Hai voglia a dire e scrivere di cose che leggi su comunicati stampa trionfalistici, che spacciano per innovazione digitale quegli stracci di eGovernment all’italiana che innovazione non sono. E i giornalisti, sempre più frettolosamente, sempre più superficialmente, tutti (o quasi) dietro. Prendiamo il caso del Click Day per la regolarizzazione degli immigrati. C’è un collega che il click ha provato a farlo sul serio, per aiutare una zia in difficoltà con la colf. La cronaca della sua esperienza è desolante ed esilarante allo stesso tempo.
La marca da bollo è telematica ma non si acquista on line. Si deve andare dal tabaccaio...
Roberto Buonanno, editore italiano di Tom’s Hardware ed esperto informatico, racconta sul suo blog di essere “stato in ballo 3 ore per compilare un modulo online e poi capire come scaricare e far funzionare uno programmino in Java per l’invio della richiesta”.
E aggiunge: “…La cosa più bella però è la sorpresa nell’ultima pagina del modulo. “Ora vai dal tabaccaio, compra una marca da bollo telematica e inseriscine gli estremi”.
E poi: “…Ma la cosa più ridicola è che per inviare il modulo compilato sul sito bisogna scaricare un programma a parte. Ovvero, un’applicazione in Java, disponibile per Windows, Linux e Mac. Aggiungere un bottone “Invia” al modulo del sito era proprio impossibile? Ci credo che la mia zietta era andata in confusione…”.
Dulcis in fundo: “…Ho chiuso il programma e il panico mi ha colto quando alla radio e sui quotidiani ho letto che l’infausta applicazione Java avrebbe dovuto fornirmi una prova stampabile dell’orario di invio. Solo con molti tentativi e un po’ di pazienza ho capito che giornali, radio e TV come sempre raccontano un mucchio di sciocchezze, e che la ricevuta si scaricava dal sito del Ministero degli Interni”.
Fin qui la “prova su strada” del Click Day, fatta da un esperto di computer. E gli utenti “normali”?