di Claudia Pau
Claudia Pau, si è laureata in lettere classiche con indirizzo archeologico presso l’Università di Cagliari, si è specializzata in archeologia con tesi in preistoria nel programma “Archeologia e Territorio” dell’Università di Granada (Spagna), ha conseguito il master di museologia presso l’Università di Alcalá. Attualmente è al terzo anno di Dottorato di Ricerca europeo presso l’Università di Granada. Ha partecipato a scavi archeologici in Italia e all’estero e dal 2009 dirige scavi di archeologia preventiva in Spagna. Al suo attivo ha varie pubblicazioni archeologiche.
1. La cultura argarica
1. 1. Storia della ricerca archeologica
La cultura argarica, cominciò ad essere conosciuta nella bibliografia specializzata quando al finale del secolo scorso i fratelli Luis e Enrique Siret, due ingegneri belgi che lavoravano nella zona miniera de Herrerías (Almería), pubblicarono l’opera intitolata “Las primeras edades del metal en el Sudeste de España”; però fu con il lavoro del Prof. Tarradell negli anni Quaranta quando si cominciarono a fissare i limiti geografici della Cultura di El Argar.
I maggiori contributi in campo archeologico appartengono agli anni Settanta: El Cerro de la Virgen de Orce (Granada) (Prof. Schüle, Universitá di Freiburg), El Cerro de la Encina Monacil (Prof. Arribas, Molina, Universitá di Granada), La Cuesta del Negro Purullena (Prof. Arribas, Molina, Universitá di Granada), La Bastida, Totana, (Università di Barcellona).
Le informazioni sulla cultura di El Argar si rafforzeranno negli anni Ottanta, con la partecipazione di differenti equipe di ricerca: Dipartimento di preistoria dell’Università di Granada, l’istituto Archeologico tedesco, l’Università Autonoma di Barcellona, l’Università di Murcia e l’Università di Alicante (Contreras et alii, 1997).
Attualmente sono importanti gli studi condotti dall’Università di Granada (Progetto Peñalosa, Castellòn alto) e dall’Università di Almeria (Cabezo Redondo), dall’Università di Barcellona (La Bastida, Totana, Murcia).
1.1.1. Origine, sviluppo, cronologia
L’area spaziale della cultura di El Argar interessa gran parte della provincia di Granada, Jaén e Alicante e le province di Almeria e Murcia; nella stessa epoca, in altre regioni peninsulari, si svilupparono importanti culture influenzate da quella argarica: il Bronzo Valenziano (Levante), il Bronzo del Sud Est (Sud del Portogallo e Huelva), il Bronzo della Campiñas y della Bassa Andalusia (Valle del Guadalquivir), il Bronzo della Mancha (Provincia di Ciudad Real e Albacete), (Contreras et alii, 1997).
Sono state formulate diverse ipotesi sull’origine e lo sviluppo di questa cultura; attualmente si considera la Cultura Argarica come una tappa nell’evoluzione delle popolazioni autoctone del Sud Est, (Contreras et alii, 1997).
Seguendo la proposta di F. Molina e J. A. Camara, si ritiene che la cultura argarica abbia avuto origine nel Bronzo Antico: (2200-1900 A.C.) nella zona di Lorca e nella Depresión de Vera; si sia espansa verso l’altopiano granadino, l’Alto Guadalquivire, e la zona costiera orientale durante il Bronzo Pieno (1900-1650 A.C.); per concludersi nel Bronzo Tardo (1650-1450 A.C.) dopo un ultima espansione verso l’area di Villena.
1.1.2. Aspetti caratteristici della cultura argarica
La cultura argarica presenta una serie di innovazioni strutturali e materiali rispetto alle anteriori culture calcolitiche, molte di queste caratteristiche connoteranno questa cultura spagnola: la costruzione degli insediamenti, le sepolture e il rituale funerario, il ruolo del metallo, le nuove forme ceramiche, la forte differenziazione sociale, e l’uso di un sistema economico che integra le attività agricole, l’allevamento, le attività forestali, e lo sfruttamento delle risorse vegetali e faunistiche (Contreras et alii, 1997).
1. 2. Spazio sociale: il territorio, i villaggi, le abitazioni
1. 2. 1. Territorio e urbanismo
Oggi si ritiene che la scelta e i processi espansivi siano legati allo sfruttamento diversificato delle distinte risorse zonali di ciascun territorio.
Anche se i villaggi argarci si adattavano all’ambiente naturale, e per tanto presentavano alcune differenze di carattere regionale, possiamo cercare di ricostruire lo schema “urbanistico” tipico.
