È inutile perché piatto e incapace di aggiungere un ette alla loro discografia. È sbagliato perché, come si diceva troppo a ridosso dell’altro, sembra sia stato buttato giù in due minuti, con svogliatezza, per onorare chissà quale stupida clausola contrattuale con la nuova label, o che so io per quale altra scelta parimenti errata. Non voglio tediarvi con le alterne vicende degli Einherjer, quindi cerco di farla breve dicendo che le idee sono veramente poche, meno che nel precedente Norrøn, gradito per quanto non indimenticabile ritorno dal sepolcro, e concentrate tutte nel singolo e nella title-track di chiusura. Sarebbe stato meglio, per esempio, comprimere le buone intuizioni in un EP da collezione, o un mini-cd veramente degno di essere acquistato con soldi veri, non quelli del Monopoli, bit-coin o vattelapesca, magari con una cazzo di veste grafica accattivante, un booklet pieno di disegni e rune, per fare una cosa magari degna pure di quel Far Far North che rappresenta tutt’ora il vero cavallo di battaglia dei norvegesi. Che poi è davvero incomprensibile il fatto che quello stesso brano non sia mai stato ripubblicato. Ciò fa specie soprattutto se si considera che di recente è stata distribuita una ristampa della prima bellissima demo Aurora Borealis (che custodisco gelosamente) e del primo EP Leve vikingånden, contenente due brani che furono già risuonati ex novo proprio in Far Far North, mentre sembra si siano definitivamente perse le tracce del succitato brano, opera, è giusto ribadirlo, di Gerhard Storesund e Frode Glesnes, mica di due estranei che passavano per caso vicino allo studio di registrazione (che sicuramente era sito in un atro bosco) a fare legna per l’inverno. È fin troppo chiaro che alla Indie non si sono nemmeno presi il disturbo di andarsi a riascoltare la vecchia roba del gruppo. E dopo questa bella vomitata di acrimonia da vecchio fan che ha superato la data di scadenza consigliata, passo e chiudo. (Charles)
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