Effetto Bartleby

Creato il 15 novembre 2015 da Povna @povna

Le ultime due settimane sono state, per l’attività scolastica della ‘povna, niente meno che agghiaccianti. Gli effetti della buona scuola (cosiddetta) ricadono, goccia a goccia, insensibili e pesanti, rivelandosi la dimostrazione pratica costante del proverbio “gutta cabat lapidem”.
Pensata, esplicitamente, per una cultura dell’educazione di stampo aziendale e dirigista, la legge Renzi passa, e rovina tutto ciò che tocca, trasformandolo nel migliore dei casi in sabbie mobili, nel peggiore in una serie di risse da pollaio. Sbucciata nella lettera (come può essere una legge con un solo articolo importante sottodiviso in una infinità di commi), così come nella sostanza, non si salva nessuno; o forse, come argomentavano ieri la ‘povna e l’Anziana di Ginevra, soltanto quei pochissimi dirigenti veramente outstanding, capaci di governare la realtà in virtù di una eccezionalità che – come il martirio e l’eroismo – non dovrebbe essere richiesta ai funzionari del pubblico impiego. Non si è salvata, così, nemmeno Barbie, che, dirigente brava, onesta, costituzionalmente aperta e delegante, di fronte alle novità arruffate delle legge è rimasta suo malgrado sotto; e non si è salvata di conseguenza la scuola della ‘povna, dove l’occasione ghiotta (?) dell’assalto alla nuova diligenza per i supposti quattro spiccioli, ha rinfocolato la divisione storica tra gli indirizzi, ritracciando con filo spinato e cemento i confini del grande fossato.
La ‘povna, pure lei, ci è rimasta presa in mezzo, perché in una scuola italiana in cui (di media) nessuno sa per bene un’altra lingua oltre alla propria madre (e anche quella, anche anche), pochi possono dire di masticare per davvero l’informatica, ancora meno sono abituati a comunicare per via elettronica, nonché a comprendere i codici relativi di registro, quasi tutti invocano quasi con orgoglio l’incapacità di comprendere la legge, le sue competenze sono da un lato invocate praticamente ovunque, dall’altro (poiché lei appartiene a una parte ben precisa dei due fronti) accolte con noncuranza e, nella loro squisita specificità, sottovalutate.
“Probabilmente siamo in cinque al massimo in tutta la scuola a capire davvero le sfumature di una serie dovuta di atti di indirizzo” – ha detto una volta la ‘povna a Esagono durante uno dei loro aggiornamenti del giovedì nel laboratorio di informatica. E a Esagono, che pure è più mite di lei, tendenzialmente, non è restato che annuire mesto, prima di tornare al lavoro.
Succede così che si consuma una guerra dei poveri per l’elezione al comitato di valutazione, da un lato; mentre dall’altro la ‘povna viene coinvolta suo malgrado prima nella stesura e poi nella messa a punto di un progetto (di cui lei provvederà a fornire ai colleghi le linee generali, e anche la sostanza, dopo meno di cinque ore dalla riunione di coordinamento, il giorno stesso, avvenuta con toni e modi che tacere è bello), per la quale non sarà nemmeno ringraziata. Il premio sarà invece, dopo una sua messa a verbale della non disponibilità a coordinarlo, motivata dal fatto che è già presa da altri atti formali vincolanti (per esempio la stesura del Piano Triennale, l’Erasmus +, il Consiglio di Istituto, la presenza nella commissione del rapporto di autovalutazione e i due coordinamenti di classi, il tutoraggio di Scovolino neo-assunto – tutta, come si vede, robetta), il fatto che la vicepreside Querula, con modi e atti meschini e insieme stupidi, le dice che Barbie vuole lei, e proprio lei, a fare da referente. E quando la ‘povna le farà notare che si tratta di un’area che non è mai stata di sua competenza, lei si è limitata a scrivere le linee guida su richiesta (visto che pare che nessuno sia in grado di maneggiare l’italiano con fluidità tranquilla, tranne lei, Galileo, che l’ha aiutata, e pochi altri), e che si aspettava che lei comunicasse a Barbie quanto aveva già detto in commissione, con la logica dell’ovvio inderogabile, la Querula le risponderà testualmente: “I referenti dei progetti li decide la Preside, non è possibile rifiutare, come capisci; se non lo vuoi le scrivi personalmente”.
La ‘povna si incazza (per la terza volta in dieci giorni, moltissimo) e prima fa presente che quella conversazione non ha ragione di essere, perché lei ha già rifiutato in maniera ufficiale e preventiva, e dunque stava a Querula dirlo a chi di dovere, senza coinvolgerla, poi ricorda che, a sua memoria, la possibilità di allontanare il calice è stata negata solo a Gesù Cristo e, per quanto la sua opinione di sé sia molto alta, non era ancora arrivata a considerarsi figlia di Dio, infine, con l’aiuto di Galileo, scrive una lettera di rifiuto per Barbie soave e incontrovertibile, che le invia appena arrivata a casa.
Ma è solo l’inizio. Perché quello che è successo segna, indelebile, una ferita di non ritorno. E così – mentre novembre corre via frenetico e senza traccia di respiro, tutti i giorni – va a riprendere le parole con le quali l’aveva salutata, in estate, dopo gli esami, Piccolo Giovanni (“un augurio anche lei a prof che continui sempre con questa determinazione a fare le cose ma magari cerchi ogni tanto di dire di NO”); e, forte della sua iniezione di sana giovannina, programma per i mesi a venire i passi per un effetto Bartleby a cascata. Ne fanno parte la già citata lettera, e poi la decisione di non candidarsi come espressione eletta dal consiglio di istituto al comitato di valutazione (tre insegnanti soli per ogni scuola, che decideranno i criteri di nuova assegnazione dei bonus, e molto altro), candidatura che in tutta la scuola viene data per ovvia, e anzi attesa con queste parole testuali: “Non importa chi eleggiamo dal collegio, tanto poi a dare competenza e conoscenza ci penserà la presenza della ‘povna”. La decisione è di quelle pesanti, discussa con gli Amicolleghi, con l’Ingegnera Tosta, con Mafalda e Patty Albione (nella chat degli Ex), con Galileo, Hal9000 e (ovviamente) con Esagono; e, dopo molto pensare, anche irrevocabile.
La ‘povna la commenta con Mr. Higgs in una sera di cena insieme. “Peccato” – le dice – “anche se capisco”. Lei torna a casa pensando che ha fatto bene; Rob dal canto suo ammicca. Poi, il sabato, arriva la convocazione del Consiglio, e la ‘povna scoppia a ridere. Perché leggere, e mandare un mail di impossibilità a partecipare è un gesto unico. Ma non capita tutti i giorni di poter portare, come giustificazione dell’assenza, la prima riunione di coordinamento di un progetto internazionale a Nicosia (Cipro).