EINHERJER – Av oss, for oss (Indie Recordings)

Creato il 12 novembre 2014 da Cicciorusso

Gravissimo errore quello degli Einherjer, che pubblicano un album a così breve distanza dal precedente, rispetto alle tempistiche alle quali erano abituati. All’interno di un genere di nicchia che non brilla per innovazione, perché l’innovazione è essa stessa quanto di peggio ci si possa aspettare, e nella poco rassicurante cornice di un mercato discografico in fase avanzata di decomposizione, si dovrebbero concentrare i propri sforzi nel rendere un nome, un moniker, memorabile o quantomeno degno di essere ricordato per qualcosa di buono, che riporti alla mente determinate epoche, ambientazioni, sensazioni, etc. etc. (e no, non basta solo la copertina). Quando accade tutto l’opposto, quando, ovvero, quel po’ di capitale messo da parte, invece che centellinato, rischia di essere disperso nel nulla e nel nonsense, allora sì che ti girano vorticosamente i cabbasisi. Non sono di certo parole da recensore professionista, magari uno di quelli neanche tanto interessati all’articolo. In quel caso avrei bollato Av oss, for oss né più né meno come un lavoro di media fattura, dedicato principalmente a una platea di fan più accaniti. Invece, facendo parte proprio di quella disgraziata schiatta (saremo ancora due o tre, non essendovi particolare ragione che giustifichi codesto stato, del resto) e avendo seguito il gruppo dal suo nascere, devo constatare con amarezza che quest’ultimo disco è inutile oltre che sbagliato.

È inutile perché piatto e incapace di aggiungere un ette alla loro discografia. È sbagliato perché, come si diceva troppo a ridosso dell’altro, sembra sia stato buttato giù in due minuti, con svogliatezza, per onorare chissà quale stupida clausola contrattuale con la nuova label, o che so io per quale altra scelta parimenti errata. Non voglio tediarvi con le alterne vicende degli Einherjer, quindi cerco di farla breve dicendo che le idee sono veramente poche, meno che nel precedente Norrøn, gradito per quanto non indimenticabile ritorno dal sepolcro, e concentrate tutte nel singolo e nella title-track di chiusura. Sarebbe stato meglio, per esempio, comprimere le buone intuizioni in un EP da collezione, o un mini-cd veramente degno di essere acquistato con soldi veri, non quelli del Monopoli, bit-coin o vattelapesca, magari con una cazzo di veste grafica accattivante, un booklet pieno di disegni e rune, per fare una cosa magari degna pure di quel Far Far North che rappresenta tutt’ora il vero cavallo di battaglia dei norvegesi. Che poi è davvero incomprensibile il fatto che quello stesso brano non sia mai stato ripubblicato. Ciò fa specie soprattutto se si considera che di recente è stata distribuita una ristampa della prima bellissima demo Aurora Borealis (che custodisco gelosamente) e del primo EP Leve vikingånden, contenente due brani che furono già risuonati ex novo proprio in Far Far North, mentre sembra si siano definitivamente perse le tracce del succitato brano, opera, è giusto ribadirlo, di Gerhard Storesund e Frode Glesnes, mica di due estranei che passavano per caso vicino allo studio di registrazione (che sicuramente era sito in un atro bosco) a fare legna per l’inverno. È fin troppo chiaro che alla Indie non si sono nemmeno presi il disturbo di andarsi a riascoltare la vecchia roba del gruppo. E dopo questa bella vomitata di acrimonia da vecchio fan che ha superato la data di scadenza consigliata, passo e chiudo. (Charles)



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