El Tsipras unido jamás será vencido

Creato il 14 marzo 2014 da Dave @Davide

In un post dello scorso 5 marzo, Alessandro Gilioli definiva la lista Tsipras – la mobilitazione politica italiana a sostegno della candidatura del leader di Syriza alla presidenza della Commissione europea - «un pezzo dell’Italia migliore». Cosa si intenda nei fatti per «migliore» non è chiarito (sotto che profilo? In base a che dato oggettivo? Con quale merito?), ma la prosa del giornalista dell’Espresso è ferma e rassicurante.

Il fatto, però, è che l’organizzazione riunita sotto l’etichetta di «lista Tsipras» e messa in moto da un appello della rivista MicroMega – già «pezzo» di per se, come abbiamo appena visto – sta, da qualche tempo, perdendo pezzi. L’ultima sigla a farle mancare il supporto, oggi, è stata quella del Partito dei Comunisti Italiani. Ma prima ancora ad abbandonare era stata una parte di Sel; avevano ritirato le proprie candidature Antonia Battaglia e Valeria Grasso; più recentemente hanno dato forfait anche Andrea Camilleri e Paolo Flores D’Arcais (due che, come loro stessi hanno avuto cura di sottolineare nella lettera aperta di dimissioni dal gruppo dei garanti, «hanno contribuito alla nascita dell’iniziativa»). Da quando la mobilitazione è stata avviata sul territorio e sulla punta delle penne di intellettuali come Barbara Spinelli e lo stesso Flores D’Arcais, i titoli che si è guadagnata in queste settimane hanno parlato di una serie ininterrotta di litigi, divisioni e lotte intestine.

Sarà pur vero, come tiene a precisare sempre Gilioli, che la situazione è tale «perché ciascuno voleva che la lista fosse la migliore possibile» (e quella di Spinelli e Ovadia di presentarsi come candidati di bandiera è «una scelta di generosità», ovviamente). Chi siamo noi per negarlo, in fondo? Noi – mi faccio idealmente portavoce del turpe gruppo culturale a cui sento di far parte –  del club esclusivo dell’«Italia migliore» potremmo rischiare di non fare mai parte. Non abbiamo lo stesso filantropico amore per il «bene comune», qualunque cosa esso sia (e a prescindere da se sia veramente tale); ci mancano la passione civile, l’onestà d’intenti, la purezza ideologica. Non potremo mai ambire a scrivere accorati requiem per la sinistra e firmare appelli per governi del cambiamento. Non saremo mai bravi a tracciare paragoni così solerti e puntuali col fascismo, e poi col berlusconismo, e poi col renzismo, quando ci esprimiamo su un qualunque aspetto negativo della società in cui viviamo.  Saremo sempre l’Italia peggiore, quella in combutta col nemico, quella che non può ergersi a paladina di nulla (della Costituzione, della Sinistra con la maiuscola, dell’antimafia, di drammi come quelli della Terra dei Fuochi o del precariato, nonché di tutto il resto) e deve tenere il ditino abbassato.

Però una cosa, nel nostro piccolo, ce la chiediamo: posto che si tratta de «la cosa migliore che si sia vista in Italia da decenni» (cit.  Gilioli), riusciremo a salvare le nostre anime prave votando la lista Tsipras? Ovvero: ci sarà ancora una lista Tsipras su cui tracciare il simbolo nel giorno delle europee?

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