Eikoh Hosoe

Creato il 13 luglio 2011 da Catone

Eikoh Hosoe è uno dei grandi fotografi giapponesi del nostro tempo, il cui nome, insieme a quello di Nobuyoshy Araki, è noto in Europa e negli Stati Uniti, dove gli sono state dedicate numerose mostre e dove lui ha tenuto nel corso degli anni, e continua a tenere, workshop.
Nato nel 1933 a Yonezawa (prefettura di Yamagata) si avvicina alla fotografia da ragazzo, andando a scattare qualche immagine nel campo di Grant Heights, il più grande campo militare americano di Tokyo, più che altro perché così poteva conoscere da vicino gli americani e fare pratica di inglese. Poi, la decisione di iscriversi al Tokyo College of Photography ed una serie di incontri con artisti e scrittori segnarono la sua vita umana ed artistica, facendone l’artefice di alcune serie fotografiche che rappresentano dei capolavori e delle pietre miliari della storia della fotografia.
Ci sono due persone in particolare che non solo gli sono state amiche, di quell’amicizia particolare che lega gli artisti alla propria musa ispiratrice, ma che sono state anche interpreti eccezionali di immagini realizzate da Hosoe. Sono Tatsumi Hijikata, fondatore del Butoh Dance Troupe, una forma di danza libera ed alternativa nata intorno agli anni ’60, e Yukio Mishina, scrittore e figura di riferimento della cultura giapponese del secondo dopoguerra, morto suicida nel 1970. Nella sua ricerca estetica Hosoe ha utilizzato i loro corpi, o parti del loro corpo, come scrigni fragili o come secolari roccie in cui l’obiettivo potesse penetrare senza esitazione a coglierne l’interiorità celata.
Man and Woman , 1960
Hosoe ha visto e fotografato la quasi totalità della produzione di Hijikata. “Per lui il fatto che lo fotografassi durante la danza era un tutt’uno con la danza stessa. La luce del flash, il rumore dello scatto… lo eccitavano e lui reagiva ad essi,” racconta Hosoe. La danza di Hijikata non coincideva soltanto con la performance; talvolta un ballerino appariva improvvisamente da dietro e incominciava a danzare, altre volte la persona seduta di fianco a te nella platea risultava essere un ballerino (cosa questa che era molto strana 40 anni fa).

Man and Woman, 1960
Dal momento che il palcoscenico era molto dinamico e a più dimensioni, era veramente bello da osservare ma era estremamente difficile concentrarsi per scattare con una fotocamera che aveva solo un occhio. Hosoe decide allora di riprendere Hijikata in uno scenario che non fosse il palcoscenico lasciando che il ballerino interpretasse liberamente la propria danza. Nasce così “Kamaitachi”, un progetto fotografico completato in circa quattro anni.
La serie “Man and Woman” (1960) è stata un inseguimento del dramma umano dell’esistenza: angoscia, brama, amore e libertà vengono rappresentati o suggeriti attraverso il soggetto maschile e femminile.
Eikoh Hosoe, Ordeal by Roses, 1961
“Barakei (Ordeal by Roses/Il giudizio delle rose 1961-1962)” ha toccato i grandi temi della vita e della morte attraverso il corpo elegante e nello stesso tempo duro e mascolino di Yukio Mishina. “Gaudi no Uchu” (Gaudi’s Universe/Il cosmo di Gaudì) è un elogio all’opera dell’architetto spagnolo, che viene interpretata dal fotografo come se fosse un organismo vivente, fatto di corpo, mente ed anima. “Hoyo (Embrace/Abbraccio)” ha espresso la sacralità del corpo umano e dell’unione tra uomo e donna, tra potenza e fragilità.

Ordeal by Roses, 1961
Sono più di cinquant’anni che Eikoh Hosoe fotografa. Quelle citate sono alcune delle sue serie più note, ma l’intero corpus del suo lavoro è molto più vasto.
Ordeal By Roses (Barakei – 1961
La sua incontenibile creatività lo porta a creare nuovi lavori, ad inseguire nuove suggestioni, come quella del “Naked School Nude workshop”.
Ogni anno, Hosoe tiene un workshop veramente unico. I soggetti fotografici sono completamente nudi, da cui il nome “Naked School”. La ragione dell’essere nudi è che il corpo senza abiti rappresenta una forma universale dell’essere umano, capace di superare i confini di nazionalità, razza e cultura. La sola cultura che esiste lì, durante lo stage, è il fotografo. Ogni workshop raccoglie insieme 15 persone, un buon numero per permettere a ciascuno di mostrare la propria individualità ed essere in grado di comunicarla al meglio. Se ci fossero più persone, Hosoe non potrebbe lavorare con ciascuno come piace a lui e con meno persone il workshop fallirebbe la dinamica di gruppo e lo stimolo artistico che nascono mentre si lavorare insieme. La maggior parte dei modelli e delle modelle sono studenti. “Agli studenti interessa vedere come lavoro, come tratto i modelli e come fotografo”, spiega Hosoe. Lo osservano da vicino ma egli non fa caso se qualcuno di loro lo fotografa durante le riprese, perché mentre lavora dimentica completamente le persone intorno a lui ed è completamente concentrato sullo scatto. Grazie alla personalità specifica di ciascun studente, la critica dei lavori dopo le riprese solleva molte questioni concrete ma anche filosofiche, che continuano ad interessare quest’uomo di incredibile cultura che ha ancora un acceso desiderio di confrontarsi.
Come curatore del Kiyosato Museum of Photographic Arts, Hosoe ha lavorato per molti anni accanto e per le generazioni più giovani. Lo scorso ottobre ha ricevuto il Visionary Award 2006, premio internazionale assegnato all’interno dei Lucie Awards: è stato il primo giapponese a riceverlo, ed ora il suo nome compare accanto a quello di Cornell Capa, Henri-Cartier Bresson, Gordon Parks e William Klein.
Fonte
Eikoh Hosoe (Yonezawa, 1933; vive a Tokyo) ha, di fatto, inventato una tecnica: ispirandosi agli scroll che illustrano il Racconto di Genji, ha deciso di stampare le sue fotografie su rotoli di carta washi (ovvero prodotta a mano secondo tradizione) creando continuum orizzontali di immagini. La cifra geniale di Eikoh Hosoe è la perfetta padronanza di tecniche plurime e la loro messa in uso nell’articolazione di discorsi radicali su temi fondamentali come l’eros, la morte e l’irrazionale.
Copyright © Eikoh Hosoe. All images are protected by international copyright laws.
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Sunflower Song - 1992


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