El Gato Chimney è in mostra fino al 14 novembre alla Galleria Antonio Colombo di Milano.
Ha un’iconografia molto riconoscibile, mutuata dalla street art e altrettanto vicina alla sensibilità statunitense. Inizialmente ha lavorato per strada, con stickers, poster e graffiti, puntando tutto, o quasi, come fa ancora oggi, sul colore e sul suo tratto calligrafico.
I quadri – alcuni anche di grande formato – in mostra in via Solferino uniscono suggestioni fiamminghe a irruenza steampunk, un’iconografia antica, da miniatura, calligrafica, che richiama le guerre medioevali ed i grandi spostamenti di papi e imperatori, è resa attraverso figurette irreali, uccelli con le braccia, passerotti con la maschera, mostriciattoli celati da cappe.
Si osservano i quadri, si colgono i personaggi, non si capisce se si stia assistendo ad una raffigurazione dell’irreale, di qualcosa di fantastico, o a personaggi travestiti perché intenti a celebrare magici rituali.
Nonostante i colori caldissimi, con l’indaco e il porpora dominante, pesa un senso di morte, di precarietà e di consunzione, come nei quadri di Hieronymus Bosch e dei fiamminghi in generale.
In questi crocicchi senza tempo, steppe desertiche, abissi sconfinati, fiumi in secca, con cieli plumbei, divisi praticamente
Dettagli abbandonati in qualche angolo, su cui pesa una valenza magica. Il simbolismo è evidente, messo in mostra, ma non sempre comprensibile.
Ci coglie l’enigma ma non lo sappiamo risolvere. Cosa significano i volti coperti di queste figure giganteggianti, nascoste da paramenti dai colori aztechi, con rami al posto delle braccia?
Le bocche cucite, i campanelli? Il numero tre, le casette per uccelli, i becchi colorati?
A ciascuno la sua risposta.
L’esposizione all’Antonio Colombo presenta un’istallazione site specific, con un volto / fiore su un muro, un’installazione di legno e fili rossi, ed alcune maschere (le stese dei personaggi uccello che si vedono nei quadri su tela e su carta) ed è da non perdere.
Written by Silvia Tozzi