Questa Europa, che è uno tsunami in
tutti i Paesi, una nemesi per chi ha legato il proprio destino
all'austerità, per chi ha fatto della violenza verbale il proprio
segno di identità, per chi non ha saputo rinnovarsi e non ha voluto
cambiare la propria offerta politica. La Spagna non è un'eccezione e
bastano pochi numeri per raccontare lo tsunami che ha travolto
l'imperfetto bipartitismo su cui si regge la democracia sin
dalla sua introduzione, nel 1978.
Cinque anni fa, alle elezioni
europee del 2009, la somma dei voti di PP e PSOE arrivava all'81% del totale; il 25 maggio 2014 la somma si è quasi dimezzata, è il
49%. Il PP è arrivato al 26,3%, confermandosi primo partito
spagnolo, ma ha perso 8 punti rispetto al 2009 e 16 seggi. La crisi
del PSOE è ancora peggiore: è caduto al 23% e ha ottenuto 9
eurodeputati, fermandosi a quota 14, il peggior risultato di sempre. I due partiti hanno
perso complessivamente 5 milioni di voti. Eppure l'affluenza non è
diminuita, è anzi aumentata di vari decimi, passando dal 44,9% del
2009 al 45,7%.
Dove sono finiti allora i voti persi da PP e PSOE?
Come già anticipavano i sondaggi in questi mesi, IU (Izquierda
Plural in queste elezioni) e UPyD hanno captato parte del voto dei delusi e si sono stabiliti rispettivamente a
quota 9,99% e 6,46%, raddoppiando praticamente i loro voti. Ma la vera
sorpresa è arrivata da altre formazioni di sinistra, che, oltre a
colpire il PSOE, hanno danneggiato anche l'ascesa di IP, in fondo. La
grande sorpresa spagnola si chiama Podemos, una formazione che
simpatizza per la sinistra, che si ispira vagamente al M5S per
captare il voto indignado e la rabbia della classe media impoverita
dalla crisi economica e dalla politica di Mariano Rajoy, che è
guidata da un personaggio televisivo, Pablo Iglesias, omonimo,
curiosità della storia, di uno dei grandi padri del socialismo
spagnolo. Alla sua prima apparizione nelle urne, Podemos ha ottenuto
il 7,93% dei voti e 5 seggi. Nelle regioni tradizionalmente
nazionaliste, le spinte centrifughe hanno cercato legittimità
nell'Europa: in Catalogna ERC, la sinistra repubblicana catalana, è
il primo partito, con il 23,6% dei voti, 2 punti più di CiU, il
partito del nazionalismo moderato, che governa la Catalogna (entrambi dovrebbero avere 3 scanni a testa). Nei Paesi
Baschi, PNV, i nazionalisti baschi, argina a fatica Bildu, la
formazione indipendentista della sinistra radicale, vicina
all'ETA.
Il risultato è disastroso per i due grandi partiti
spagnoli. Ma ha conseguenze evidentemente più pesanti per il PSOE,
che ha sprecato due anni, senza riuscire a costruire un'alternativa
valida a Mariano Rajoy, non avendo un leader credibile da cui
ripartire. Mariano Rajoy può infatti sempre affermare che, pur
avendo perduto milioni di voti, il PP rimane il primo partito
spagnolo, dunque le sue controriforme sono state legittimate dagli
spagnoli. Il PSOE invece si trova senza leader, senza credibilità e
senza elettori.
Il PP sarà costretto ad analizzare il voto per
riprendersi i moderati fuggiti verso le piccole formazioni di
protesta. Il PSOE deve passare attraverso quella rifondazione
rifiutata subito dopo la sconfitta nelle urne di José Luis Rodriguez
Zapatero. Alfredo Pérez Rubalcaba sembra aver preso finalmente atto
del fatto che non sarà intorno a lui che il socialismo potrà
rinascere e ha annunciato un Congresso straordinario per il 19 e 20
luglio, al quale non si presenterà come candidato alla Segreteria
Generale. "La responsabilità di questo risultato è mia e solo
mia" ha affermato il leader socialista, che non ha voluto chiarire
quale sarà il suo futuro personale dopo il Congresso. "E' evidente
che non abbiamo recuperato la fiducia dei cittadini e che con un
risultato come questo, qualcosa non abbiamo fatto bene" ha
commentato Rubalcaba in conferenza stampa.
Il panorama sembra buio per la Spagna che
si lascia alle spalle il bipartitismo: se i risultati delle elezioni
europee fossero stati delle elezioni nazionali, il Parlamento di
Madrid sarebbe semplicemente ingovernabile. Ma dai disastri si
possono sempre trarre nuovi semi di speranza.
E, nonostante tutto, il panorama
più duro è quello del PP. Se a luglio il PSOE saprà finalmente
rinnovarsi e passare la fiaccola a un'altra generazione (c'è un
rottamatore, dalle parti di calle Ferraz?!), alle prossime elezioni
il PP si troverà a difendere politiche che hanno impoverito la
classe media e hanno distrutto diritti e Stato Sociale, spesso più
per ragioni ideologiche che per necessità di bilancio, il PSOE avrà
un nuovo volto per un nuovo programma, che infonda speranza e
fiducia. E cosa possano fare speranza e fiducia lo dimostra oggi
l'Italia, con la grandiosa vittoria del PD sulla violenza verbale e
la rabbia populista.
Certo, Felipe Gonzalez e Alfonso Guerra, prego
astenersi da telefonate notturne, nella notte tra il 19 e 20 luglio,
muchas gracias!