Sara’ un “fascista” come lo ha chiamato Arundhati Roy in una lettera a Penguin India (vedi qui), ma bisogna ammettere che Narendra Modi e’ un grande comunicatore.
La trovata dei “Chai pe Charcha” (Talks on a tea, che significa chiacchierare intorno a una tazza di te’) e’ geniale. Ha l’effetto di coinvolgere la gente della strada, l’aam admi di Arvind Kejriwal, e di portare allo stesso livello l’uomo politico, in India visto come un semidio che arriva con l’elicottero circondato da guardie del corpo. Anche Rahul ci aveva provato quando si fermava a dormire sulla branda di povere famiglie nelle campagne, ma l’effetto e’ diverso perche’ lui rimane il “principe” della dinastia reale dei Gandhi.
Invece “Namo” come e’chiamato dice di essere stato da giovane un venditore di te’ in Gujarat e se diventera’ primo ministro, milioni di chai-wala si identificheranno con lui.
In India, i posti dove si beve il te’, spesso delle baracche lungo le strade, sui marciapiedi o intorno ai baniam sono in effetti i “bar” dell’India dove gli uomini discutono di politica, dei problemi quotidiani, il monsone che non arriva, il prezzo benzina e immancabilmente di politici o polioziotti corrotti.
Quando viaggio con la moto, le mie soste per il chai sono le piu’ interessanti perche’ quelle chiacchiere dicono molto di piu’ di qualsiasi studio o sondaggio di opinione.
Con un bicchiere di te’ in mano da Ahmadabad, Modi si e’ rivolto in video conferenza a diversi “chai pe charcha” organizzati dal suo partito, il Bjp, in tutta l’India.
Propaganda elettorale? Si', pero’azzeccata, soprattutto ora che c’e’ voglia di cambiamento in India dopo dieci anni di Manmohan Singh e Sonia Gandhi.