Un villaggio è allo stremo delle forze. Manca il cibo, gli abitanti stanno morendo a causa della fame e della sete. Non rimane altro da fare che rivolgersi ad un potere più elevato, ad una Dea che sia in grado di aiutare il popolo e donare loro un briciolo di sopravvivenza.
Grazie ad uno sciamano, tutto ciò diventa possibile. La benevolenza della Dea è indiscussa, leale, e votata al rispetto verso il suo popolo.
Ma cosa accade quando una persona inizia a volere di più?
Fin dove potrebbe spingersi un animo per acquisire sempre maggior potere e agiatezza?
La gestione della trama è delle più classiche, al punto che riesce facile comprendere dove porterà nel finale, ma quello che meraviglia è la sapienza, la naturalezza con cui assistiamo prima al declino, poi all’evoluzione e di nuovo al declino di un intero popolo.
Popolo che, come noi stessi potremmo definirci, lascia che siano altri a costruire il sentiero da percorrere, lasciando volutamente il potere nelle mani di una sola, o al massimo poche persone, fino a quando questo non viene rivoltato e girato a loro sfavore.
Una chiara metafora del mondo moderno, in cui le comodità, il “tutto subito” e la pace effimera che viene dalle cose di tutti i giorni, sembra coprire la reale natura, privandola di quella giusta importanza che non dovrebbe mai essere data per scontata.
Mi sarebbe piaciuto dirvi qualcosa di più su questo corto e sulle persone che hanno contribuito alla sua realizzazione ma devo ammettere che non me la cavo molto bene con il giapponese (lingua in cui sono riuscito a trovare le già scarne informazioni).
A questo proposito invito chiunque di voi abbia notizie più dettagliate, a comunicarmele. Provvederò ad aggiornare l’articolo citando, ovviamente, anche le fonti.
Vi lascio alla visione rinnovandovi l’appuntamento alla prossima settimana con l’ultimo capitolo di questa rassegna.
Buon divertimento.