Il villaggio veniva costruito in terrazze artificiali, ottenute tagliando lateralmente monti o colline, e creando piattaforme dove si situavano le abitazioni e gli spazi pubblici, ne sono un chiaro esempio i giacimenti di Castellon Alto, e Peñalosa (Contreras et alii, 2000; Contreras, Camara, 2001).
Alcuni spazi venivano dedicati alla circolazione, si tratta di piccole stradine che servono per comunicare le diverse terrazze e contemporaneamente per la raccolta delle acque piovane; nei villaggi argarici troviamo anche spazi collettivi specializzati come stalle e cisterne.
I villaggi presentano buone difese naturali, nelle zone deboli venivano costruiti recinti difensivi. In alcuni casi come a Peñalosa, la posizione addossata delle case terrazzate contribuisce alla difesa del villaggio. Le aree che si trovano a maggior altitudine hanno solitamente un carattere speciale, sono le meglio difese e si considerano come residenza dell’élite del villaggio (Contreras et alii, 1997).
1. 2. 2. Le abitazioni
Le abitazioni erano pluricellulari, avevano forma rettangolare o rettangolare - absidata, e alcuni vani erano all’aperto; si diversificavano per le attività produttive realizzate, le dimensioni, la posizione, i prodotti consumati e il corredo domestico.
Le capanne erano costituite da un piccolo zoccolo di pietra (3 o 4 filari), le pareti erano formate da un’intelaiatura di canne rivestite con fango, la copertura era piana o leggermente inclinata formata da rami coperti con una grossa cappa di fango per impermeabilizzarla, il tetto era sostenuto da una serie di pali di legno. Il suolo solitamente era formato da una cappa indurita di fango rosso, o da un lastricato di pietre. Internamente poco del mobiliario si è conservato: qualche frammento di legname, strutture in pietra (banconi), o grandi fosse (per l’immagazzinamento degli alimenti), resti di focolari (circolari o semicircolari) e infine le sepolture.
Nelle case si realizzavano varie attività: la macinazione del grano, la conservazione alimentare, la metallurgia, la tessitura, la lavorazione del osso (Contreras et alii, 1997; Contreras, Camara, 2001).
1. 3. La cultura materiale
1. 3. 1. La ceramica
La maggior parte dei vasi ceramici sono realizzati con una argilla poco depurata, ricca di inclusioni, e presentano una colorazione varia. Si tratta generalmente delle forme dedicate alla cottura e alla conservazione degli alimenti.
Troviamo una seconda classe con una matrice ceramica compatta, quasi totalmente depurata e superficie lucida. Si tratta della ceramica utilizzata per consumare gli alimenti e della tipica ceramica argarica con colorazione scura, metallizzata di carattere rituale utilizzata esclusivamente nel rituale funerario(Contreras 2001). Dobbiamo inoltre aggiungere un’ultima classe, la ceramica relazionata con la metallurgia come crogioli e stampi.
Per lo studio delle forme ceramiche argariche si segue ancora lo schema del Siret, le caratteristiche sono sicuramente la forma 5 e la 7, rispettivamente il vaso carenato e la coppa.
La decorazione é molto rara (comparirà solo intorno al 1600-1550 a C. ): plastica, incisa, impressa (la più frequente) (Contreras et alii, 1997).
1. 3. 2. Industria litica, ossea e tessile
Nei giacimenti argarici numeroso era il materiale litico: denti di falce, asce, accettine, teste di mazza, macine, pestelli, elementi in ardesia di forma circolare (interpretati come coperchi), pesi da telaio e fusaiole, oggetti d’ornamento (vaghi di collana e bottoni) e bracciali d’arciere; la materia prima si raccoglieva nelle immediate vicinanze del giacimento e varia secondo il territorio.
Incontriamo numerosi elementi in osso lavorato, soprattutto lesine, punteruoli e spilloni; si utilizzavano prevalentemente ossa di ovini, caprini e bovini e in minor quantità di cervidi.
Scarse sono le manifestazioni relative alla tessitura: frammenti di tela, resti di lana, cestini, corde, oltre che pesi da telaio, fusaiole e semi di lino(Contreras et alii, 1997).
...domani la 2° parte
Questa relazione è tratta dal convegno di Barumini "Viaggio nella Storia" del 7.11.2010 e farà parte degli atti dei convegni della rassegna.
La fonte delle immagini è visibile all'interno delle foto stesse.