Ehi, tu, lassù: e allora dillo che ce l'hai con noi!

Da Suster

Disse la Suster agitando il pugno chiuso verso un cielo lattiginoso e pulviscolare, dietro il quale faticava invero a intuire una qualsiasi forma di essenza divina.
Perché non mi spieghi chiaramente cos'è che vuoi da me per emendare il mio peccato originale?
E' forse per quella vecchia storia che non ho fatto battezzare Mimi? Ma non me l'ha già abbastanza fatta pagare mio zio col suo stalking telefonico? O sarà a causa della promiscuità di credo che vige nella nostra peccaminosa famiglia? No, dimmelo, accidenti: illuminami sulla strada della redenzione, e se proprio non vuoi tirarmi fuori da questa valle di lacrime, per lo meno evita di farmi piovere ancora addosso merd locuste, ché tanto sono buona a tirarmici fuori anche da sola, ma sai, qui miracoli non ne posso fare mica.
Del resto non ho mai offeso il presunto Figlio tuo e nemmeno il tuo Profeta dell'altra sponda, ma a pensarci bene forse mi conviene evitare di inimicarmi quello, infilarmi il chador e iniziare a praticare le cinque abluzioni rituali giornaliere, perché a livello di castighi e indulgenze è sempre meglio tenere il piede in due staffe...
Non so quanto mi convenga essere pure blasfema, oltretutto, come se io non ne avessi avute abbastanza, di sfighe su vari fronti negli ultimi tot mesi.
Lo dicevo giusto ad un'amica poco fa, messaggiandola via FB, che ormai non riuscirei a elencarle nemmeno a volerle raccogliere in una trilogia da Best Seller pseudo-storico alla Dan Brown.
E poi concludevo il messaggio così:
Scusa ma ora ho da autoredigermi la denuncia per truffa al mio assicuratore di fiducia avendo cura di falsificare le date in modo da non lasciar trascorrere i tre mesi oltre i quali decorre il limite massimo per sporgerla.
Sì perché la tipa  in divisa che stamani, dopo appena tre ore di attesa nella sala omonima (d'attesa), e pur essendo io in evidente stato d'attesa (ah ah!), e dopo avermi fatto passare avanti due tizie che avevano l'aria losca di essere sue conoscenti, col pretesto che il loro caso fosse più urgente del mio, e avermi ricevuta scocciata manco fossi una querelante alla porta del monastero dicendo che lei non poteva perdere la mattinata appresso a denunce per truffa, quando doveva occuparsi di cose ben più serie (mah! Tipo la rapina a mano armata avvenuta ieri presso il chiosco del kebab in Borgo, immagino), mi ha infine consegnato un fac-simile di denuncia da autocompilare e consegnare in triplice copia al suo collega del pomeriggio, perché tanto si suppone che io non solo non abbia altro da fare, ma persino muoia dalla voglia di trascorrere altre tre ore nella sala d'attesa di cui sopra nell'attesa, appunto, speranzosa di essere ricevuta prima che scocchi l'ora in cui dovrò recarmi a recuperare la pupa al nido.
E la suddetta donna in divisa, che non si capisce bene perché mai le donne in divisa ci tengano tanto a dimostrare di saper essere peggiori (più maleducate, scortesi e inadempienti) dei loro colleghi di sesso maschile, manco fosse un elemento a favore della parità di genere, ci teneva anche a sottolineare che avevamo aspettato troppo tempo prima di deciderci a sporgere denuncia. Chissà poi perché la gente tergiversi tanto quanto si tratta di avere a che fare con i tutori dell'ordine pubblico, che però a fine mese c'hanno lo stipendio assicurato e fanno passare avanti gli amici, e poi ti chiedi perché mai, se son questi i tutori della legge e dell'ordine pubblico, perché mai dicevo questo Paese vada come va.
Ma comunque ora devo andare: mi attende la sala di attesa.
Col mio bravo verbale redatto in perfetto stile sbirrico-verbalizzante, con tanti "di cui sopra" e tanti "come detto" e anche "il detto signor", che ogni tanto ci avrei anche infilato in mezzo un bel "quel testa di cazzo dell'agente assicurativo", ma mi sono trattenuta. Non sarebbe stato professionale.
Che Dio o Allah, o il Signore e Guistori me la mandino buona.
Senza denuncia non assicuro l'auto, senza assicurazione non si parte, senza auto prenderò il treno, se non trovo i biglietti imprecherò in tutte le lingue che conosco (una).
Amen.