Questo il caso del su nominato Hernanes, che avendo fatto da spettatore, non per colpa sua ma di chi lo aveva messo in campo in una certa posizione, era già diventato il caso del giorno (e lo diventerà sicuramente)
con la prima palla che gli è capitato tra i piedi si è esibito in uno dei suoi numeri, liberandosi facilmente dalla marcatura dell'ex De Silvestri e battendo il portiere viola Boruc.
Naturalmente è spuntato subito fuori lo scienziato del calcio che ha subito spiegato che il gol non era tanto merito dell'abilità individuale del brasiliano, quanto il frutto della manovra corale della squadra, così abilmente preparata dall'allenatore, che aveva portato al tiro Hernanes dopo una lunga serie di passaggi. Peccato che tutta la solita lentissima manovra non avesse messo il giocatore in condizioni di tirare, essendo marcato da un difensore avversario e che solo attraverso il suo classico gioco di gambe avesse potuto trovare lo spazio e il tempo per battere a rete: un dettaglio non insignificante, mi pare.
Il successivo gol di Klose, che si è confermato in queste settimane alla Lazio il fuoriclasse che è sempre stato, ha finito per liberare tutta una serie di peana al gioco meraviglioso impostato dal tecnico, ignorando che il miglioramento era avvenuto dopo le sostituzioni di tre giocatori, tra cui quella dell'attaccante Cissé, pressoche nullo fino a quel momento, con il più manovriero e completo Giuseppe Sculli, che ha offerto una maggiore copertura a centrocampo e difesa, migliorando sensibilmente l'equilibrio della squadra.
La mossa in realtà non è altro che un ritorno all'antico, alla squadra dello scorso anno, nella quale era Zarate a coprire la fascia, con Floccari che copriva le sortite di Hernanes.
Le partite fin qui giocate hanno messo chiaramente in luce che con due attaccanti veri davanti, Klose e Cissé, Hernanes non trova più gli spazi per tentare il tiro e che la squadra è troppo squilibrata in avanti, tanto da subire molti più gol che in passato.
Serviva veramente acquistare Cissé, per sostituire uno Zarate che è sicuramente molto più adatto a sostenere quel ruolo?
Per arrivare allo scambio tra gli attaccanti poi è stato messo in piedi un teatrino vergognoso, che ha fatto passare il ragazzo argentino, reo solo di essere un po' troppo timido e introverso, per una specie di teppista spacca spogliatoi e il giocatore francese, un buon mestierante del calcio europeo, per una specie di fenomeno (come se si potesse acquistare un fenomeno con quattro soldi e dal campionato greco).
Un'abile manovra commerciale, quella dell'acquisto di Cissé, messa in piedi da un noto operatore di mercato e nella quale in tanti sono caduti con tutte le scarpe: la verità è che se fosse stato Zarate a mostrare le prestazioni che sta offrendo Cissé in queste settimane, sarebbe stato spellato vivo dalla frangia di "tifosi" che per qualche motivo sconosciuto lo odia a morte.
Ma siamo soltanto al prologo della stagione e troppo dobbiamo ancora vedere e leggere, in attesa del derby capitolino, partita fondamentale nella stagione della Lazio e del suo allenatore.