di Alberto Giusti
Elezioni in Germania il 22 settembre 2013: a chi importa di Silvio se rivince la Merkel?
La politica italiana trova nell’estate i suoi picchi di originalità, com’è giusto che sia in qualità di paese del Sud dell’Europa, dove il caldo annebbia le menti e il calciomercato è l’argomento principe nelle calura delle spiagge affollate.
Agosto è il momento migliore per approvare le peggiori manovre sperequative (l’anno scorso fu la spending review, quest’anno è toccato all’abolizione totale dell’IMU in cambio di altre tasse e di un punto IVA), per fare ogni tipo di folle dichiarazione (a quest’ora il governo dovrebbe essere caduto una decina di volte) e per dimenticarci, per un po’, che stiamo affrontando una delle peggiori crisi economiche della nostra storia, e che non possiamo focalizzarci unicamente sulle nostre simpatiche e goliardiche faccende italiche, ma siamo anzi circondati da un mondo che cambia più velocemente del tempo che può volerci ad acquistare Kakà.
Non si direbbe, a giudicare dal dibattito in corso nel nostro paese, che i nostri politici se ne rendano effettivamente conto. In realtà, pare ormai che la data più importante di questo settembre, aldilà del dibattito congressuale del PD, del ritorno a scuola e dell’inizio della Champions League, sia il 9 settembre, giorno in cui la Giunta per le Elezioni, del Senato della Repubblica, si riunirà per discutere della decadenza da senatore di Silvio Berlusconi, vista la condanna in terzo grado che è giunta (anch’essa!) quest’estate.
Gli scenari sono molteplici. Il più semplice sarebbe quello in cui gli altri partiti presenti in giunta non abbiano voglia di tirarla troppo per le lunghe, e affermino la decadenza di Berlusconi senza se e senza ma. Stando alle dichiarazioni di vari esponenti Pdl, questa sarebbe la via più diretta per mandare a casa il povero Enrico Letta, che si trova nella spiacevole situazione di star governando un paese con dei partiti ai quali non interessa troppo il paese, almeno in questo momento. In realtà, gli scenari più probabili sono varie declinazioni del limbo dantesco in cui Silvio Berlusconi sembra volersi volontariamente infilare. Ghedini stavolta farà il salto di qualità: presenterà ricorso addirittura alla Corte Europea di Strasburgo. Non solo: la Giunta per le Elezioni, organismo che non ha mai troppe beghe, potrebbe trasformarsi in una sorta di tribunale, con avvocati a difesa di Berlusconi e via dicendo. Queste sono le prospettive interpretabili “intercettando” le varie elucubrazioni dei boss del centrodestra.
Ma probabilmente, che Silvio il 9 settembre (o giù di lì) decada o meno da senatore, e le conseguenze che questo avrà sul governo italiano, sono piuttosto ininfluenti per noi tutti. A parte per Napolitano, che stavolta rischia l’infarto.
Angela Merkel – news.panorama.it
Ci piace pensare, talvolta, di essere un felice stato nazionale che decide da solo il proprio destino. Ma non è più così da un bel pezzo, e le condizioni in cui siamo lo dimostrano ogni giorno. Siamo parte di un sistema che, anche a causa della nostra mancanza di forza, di autorità e di leadership, è largamente influenzato da partner più grandi di noi. Uno di questi è la Germania, che il 22 settembre 2013 va al voto, anche se in Italia non se ne parla neppure per sbaglio. Un motivo, in realtà, c’è: che l’esito di quelle elezioni, a due settimane dalle urne, appare piuttosto scontato. I casi sono due: o i cristianodemocratici (CDU/CSU), grazie all’alleanza con i liberali (FDP), rivincono le elezioni, che significa ANCORA MERKEL, o i cristianodemocratici hanno la maggioranza ma per governare devono attuare un’alleanza con i socialdemocratici (SPD), che significa COMUNQUE MERKEL. Questo perché i rapporti di forza attuali (vedi grafico) danno in netto vantaggio il partito della cancelliera, specie se in alleanza con i liberali, mentre la sinistra avrebbe delle chance solo se unita, ma mentre tra SPD e GRUNE (verdi) l’alleanza post-voto è scontata (ma insufficiente), non lo è affatto con i postcomunisti della LINKE. E così, in ogni caso, ad avere il cancellierato sarebbe ancora lei: Frau Merkel.
Nonostante si avvii verso il suo terzo mandato, e con una forza politica sicuramente più solida rispetto alle precedenti tornate, niente fa pensare che abbia intenzione, avute le mani libere grazie alla vittoria, di modificare la sua linea di austerità e rigore per l’Europa. Anzi: per l’Unione Europea si prospettano altri anni con il freno a mano tirato sulla strada della crescita e del federalismo. Come impedirlo? Con una leadership politica alternativa abbastanza forte e influente, in Europa, da poterla contrastare e convincere che il progetto europeo deve prendere un’altra direzione. Quella leadership non si trova in Francia, perché Hollande è comunque un francese, e questo (purtroppo) può bastare come spiegazione. E il resto d’Europa o non ha la forza, o non ha l’interesse. Gli unici a cui dovrebbe interessare, e che ne avrebbero la forza, siamo noi italiani.
Ma quanto a leadership politica… qualcuno vuole tenere per forza il re ghigliottinato ancora a cavallo. E altri stanno cercando un nuovo leader, ma la risposta appare ormai così scontata che viene quasi a noia. Si continua a sperare di essere, in qualche modo e prima o poi, piacevolmente sorpresi da uno qualsiasi dei nostri piccoli capocorrente, che riesca ad alzarsi in piedi e a diventare grande. La speranza è l’ultima a morire, nel frattempo leggiamo Der Spiegel.
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